Chiesa
Religiosi: artigiani della comunione
Si sono svolti in Albania gli "stati generali" degli ordini religiosi maschili e femminili. Fra i temi: ecclesialità, profezia, pace, carità
Si sono conclusi a Tirana sabato 28 marzo gli stati generali degli ordini religiosi in Europa, con l’assemblea dell’Ucesm, l’Unione delle conferenze dei superiori maggiori, organismo che raggruppa a livello europeo 38 conferenze nazionali a cui appartengono congregazioni religiose maschili e femminili, cioè circa 250mila persone. “Religiosi e religiose in Europa: testimoni e artigiani di comunione” era il titolo di riferimento che ha dato avvio a “un cammino di approfondimento e rinnovamento della nostra vocazione di essere testimoni e artigiani di comunione nei prossimi anni in Europa”, si legge nel documento finale, nato dai 5 giorni di assemblea. Il rinnovamento vorrà dire “prima di tutto, un cambio di mentalità. Non si tratta di fare progetti nostri, nei quali il punto de partenza e di arrivo siamo noi stessi, ma approfondire un dono che dobbiamo sviluppare”, dichiara il documento. I lavori sono stati introdotti dal gesuita padre Marko Ivan Rupnik, direttore del Centro Aletti di Roma. Diversi i momenti d’immersione nella vita e nella storia dell’Albania: attraverso un incontro con il primo ministro Edi Rama, “che ha lodato il grande lavoro compiuto dai religiosi nella storia dell’Albania”, una tavola rotonda sul tema del dialogo ecumenico e interreligioso, con rappresentanti della comunità islamica, ortodossa e cattolica in Albania e una giornata in cui i 70 delegati hanno visto da vicino la vita dei religiosi e delle religiose a Scutari. Le “sfide interne”. Il quadro della presenza degli ordini religiosi in Europa è molto eterogeneo, ha introdotto padre Giovanni Presagine, presidente dell’Ucesm. Fra i tratti che connotano le diversità in questi anni egli ha sottolineato la “forte presenza di religiose provenienti da Paesi extra-europei”; la quasi inesistenza della vita consacrata in alcune regioni d’Europa, mentre “in alcune zone si assiste a una sua crescita”, come nei Paesi appartenenti all’ex blocco comunista; “il fenomeno dell’invecchiamento e la graduale perdita delle radici cristiane europee”, che “si riscontrano in modo particolare nel nord Europa”. Due le sfide “interne”: “pochi religiosi e religiose sono presenti in determinati contesti interconfessionali e interreligiosi”, e questo limita la “reale capacità di creare rapporti di comunione”; la seconda: la realtà religiosa giovane e vivace dell’Europa orientale “necessita di un percorso di formazione più attento e inculturato” per liberala “da certi tratti culturali che, per tanti anni e in modi differenti, l’ha permeata attraverso forme diverse di oppressione”. La forza della preghiera. Con negli occhi e nel cuore la realtà dell’Albania e tutte le tensioni che attraversano l’Europa, e che sono state raccontate nell’assemblea attraverso i rapporti delle singole conferenze nazionali, la famiglia dei religiosi in Europa è ripartita da Scutari rinnovando la propria fede “nella forza ed efficacia storica della nostra preghiera”, “testimonianza di speranza”. Richiamando le parole di Teresa d´Avila, di cui si celebrano quest´anno i 500 anni della sua nascita, “che sarebbe del mondo se non ci fossero i religiosi?”, si legge nel documento finale: “Il mondo va avanti” non per “le opere di educazione, sociali, missionarie o caritative” dei religiosi, ma “grazie alla comunione di preghiera”. Secondo pilastro da cui ripartire è il credere “nella testimonianza viva e simbolicamente efficace della nostra vita fraterna in comunità”: in un contesto europeo segnato da “una violenza sempre crescente”, c’è bisogno di “una comunione che sia qualcosa piú di un patto di non aggressione”. Scrivono i religiosi: “non siamo politici né economisti, ma abbiamo un tesoro da condividere con tutti: il dono della vita in comunità”, “un vero dono, un miracolo”. “Crediamo ancora che la pace è un ideale possibile che si costruisce artigianalmente nel lavoro gomito a gomito con fratelli di origine e idee diverse e si chiede umilmente nella preghiera comune”. Ma è “un dono che non si impara se non insieme agli altri”. Quanto al futuro dell’Ucesm, c’è necessità di “un processo di ripensamento” sul suo “ruolo e i suoi obiettivi” per “farlo diventare un vero strumento al servizio di una comunione piú reale fra i religiosi dell’est e dell’ovest dell’Europa”, senza “paura delle differenze e dei possibili conflitti”, che sia motore di “iniziative a livello continentale nell’ambito della nostra missione” e sia “la voce, polifonica, ma armonica, della vita consacrata in Europa”. Profezia, ecclesialità. Dal vescovo di Scutari Angelo Massafra, presidente della Conferenza episcopale albanese e vicepresidente del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee), intervenuto in assemblea, l’invito a pensare all’Anno della vita consacrata “come occasione per la Chiesa tutta di lasciarsi ‘condire’ dalla vostra presenza umile, ma incisiva”, attraverso una “retta considerazione e ridefinizione dei ruoli all’interno della Chiesa”, che parta “da una corretta presa di coscienza della propria identità istituzionale o carismatica”. Alla vita consacrata il compito di essere “fedele alla sua missione profetica” e al corpo ecclesiale.