Cultura
Riflessioni e asserzioni per un contributo sulla Madonna del Pilerio di Cosenza
La fortuna critica di questa vetusta e miracolosa immagine inizia negli anni Settanta, quando è stata sottoposta ad un accurato restauro su iniziativa della prof.ssa Maria Pia Di Dario Guida. Il pensiero di Vittorio Sgarbi.
Ogni popolo ebbe il suo culto, ogni città ebbe la sua venerazione a Maria, onorata specialmente sotto qualche particolare denominazione. Tra le icone mariane della Calabria emerge la Madonna del Pilerio conservata nella cappella omonima presso la Cattedrale di Cosenza. La fortuna critica di questa vetusta e miracolosa immagine inizia negli anni Settanta, quando è stata sottoposta ad un accurato restauro su iniziativa della prof.ssa Maria Pia Di Dario Guida.
La studiosa proponeva una lettura critica in chiave di ascendenze siciliane e di connessioni con l’area campana e toscana della seconda metà del ’200.
Questa asserzione, datata 1978, superò il riduttivo giudizio, tuttavia non errato, di Giovanni Musolino che, nel 1966, definiva l’icona della Madonna del Pilerio “di puro gusto bizantino”.
Altri significativi studi sono stati condotti negli anni a seguire. È una Galaktotrophusa che si avvicina, per lo stile, alla Madonna col Bambino in trono (Maestro meridionale – XIII sec.) della Chiesa di S. Francesco ad Aversa. La Di Dario Guida pensa sia giusto attribuire la Madonna del Duomo di Cosenza al Maestro Tommaso De’ Stefani (n. Napoli 1231, + 1310), collegandola così alla Madonna della Chiesa di S. Maria a Piazza (Aversa).
Coeva all’icona del Pilerio è l’immagine (tempera su tavola) della Madonna col Bambino realizzata da Giovanni da Taranto e conservata nella Chiesa di Santa Maria delle Vergini a Cosenza.
Il velo rosso che dalla testa scende con eleganza sulla spalla sinistra caratterizza il manto della Vergine del Pilerio.
Questo particolare la avvicina alla Madonna del monastero di Kikko a Cipro, detta la Kikkotissa. Verrebbe, dunque, naturale ipotizzare una possibile provenienza dall’area del Mediterraneo.
Entrambe queste piste non vanno escluse, anzi vanno ritenute basilari per la costruzione di questo testo. Cronologicamente, avendo parlato del XIII secolo, precisiamo che ci riferiamo ad un momento che segna una fase di tramonto della pittura bizantina in Italia meridionale fra gli ultimi tempi svevi e la prima età angioina. L’avvento della dinastia angioina determina un isterilimento della tradizione locale che, alla metà del 13° secolo, aveva prodotto, fra le altre cose, l’interessante icona della Madonna del Pilerio, la cui cultura “bizantina” di base mostra delle consonanze con quanto contemporaneamente si andava affermando in Toscana per opera di Giunta Pisano e Coppo di Marcovaldo. Questo elemento va sottolineato perché l’accostamento alla tradizione pittorica “aulica” di Coppo di Marcovaldo evita qualsiasi tipo di banalizzazione dell’opera d’arte qual è la Madonna del Pilerio di Cosenza.
Come Coppo di Marcovaldo, l’artista che ha scritto l’icona del Duomo cosentino recupera il motivo della Madonna Galaktotrophousa secondo i canoni della tradizione bizantina, ma lo rinnova cercando effetti di più robusto modellato. Egli pone la figura di tre quarti, attribuendogli una gestualità più naturale e, pur conservando lo smaltato cromatismo e gli schemi lineari della pittura bizantina, tenta di sfumare i colori approdando ad un violento chiaroscuro. I panneggi mostrano un andamento spezzato e analogo, ma non si fanno pesanti, sebbene convenzionalmente intessuti dall’ossessivo gioco lineare delle lumeggiature. Un elemento particolarmente degno di nota è un retaggio dell’età classica e della mitologia che ha influenzato in qualche modo l’arte cristiana. Per il tema che stiamo trattando è da tenere conto quanto segue: il culto della Madre e dell’infante era molto diffuso in Egitto. Si rappresenta spesso la dea madre Iside che indossa la corona della Regina del Cielo e tiene Horus sulle ginocchia. Questa immagine ricorda quella della Vergine e del Bambino del mondo cristiano. Nell’arte, si evince senza dubbio la grande somiglianza tra la figura di Iside che allatta Horus e la Madonna con bambino.
Più recentemente, Vittorio Sgarbi, in visita a Cosenza, leggendo l’icona della Madonna del Pilerio, ha proposto un parallelismo con “un dipinto straordinario, lontanissimo da questo di Cosenza, che è la Madonna del Collo Lungo di Parmigianino, che ha alle spalle un pilerio, una colonna che è l’inizio di un tempio che indica l’integrità della colonna intera e che corrisponde all’integrità della Vergine”. Interessante è anche la scultura della Madonna del Pilerio, ma questa è un’altra storia.