Riscoprire la fede in un mondo che cambia

Per Cordes è necessario ritrovare il coraggio di lodare Gesù da cui deriva una forza salvifica che cambia i cuori

In questo nostro tempo, in cui sta prendendo sempre più piede l’idea di screditare la Chiesa, scaricando su di essa tutte le paure umane e rendendola responsabile di tanti mali, è bene lasciare spazio ad una Teologia pastorale capace di riscoprire la bellezza di essere cristiani. È a partire da questa considerazione che prende vita il dialogo tra don Andrzej Dominik Kuciński, sacerdote polacco della diocesi di Colonia, e Paul Josef Cordes, cardinale tedesco originario di Kirchhundem, nel libro “Il coraggio di essere cristiani. Una conversazione su fede e Chiesa” (Marcianum Press 2024).

Cordes, deceduto lo scorso 15 marzo, è stato a lungo vicepresidente del Pontificio consiglio per i laici nonché presidente del Pontificio consiglio “Cor Unum”, un dicastero della Curia romana fondato nel 1971 da Paolo VI allo scopo di aiutare i più bisognosi, oggi confluito nel Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale istituito da Bergoglio nel 2016. Il volume è strutturato sotto forma di domande rivolte da don Andrzej al cardinale tedesco, il quale offre delle risposte dettagliate e, per molti versi, esaurienti in merito alla drammaticità dell’oblio di Dio che attanaglia la nostra contemporaneità, partendo dalla sua personale visione teologico-pastorale. Il porporato ha portato avanti la sua missione di umile servo di Dio, cercando di non perdere mai di vista il suo obiettivo principale: “trasmettere dalla fede una speranza vivificante”. Uno scopo chiaramente espresso da Papa Benedetto XVI nella Prefazione del volume “Chi non dà a Dio, dà troppo poco” (Nuova Bussola Quotidiana 2021) scritto dallo stesso Cordes. Quest’ultimo è consapevole dello sforzo immane che la Chiesa cattolica deve compiere oggigiorno per annunciare il Vangelo, cercando di rendere forte e stabile la Rivelazione di Dio dinnanzi a chi ne continua a negare la verità storica. Lo Stato liberale secolarizzato non può rinunciare al ricco patrimonio cristiano di valori che esiste da secoli, perché è proprio su di esso – come ricorda il giudice costituzionale tedesco Ernst-Wolfgang Böckenförde – che si fonda la prosperità e l’integrità della società. La triste realtà che si sta affermando oggi è che Dio non viene più nominato e, di conseguenza, la fede sta vacillando. Chi ancora appartiene a Cristo viene visto come il “diverso”, come colui che sta fuori i canoni imposti dalla modernità. Il grande problema attuale è che non interessano più temi come la vita eterna, la redenzione dai peccati e il trascendentale. La miseria dell’uomo contemporaneo è che ha ridotto Dio al silenzio, in linea con quanto sostenuto da Nietzsche in merito alla morte del Salvatore. Il concetto di religione si è ridimensionato a causa del pensiero laico che, nei secoli, è stato diffuso da pensatori come Hobbes (nell’uomo è insito il male), Bacon (tutto va spiegato in base alla logica matematica) e Kant (la religione va ricondotta a ciò che è razionalmente comprensibile), ed è stato rinvigorito da eventi quali l’Illuminismo e la rivoluzione francese, emblemi di una società scristianizzata e rivoluzionaria. Dalla cultura postmoderna deriva poi il concetto di “soglia”, intesa come punto di convergenza tra fede e scetticismo. Giunti alla soglia bisogna fare una scelta ben precisa: radicarsi esclusivamente nella matassa empirica oppure credere che ci sia qualcosa di più grande fuori di sé. Ciò che conta, in realtà, è rendere chiaro alle persone che Dio agisce nel mondo e si rende presente in ogni situazione. Il filosofo tedesco Habermas ritiene che è necessaria la religione per conoscere il mondo, così come il filosofo canadese Charles Taylor crede che bisogna ritrovare la via per tornare a Dio riconquistando il dialogo con la Chiesa, evitando così la deriva materialista e la perdita della propria coscienza. Urge recuperare quel patto di Nuova Alleanza, erede di quello sancito da Dio con Israele nell’Antico Testamento, che Gesù con il suo esempio ha perpetuato portando a compimento l’opera del Padre, e istruendo i suoi discepoli ad essere sale e luce per le genti. Una soluzione potrebbe essere quella di puntare su quelle iniziative a sfondo etico-sociale, che frenano l’ascesa dell’individualismo e coinvolgono l’essere umano nell’interiorizzazione dei sani valori morali. È il caso della Giornata Mondiale della Gioventù, di cui Cordes ha visto la nascita, un evento che vuole richiamare l’attenzione dei giovani sulla bellezza del Vangelo e sul fatto che esso percorre la nostra stessa strada, ci tocca da vicino, ci illumina. Ma anche i movimenti laici e cristiani, operanti nelle varie diocesi, aiutano la Chiesa in questo processo di conversione dell’umanità (Azione cattolica, Scouts cattolici, Comunione e Liberazione, Focolarini e tanti altri). Resta fondamentale il ruolo del sacerdote, che è unto con un sigillo (sphragis) che lo lega a Dio mediante lo Spirito Santo. Con l’annuncio della Parola e la somministrazione dei sacramenti, deve cercare di traghettare l’uomo di oggi verso una nuova vita illuminata dal Risorto. È servo di Dio e, in quanto tale, si pone a servizio degli altri. All’opinione pubblica della storia mondiale devono “essere noti i prodigi di Dio e le sue attenzioni piene d’amore per gli uomini”. E qui entra in gioco la Chiesa che – secondo l’esegeta Heinrich Schlier, evangelico fino al 1953 poi convertito al cattolicesimo romano, è un ente pubblico e, in quanto tale, ha obblighi verso la collettività a cui deve far conoscere Cristo. Curare quel male rappresentato dall’odierna “dimenticanza di Dio”, usando le parole di Benedetto XVI, vuol dire staccarsi dal vuoto filantropico ed elevarsi all’amore disinteressato del Padre. Perché è l’amore l’unica caratteristica dell’azione salvifica divina. Dobbiamo imparare di nuovo a riconoscere Dio come fondamento della nostra vita, leggendo le tracce della Rivelazione nei segni dei tempi mutevoli, e ritrovando il coraggio di definirci suoi figli. E in ciò viene in aiuto l’esercizio della carità verso il prossimo, che non fa mai perdere di vista Gesù, come Ratzinger ha sottolineato nella sua enciclica “Deus Caritas est” (2005).