Roberto Occhiuzzi accende il derby di passione rossoblù

Intervista all'ex calciatore del Cosenza di Sonzogni e Toscano. Dal derby di domenica, alle emozioni e alle tensioni di questa partita, fino alla sua nuova avventura da allenatore e al suo sogno... 

Ha appena terminato l’allenamento con gli Allievi del Cosenza calcio. Roberto Occhiuzzi, 34 anni, terminato la carriera agonistica sul campo, ha deviato per quella della panchina. Il “Principe” così soprannominato, è stato uno dei protagonisti della promozione rossoblu dalla Serie D alla Seconda divisione. Esordì nel Cosenza di Sonzogni nel 1998 in serie cadetta. In totale con i Lupi ha centrato 64 presenze, 10 gol ed una sola ammonizione. Ha iniziato nel settore giovanile rossoblu e, nella passata stagione ha centrato un buon sesto posto alle spalle del Catanzaro (in vantaggio di un solo punto) facendo meglio di Lecce, Napoli, Messina e Catania. Tra i successi da annoverare, il trionfo sul campo del Catanzaro per 3-1. “Patania ed il direttore mi diedero quest’opportunità – spiega Occhiuzzi – e sono contento di iniziare nel Cosenza. Cerco di insegnare calcio”. Sotto un sole battente di un pomeriggio d’agosto che regala qualche giorno caldo d’estate, l’ex trequartista ed ala delle formazioni di Sonzogni e, soprattutto, Toscano racconta le emozioni del derby e dell’avventura da mister.

Occhiuzzi, com’è iniziare la prima di campionato contro il Catanzaro?

Sicuramente fa entrare subito in clima campionato, perché in un derby si accendono tante cose nella testa dei calciatori e dell’ambiente. Alzi l’asticella immediatamente. Una cosa positiva c’è: dato che questa partita si gioca alla prima giornata, non se ne parla da qualche mese. Ricordo che, quando giocai il derby l’8 dicembre, già a settembre si parlava solo dello scontro con il Catanzaro.

Che cos’è per te Catanzaro-Cosenza?

Non vorrei sbagliare, ma Catanzaro-Cosenza sta negli 8 derby più importanti d’Italia. Per i cosentini e i catanzaresi vale tanto. Immagino per un calciatore di Cosenza com’è vivere e giocare un derby. Hai tante responsabilità. Non dobbiamo fare la guerra dei poveri, perché alla fine è una partita di calcio e deve essere uno scontro calcistico, vissuto sugli spalti con colori, certo qualche sfottò va bene, ma l’importante e che resti nei limiti, sugli spalti. Vinca il migliore e sarebbe bello, a match terminato, fare un applauso alle due squadre. Questa partita può dare spettacolo e far parlare di se.

Sei di Cetraro, ma cosentino a tutti gli effetti. Hai giocato questa partita, qual era l’atmosfera?

Ricordo che la settimana precedente alla partita era piena di pressioni. Eravamo tanti cosentini in rosa. Avevamo grande personalità e infatti alla fine vincemmo il campionato. Chiunque ti incontrava per strada te lo teneva in mente. Anche la cassiera di un supermercato, mentre facevi la spesa, ti riconosceva e raccomandava per la partita. Ti carichi di pressioni e tensioni da circa un mese. Il sabato, poi, non riesci a dormire non per la paura, ma perché vorresti essere protagonista, immagini, come un bambino, di far gol. Nel mio derby, feci una grande prestazione, ma negli ultimi dieci minuti presi i crampi e dovetti un po’ mollare.

Come sono le rose di Cosenza e Catanzaro?

Entrambe hanno qualcosa da sistemare. Come tutte le squadre, eccetto qualcuna che ha già un ottimo organico, devono effettuare alcuni innesti. Sono rose che possono raggiungere tutte e due i play off. Penso che il Cosenza abbia qualcosa in più.

Come incide l’esonero di Erra a poche settimane dall’inizio del campionato?

All’inizio, porta qualcosa in più. Non conosco il momento di Catanzaro. Ipotizzo che se la situazione si fosse appiattita, forse potrebbe dare uno stimolo ai calciatori. Sono contento per Spader, mio collega, due anni fa nei giovanissimi poi negli Allievi fino ad arrivare secondo di Erra e poi allenatore, perché si crede nei giovani allenatori, anche Erra è giovane e molto bravo. Dalla nostra parte, il tecnico c’è quasi da due anni. Abbiamo schemi e situazioni rodate e consolidate. Forse possediamo maggiore concretezza.

Che idea ha di Roselli?

Ha messo solide basi, fondamentale per la Lega Pro. Ha portato concretezza, una mentalità del raccogliere ciò che si vuole. Lui lavora sugli obiettivi, a volte tralascia il bel gioco che osserviamo in altre squadre, però, visto diversamente puoi notarlo. Per esempio, le ripartenze. In alcune partite ha impostato la squadra diversamente e abbiamo visto una prestazione spumeggiante. Un allenatore che cerca di inculcare alla squadra ciò di cui si ha bisogno.

Un pronostico sulla partita?

L’ideale sarebbe 0-2. Sono partite in cui parti dallo 0-0 con tensioni da ambo le parti e tutti cercano di stare attenti.

Con il Cosenza esordisti nel 1998 in Serie B, come ricorda quegli anni?

Anni stupendi. Immagina che venivo dalla Promozione con il Cetraro di cui ho tatuato il simbolo. Giocavamo di sabato per vedere il Cosenza. Andavamo a vedere le partite con il treno insieme agli amici. Non sapevo che mi avessero comprato e girato in prestito a Cetraro. Facevo il tifoso, ma in fondo ero un giocatore rossoblu. Ogni giovedì disputavamo l’amichevole contro la squadra allenata da Sonzogni. C’erano Soviero, Margiotta… Piacqui al mister. Dalla primavera arrivai in prima squadra. Si realizzò un sogno. Tengo molto a trasmettere quelle emozioni ai miei ragazzi. Per questo lo scorso anno ho voluto giocare le finali con il Pavia al Marulla per far capire il senso di giocare in quello stadio. E’ fondamentale l’attaccamento alla maglia e alla nostra terra, entri in campo sapendo di dare il massimo. Personalmente è stato un po’ duro come impatto, ho dovuto crescere in fretta. Ho capito molte cose da solo guardando i compagni di squadra. In Serie B non ti insegnano come nei settori giovanili.

Qualche aneddoto?

La partita di Lucca. La mia seconda presenza. Era uno scontro salvezza. 18mila spettatori, mille da Cosenza. Eravamo in dieci e dovevamo conquistare il pareggio. Mentre mi riscaldavo, Sonzogni disse a Tatti <<com’è il ragazzino?>> e l’attaccante rispose <<fallo entrare subito>>. Entro e da un mio passaggio prima a Montalbano e poi a Riccio si sfiora il gol. Il mister mi diceva di tenere palla, andare avanti e “sputare” il sangue. Dopo un quarto d’ora, finì la partita e mi buttai sul campo perché mi veniva da rimettere per la tensione. Tutti i compagni, quelli grandi, a cui in allenamento prendevo le scarpe, sono venuti ad abbracciarmi congratulandosi per la prestazione. Nello spogliatoio Pagliuso mi chiese la maglia perché voleva regalarla ad un amico. Poi un altro bel ricordo di quella partita. Spalletti aveva finito il campionato con la Sampdoria e faceva il commento per Telepiù. Disse “questo ragazzo il Cosenza lo ha tenuto chiuso in un cassetto?”.

Come sta andando l’esperienza nel settore giovanile?

Voglio fare questo. Ho avuto la fortuna di ricominciare nel Cosenza. Il mio sogno attuale è quello di arrivare ad allenare i Lupi in Serie A, nel calcio i sogni a volte si avverano. Cerchi di insegnare calcio e di non far ripetere i tuoi errori. Vedere cinque ragazzi in prima squadra è una grande soddisfazione.

Oltre all’aspetto sportivo, cosa consigli ai ragazzi?

Tutto parte dall’atteggiamento, devono crescere umanamente. Li tratto da uomini tenendo conto della loro età. Cercò di far capire che gli atteggiamenti positivi e negativi li porteranno in campo. I secondi faranno loro del male. Devono, certo, vivere la loro età ma con un comportamento fondato, vero e certo. Rispetto per il gruppo, per i compagni, per l’allenatore, per i miei collaboratori, per gli avversari, per gli arbitri, per l’ambiente e per il lavoro.

Nel Cosenza c’è un Occhiuzzi?

Nella prima squadra come personalità mi intravedo in Caccetta. Se devo parlare di caratteristiche, non ne trovo perché ero un trequartista trasformato ad ala e lavoravo molto con il cervello e con le gambe. Nei giovani c’è qualcuno, sia a livello di carattere sia di qualità. Non dico i nomi altrimenti si montano. Sono sicuro che da questo vivaio possiamo avere calciatori molto più forti di Occhiuzzi. In carriera potevo fare molto di più.