RU486, SALVAGUARDARE LA GIUSTIZIA E OFFRIRE PROSPETTIVE

Qualsiasi intervento normativo, regolamentare, prassico sull'interruzione volontaria della gravidanza non può che muoversi nella cornice del diritto alla salute, senza mai abdicarvi

Le nuove Linee guida sull’utilizzo della pillola abortiva RU486 aprono a diverse riflessioni, anzitutto a livello giuridico. Prima di una valutazione della novella normativa, occorre stabilire quali siano gli obiettivi che lo Stato si pone, in sostanza lo spirito della legge in materia di interruzione volontaria della gravidanza. La memoria non può che andare alla 194/1978 che, nei suoi principi ispiratori, richiama la necessità della tutela della salute della donna. Con un regressus ad finitum possiamo poi approdare all’art. 32 della Costituzione, proprio il diritto alla salute.Qualsiasi intervento normativo, regolamentare, prassico sull’interruzione volontaria della gravidanza non può che muoversi in questa cornice, senza mai abdicarvi. Il diritto però non è solo applicazione di norme ma sguardo alla realtà. Il diritto è fatto per l’uomo e non l’uomo per il diritto. Forse proprio qui sta l’imprudenza del ministro Speranza, quando richiama fieramente le evidenze scientifiche attuali. La scienza in sé, però, rischia di essere fredda se non le si accompagna la logica dello sguardo, dell’accompagnamento delle fragilità, della proposta di nuove prospettive. Qui, in gioco, ci sono le sofferenze di persone, di donne e uomini, che si trovano dinanzi all’evento della gravidanza. Non possiamo né dobbiamo ergerci a giudici delle persone specie se col nostro giudizio non offriamo una prospettiva, una motivazione, una via di uscita.C’è un’alternativa alla sofferenza che non si chiami aborto?Quando i fautori della legge 194 scrissero quella norma pensavano certamente a uno strumento che avesse come primario presupposto quello della tutela della salute, un tema sul quale non si può derogare, sul quale occorre prestare la massima attenzione e cautela. Lo abbiamo imparato proprio in questi mesi di coronavirus. Non c’è bisogno di passi affrettati. Di quale salute parliamo, entro e al di là delle risultanze scientifiche? Certamente di una salute globale, non solo fisica, ma anche psicologica, sociale, culturale.Negli ultimi anni la tendenza giuridica è a voler saltare le tappe, bruciare i tempi. Si pensi al divorzio, che ora è possibile conseguire dopo minimo sei mesi dalla separazione, invece dei precedenti 3 anni. Tanto più che attualmente non è neanche necessario rivolgersi a un giudice – e quindi attendere i tempi della giustizia – perché è possibile separarsi in comune o con l’ausilio di un avvocato. Anche qui, sembra che l’intenzione del legislatore sia stata tradita: il tempo lungo della separazione è un tempo di riflessione, anche di verifica del proprio matrimonio o del mutuo allontanamento.Quando una coppia intende separarsi, la prima domanda che un avvocato dovrebbe fare loro sarebbe: sapete che voi, insieme, siete una realtà giuridica?La tendenza della contemporaneità a voler bruciare le tappe di ogni evento della vita è una questione seria. Ecco perché temi quali quelli dell’aborto e del divorzio si muovono tra il diritto e l’etica, la scienza, la società e la cultura. Troppe volte sfugge che l’ordinamento giuridico italiano, sia nella Costituzione che nelle leggi da’ attenzione e tutela il concepito e l’embrione. Si pensi all’art. 31 Cost, per il quale la Repubblica favorisce la formazione della famiglia, quasi una norma di chiusura rispetto alla legislazione civilistica. Si guardi alle disposizioni sulla capacità giuridica, nonché sulle successioni ereditarie, e ancora – fondamentale – la legge 40/2004, che richiamano proprio i diritti di chi non è ancora stato partorito. In temi così delicati, non si tratta di accorciare i tempi del diritto, né di moltiplicare il catalogo dei diritti, quanto di accompagnare i soggetti coinvolti, le mamme, i papà, gli stessi concepiti, quali attori protagonisti della vicenda nascita, a realizzare un’autentica giustizia.