Salire in alto per vedere il mondo
Seguendo l'esempio di Madre Teresa di Calcutta l'associazione Mani che aiutano, attiva dal 2008, è impegnata in diverse opere di solidarietà a favore dei più poveri
La percezione della realtà è senz’altro legata ai diversi punti di vista dai quali possiamo osservare il mondo. Pensiamo ad esempio a chi, affacciandosi dalla finestra della sua abitazione, posta al primo piano di un palazzo, osserva il suo piccolo pezzo di strada. Data la vicinanza, sicuramente riuscirà a notare le buche sull’asfalto, oppure vedrà le automobili parcheggiate occupare parte del marciapiede. Salendo di qualche piano riuscirà a vedere che infondo alla strada si è creato un’enorme fila di automobili e che il frastuono di clacson che ogni giorno lo disturba, è dovuto a quell’ingorgo distante solo qualche centinaio di metri dalla sua abitazione. Infine, salendo ancora di qualche piano e, affacciandosi dal tetto, riuscirà a constatare come la buca che prima sembrava il peggiore dei problemi o, il trambusto assordante delle automobili, siano davvero poca cosa rispetto al terribile incendio sviluppatosi a qualche decina di chilometri di distanza, fino a quel momento invisibile ai suoi occhi.
Questa “immagine” ci è servita a spiegare quanto sia importante cambiare punto di vista, “salire” più in alto, cercare nuove angolazioni e cambiare prospettiva per maturare un approccio più giusto e sereno con la realtà che ci circonda, a volte densa di problematiche da noi molto spesso giudicate (a torto) insuperabili, mentre (a ben vedere) ad altri è toccata una sorte molto più amara.
Questo esercizio, ora affrontato in modo teorico, è stato per certi versi reso possibile dall’associazione di volontariato Mani che Aiutano, che a partire dal 2008, anno della sua nascita, ha accompagnato decine di volontari sul “tetto del grattacielo” per mostrare come il modo di intendere la vita e di approcciarsi ad essa possa essere diverso a seconda di come e da dove la si guardi. “Tutto ebbe inizio il 20 di febbraio del 2008 – ci racconta Sergio Molinari uno dei fondatori dell’associazione – quando su proposta del mio amico Christian Coppolino partimmo alla volta di Calcutta in India”. Quei ventuno giorni trascorsi nella “Mother House”, la casa di accoglienza messa in piedi e gestita dalle suore di madre Teresa di Calcutta, hanno fatto da preludio a quella che poi diventò, qualche mese dopo, un’associazione di volontariato.
“Al ritorno da questo viaggio che ci ha cambiato la vita – continua Sergio – che ci ha fatto vedere un altro mondo, difronte al quale il nostro si è ridimensionato, perché abbiamo visto realmente che il mondo è altro, che esiste altro; abbiamo raccontato la nostra esperienza ai nostri amici, ed abbiamo deciso, insieme a loro, di non far morire quell’esperienza, ma di volerla trasmettere agli altri, chissà, magari, sarebbe successa qualcosa”. E qualcosa è successo, perché a meno di un mese dal loro ritorno l’associazione, che ha sede a Castrolibero in un locale messo a disposizione del comune, era già operativa e pronta a formare decine di volontari da mandare in aiuto alle “sister” di Madre Teresa. Infatti, ad oggi, l’associazione Mani che Aiutano, che conta più di 40 volontari, è riuscita a formare e a far partire per Calcutta più di 25 persone.
A spingere i volontari è stata la voglia di cambiare punto di vista, “di voler scoprire come grazie alla carità cristiana e alla grandissima figura di Madre Teresa – ci spiega Sergio – è possibile operare su quel territorio così segnato dalla povertà, al fianco dei bambini, degli ammalati, degli ultimi”. Infatti alla Mother House di Calcutta, dove l’associazione indirizza i volontari che, a loro spese, intendano partire per l’India e con la quale è costantemente in contatto grazie alla rete di volontari che da tutta Italia in ogni periodo dell’anno vanno a dare il loro aiuto, si accettano tutte le persone di buona volontà disposte a prestare il loro servizio in uno dei loro centri sparsi per l’enorme città indiana. “È bellissimo arrivare alla Mother House – ci racconta ancora Sergio – dove ad accoglierti trovi tre suore che ti mostrano su un foglietto i centri di Calcutta e ti chiedono soltanto se sei medico o paramendico e quanto tempo ti fermerai”. Per tutti si tratta di alcune settimane piene di lavoro, intense e ricche di emozioni dove si riscopre il vero senso dell’amore verso il prossimo nostro fratello, ma per qualcuno è diventata una scelta di vita. Così è stato per Marta Monteleone, una ragazza di Amaroni, paesino in provincia di Catanzaro, che appena laureata è partita alla volta dell’India, grazie al sostegno di Mani che Aiutano, ed ha deciso di restare nel Darjeeling ai confini con il Nepal dove gestisce una piccola scuola sostenuta anche grazie ai fondi dell’associazione.
Infatti grazie alle rete di contatti creata nel paese asiatico l’associazione, che si sostiene con i fondi del 5xmille e attraverso le diverse attività di raccolte fondi che promuove durante l’anno, non solo riesce a mandare volontari, ma contribuisce a finanziare anche una serie di piccoli progetti di solidarietà.
Altro punto di forza è, ancora, quello dedicato alla formazione e preparazione dei volontari. Così tra i corsi di inglese, quelli di primo soccorso e di animazione per bambini, si cerca di dare agli operatori, ai quali non è richiesta nessuna particolare preparazione, una maggiore consapevolezza e forza dei propri mezzi per superare al meglio quel primo impatto con un mondo così diverso dal nostro, che per tutti è devastante. Volontari che una volta formati saranno chiamati ad affrontare un lungo viaggio ma, soprattutto, a salire in alto, a cambiare punto di vista e a scoprire quanto sia importante aprire gli occhi e, soprattutto, il cuore.
Noi crediamo che alla base ci debba essere comunque quella carità cristiana che ti aiuta a riconoscere nell’altro il tuo prossimo. Devi credere in quello che stai facendo e che qualcuno ti dà la forza di farlo
L’INTERVISTA
A cinque anni dalla nascita della vostra associazione che bilancio ti senti di fare del lavoro svolto finora? Quali saranno le prospettive sulle quali programmerete le vostre azioni future?
È nata come racconto di una storia vissuta da altri ma è diventata per molti un’esperienza determinante per la loro vita, non a caso Marta, una nostra volontaria, ha deciso di restare lì. È il quarto anno consecutivo che riusciamo a far andare delle persone in India. Quindi posso dire che il bilancio è buono; non vogliamo cambiare il mondo ma raccontare che esiste un modo diverso di viverlo facendo vedere che c’è qualcuno che ha fatto qualcosa di concreto.
I propositi per il futuro sono quelli di riuscire in un progetto nostro, ad esempio, aiutando Marta a realizzare una scuola.
Uno dei punti fondamentali della vostra mission è quello di diventare seminatori di speranza. Sentite di esserlo?
Non ci sentiamo di essere così forti da poter infondere speranza agli altri. Però noi abbiamo avuto un’esperienza che ci ha aiutato a vivere meglio. Ritornare ed avere delle basi da cui ripartire. Sicuramente l’esperienza ci ha detto che esiste un modo diverso di vivere che va ben oltre i nostri confini.
Nonostante la vostra associazione cerchi di preparare quanti intendano partire attraverso corsi di primo soccorso, lingue straniere, animazione per bambini, che caratteristiche deve avere il vostro volontario “perfetto” ?
Non esiste il volontario perfetto. Certo le caratteristiche migliori sono date dalla maggiore possibilità di essere operativi. Perché devi saper mettere le mani su un malato, devi saper parlare qualcosa d’inglese. Lì nessuno ha il tempo di spiegarti nulla o di farti un corso di preparazione. Sei messo all’interno di una struttura dove ti trovi a fare tutto quello che è necessario fare, dal lavare i letti a spostare i malati. Tutto fino al limite della parte medica. Quindi sapere cosa e come farlo ti dà più concretezza, operatività.
Quanto vi aiuta la fede?
Non a caso l’esperienza nasce da Madre Teresa e continua a vivere. Noi crediamo che alla base ci debba essere comunque quella carità cristiana che ti aiuta a riconoscere nell’altro il tuo prossimo. Devi credere in quello che stai facendo e che qualcuno ti dà la forza di farlo. Una cosa che ho capito in India è che esiste la provvidenza. Quelle suore che non disperano mai, ogni volta che sta per terminare qualcosa, che c’è un determinato bisogno arriva miracolosamente il pacco, la donazione, il medico specialista.