«Amate i vostri nemici, … benedite coloro che vi maledicono» (Lc 6,27-28)

VII Domenica del Tempo Ordinario
Il vangelo di oggi continua il percorso iniziato domenica scorsa indicando i tratti che devono caratterizzare la comunità delle beatitudini:
- Una comunità senza confini, capace di abolire il termine nemico perché ogni altro è fratello/sorella.
- Una comunità plasmata sul volto di Gesù, venuto a cercare chi è perduto.
- Una comunità dove l’unica regola è l’amore incondizionato.
Sono sicura che molti di noi considerano questo programma utopico: educhiamo i nostri figli a vendicarsi e a credere che perdonare è una debolezza; sosteniamo che occorre eliminare “Caino” o almeno segregarlo dietro porte sbarrate. Eppure, Gesù rifiuta questo falso buon senso e lo sostituisce con una sapienza altra: «Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano. Benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi fanno del male (Lc 6,27-28)». È una sapienza realistica perché guardandoci attorno appare sempre più evidente che la paura genera solo paura, che le tenebre non si sconfiggono con altra tenebra e l’odio non si combatte con altro odio.
Per trasformare il mondo, Gesù ci chiede di eliminare il concetto stesso di nemico. Lo fa a modo suo offrendoci una catena di azioni concrete, rivolte alla comunità («amate, fate del bene, benedite, pregate») e ad ognuno di noi («offri, non rifiutare, da’, non chiedere indietro»). Possiamo considerarli otto mattoni per la costruzione della casa comune, o otto passi per essere davvero “pellegrini di speranza”. Si tratta di un amore concreto che passa attraverso tuniche donate, prestiti senza interessi, rifiuto della violenza, offerta del perdono. Non si tratta di percorrere la via della rassegnazione, ma di avere il coraggio di fare il primo passo, di dare fiducia e di aprire orizzonti.
Luca sottolinea che Gesù non ha soltanto predicato questo ma lo ha vissuto fino alla fine. L’ultima preghiera di Gesù al Padre è stata la richiesta di perdonare coloro che lo stavano inchiodandolo alla croce (Lc 23,34) e la prima persona che ha condotto con sé in Paradiso è un criminale condannato a morte (Lc 23,43). Se riteniamo l’esempio di Gesù troppo alto per noi, possiamo aprire il libro degli Atti, dove Stefano muore chiedendo a Gesù di perdonare i propri carnefici; forse proprio questa preghiera ha trasformato il responsabile della sua esecuzione, Paolo, nel grande missionario del vangelo (At 7,58-60).
Come Gesù e Stefano tanti “santi della porta accanto” hanno vissuto e vivono queste parole. Non si tratta di esser eroi, ma di avere chiaro il mondo che desideriamo per noi e per i nostri figli: «Come volete che gli uomini facciano a voi così anche voi fate a loro» (Lc 6,31). In altre parole, il mondo che desideri, costruiscilo! «Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo» (Mahatma Gandhi): abbandona la via soffocante del rendiconto e della contabilità e abbraccia la via liberante della misericordia. È la via che rende davvero figli di Dio perché dilata il cuore, rendendolo disponibile ad accogliere la misericordia di Dio, a lasciarsi amare e perdonare da lui senza misura.
Luca ci ricorda che oggi, la missione di Gesù è affidata a noi, suoi discepoli. Il nostro essere chiesa si configura allora come servizio all’incontro del fratello con il Padre, nell’esperienza ripetuta del perdono donato e accolto, per costruire insieme una comunità offerta a tutti come spazio di esperienza del Padre e luogo di educazione alla fraternità.
Chiediamoci: quale mondo sogno? Quale “mattone” offro per la sua costruzione?