Bastano 5 pani e 2 pesci
XVII domenica t.o. 2Re 4,42-44; Ef 4,1-6; Gv 6,1-15
Lago di Galilea e mare di Tiberiade sono la stessa acqua, ma con nomi diversi a motivo della città (Tiberiade) costruita dal tetrarca Erode Antipa negli anni 14-36 d.C. in onore dell’imperatore Tiberio.Il pane moltiplicato apre al discorso sul pane della vita, decisivo per tutti gli evangelisti che lo mettono al centro dell’attività pubblica di Gesù. Il grande miracolo non è quello di sfamare una folla, ma quello di mostrare la gloria di Dio rivelata in Gesù, Parola fatta carne. La stessa folla che oggi è stata testimone del grande prodigio e vorrebbe proclamare Gesù Re d’Israele, appena domani rifiuterà la sua rivelazione come figlio di Dio. Neppure i miracoli sono sufficienti per la fede.Dio si è rivelato sul Sinai. Anche Gesù si manifesta sul monte, dinanzi al lago, poco prima di Pasqua, la festa dei giudei. Per i cristiani il dato cronologico è importante almeno quanto quello territoriale: il pane distribuito richiama la Pasqua ebraica e i miracoli che l’accompagnarono. Gesù compie il passato e realizza ogni speranza d’Israele. La Pasqua ebraica entra nel banchetto eucaristico. Anche le parole di Gesù a Filippo: dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare? Ricordano quelle di Mosè: da dove prenderò la carne da dare a tutto questo popolo?Le domande portano al tema della fede, giacché nessuna soluzione umana basterebbe a saziare i bisogni dell’uomo. Gesù acquieta ogni tormento e soddisfa ogni bisogno: con cinque pani sfama cinquemila persone e ne avanzano dodici ceste. Il pane è d’orzo, quello dei poveri; come i venti pani del profeta Eliseo che sfamarono cento persone. Il pane avanzato va raccolto perché è sacro, segno della carne di Cristo, segno dell’Eucaristia.La folla è felice di riconoscere Gesù come il profeta ultimo, ma fraintende la sua regalità; e Gesù si ritira da solo sul monte. Da questo momento inizia un progressivo ridursi della folla, finché Gesù rimane solo con i Dodici, come le ceste avanzate. Segno di una Chiesa missionaria che dovrà sempre sfamare una moltitudine immensa dando soltanto Gesù che è vero re, ma solo nel momento in cui dona la sua vita per noi. Un dono sovrabbondante come quel pane e quei pesci che ognuno poteva averne quanto ne voleva. La mensa è capace di nutrire tutti perché Egli ha insegnato a spezzare il poco per i molti.