«Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45)

22 dicembre 2024 – Domenica IV Avvento C

Commento al Vangelo a cura di Suor Nicoletta Gatti (missionaria in Ghana)

Il vangelo ci chiede di vivere un incontro.

È l’incontro tra due donne “abitate” da un altro, da un figlio che non appartiene a loro, ma soltanto a Dio: Giovanni è consacrato a Dio fin dal grembo materno; Gesù è Figlio di Dio. Sono due donne che hanno vissuto un’esperienza forte di intimità con il Signore che ha trasformato la loro carne in una promessa di vita; sono una per l’altra, proclamazione gioiosa, memoria vivente che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37).

È l’incontro di due alleanze: Elisabetta, la donna anziana, sterile e «giusti davanti a Dio» (1,5), rappresenta il popolo d’Israele; Maria, la fanciulla vergine, indica un nuovo inizio: nel loro abbraccio si rende visibile il cammino che ha condotto Dio a farsi figlio della nostra storia.

Elisabetta è definita «colma di Spirito Santo»: questa terminologia è costantemente associata in Luca a parole profetiche che spiegano l’intervento di Dio nella storia (cfr. At 2,4; 4,8; 4,31; 6,3.8; 9,17). Elisabetta nello Spirito può vedere “oltre”, scoprire e dischiudere a Maria la sua identità più vera, ciò che è chiamata ad essere: la Madre del Signore. Le parole di Elisabetta, «Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle Parole del Signore» (Lc 1,42) ci aiutano inoltre a percepire che la beatitudine di Maria non è legata alla generazione fisica di Gesù: Maria è beata perchè ha creduto, perchè ha “incollato” la sua vita, ha aderito con tutta la sua persona a Dio.

La sua fede è ancorata alla Parola: nel racconto della nascita e della presentazione al tempio Maria è presentata come colei che “tesoreggia” nel suo cuore ogni avvenimento (cfr. 2, 19.51) cercando di cogliervi il volto di Dio. Maria non pretende di capire ma lascia che la Parola “abiti” in lei, sciolga ogni resistenza, liberi da ogni possesso, anche dalla preoccupazione per la vita di un figlio che non le appartiene (cfr. 3,49).

In questa fede, Maria canta il Magnificat. È il canto di un’umanità riconciliata che ritrova il proprio posto nelle mani del Padre. Maria canta la gioia di sentirsi creatura, di essere piccola, terra plasmata e riplasmata dalle mani dell’Amore. Il suo canto spazia lungo i secoli e raccoglie lo stupore del suo popolo nel contemplare le meraviglie di Dio.

Contempla lo sguardodi Dio alla sua creatura appena generata alla vita, quello sguardo che dona ad ogni cosa la sua bontà originaria.

Contempla il braccio santo di Dio, la sua forza con la quale ha reso Israele popolo, liberandolo dall’Egitto e donandogli una terra.

Contempla la promessa fedeledi Dio fatta ad Abramo e confermata di generazione in generazione alla sua discendenza, quella promessa fatta ormai Carne nel suo grembo.

Contempla la giustiziadi Dio che sceglie la straniera, lo schiavo, la prostituta, l’ultimo… per operare grandi cose.

Contempla la misericordia di Dio chesolleva il povero, esalta l’umile, e protegge chi pone in Lui la propria speranza.

Maria scopre proprio nella misericordia di Dio l’intreccio nascosto che guida ogni cosa, la sua esistenza personale e la vita del popolo al quale appartiene. Per Israele la misericordia è il “grembo accogliente” di Dio che genera e custodisce la vita. Maria comprende che la Misericordia è ormai venuta a piantare la propria tenda tra di noi, a farsi nostro ospite per dialogare con noi e trasformarci in Lui.

Ognuno di noi è chiamato ad essere Maria, a generare Cristo nella nostra storia: siamo disposti a celebrare il Natale?