«È stato detto: non tenterai il Signore Dio tuo» (Lc 4,12).

I Domenica di Quaresima

Ognuno di noi ha vissuto esperienze particolari, momenti di verifica e di prova, in cui rivalutare le nostre scelte e la direzione del nostro cammino. Come ognuno di noi, anche Gesù ha vissuto quest’esperienza all’inizio della propria missione.

Condotto, spinto, guidato dallo Spirito Santo, Gesù ha vissuto nel deserto l’esperienza della tentazione. È la prova a cui viene sottoposto “l’amico di Dio”: pensiamo al sacrificio del figlio per Abramo o alla desolazione di Giobbe. Si tratta dunque di tentazione in senso radicale, non morale perchè non riguarda il peccato ma l’orientamento della vita: su chi “fondo” la mia esistenza? Quale è il posto di Dio nelle mie scelte concrete? È il momento nel quale la persona si interroga su Dio e mette Dio alla prova: Chi sei Tu per me? Chi sono io per Te?… «Sei proprio Tu o dobbiamo attenderne un altro?» (Lc 7,19).

Nei racconti evangelici l’esperienza delle tentazioni è collocata nel deserto. Per la persona biblica è uno spazio di memoria e di esperienza; non è un luogo romantico ma è luogo di fame e di sete, di solitudine e di cammino, di esperienza di morte e di ritorno alla vita (cfr. Ger 2,6). Il deserto è il luogo dove sperimentare il proprio limite, il proprio essere creatura; educa l’uomo ad essere figlio,a trasformare il bisogno in grido, ad attendere il pane e l’acqua giorno dopo giorno, a vivere nella provvidenza del Padre.

Gesù nel deserto è, dunque, “messo alla prova” come Abramo, Giobbe, come il popolo d’Israele. La triplice affermazione, «se sei Figlio di Dio», sembra indicare che la tentazione è la verifica dell’esperienza battesimale (3,22). Gesù sceglie di essere totalmente figlio e di vivere la propria identità messianica in rapporto a questa sua identità fondamentale: invitato ad essere il Messia del pane abbondante sceglie di essere il Messia della Parola (cfr. 4,4); invitato a farsi Messia politico/teocratico, sceglie di essere il Messia del servizio di Dio (4,8); invitato a chiedere miracoli di protezione, sceglie la fiducia in Dio anche nella sofferenza (4,12). Per le sue scelte si è ispirato dalla Scrittura: «Sta scritto». La Parola è, infatti, il cammino offerto da Dio al suo popolo per divenire figlio e vivere l’esistenza “faccia a faccia” con Lui.

Notiamo che Luca inverte l’ordine delle tentazioni rispetto a Matteo. L’ultimo dialogo con il tentatore avviene sul pinnacolo del tempio, in Gerusalemme, e rimanda ad un altro attacco «al tempo fissato» (4,13). È il preludio della passione, l’ultima tentazione che Gesù vincerà in modo definitivo con la sua morte/risurrezione, quando terminerà la propria esistenza umana perdonando e affidando se stesso nelle mani del Padre: «Padre nelle tue mani affido la mia vita» (23,46).

All’inizio del nostro percorso quaresimale, la liturgia ci chiede, dunque, di verificare chi è il Signore della nostra vita. Chi stiamo seguendo Dio o un idolo costruito dalle nostre mani? Successo, carriera, potere, denaro, rilevanza sociale…sono idoli che non possono sostituire Dio. A volte Dio stesso è trasformato in un idolo, quando il suo nome diventa uno strumento di violenza e di costruzione di una società che esclude e demonizza l’altro. Come Gesù siamo chiamati a rigettare ogni rapporto basato su segni spettacolari e a percorrere la via della solidarietà, della condivisione della sofferenza e dell’impotenza umana, la stessa strada che ha condotto Gesù sulla croce.Chiediamoci: Chi è il Signore della mia vita? Quale “Dio” serviamo?