In che modo siamo cercatori di Dio?
La precarietà della strada favorisce un ascolto proficuo e finanche un processo di profonda introspezione
In questa ventiseiesima domenica del tempo ordinario, la liturgia ci propone la prima di una trilogia di parabole narrate da Gesù a Gerusalemme, prima della sua passione. Questa prima parabola pone in contrapposizione l’atteggiamento assunto da due fratelli dinanzi ad una prescrizione del loro padre. Il primo si precipita in un assenso meramente verbale, frutto di un ascolto formale e disinteressato. Il secondo, invece, all’iniziale diniego, fa seguire un salutare ripensamento, che lo porterà a compiere un’adesione operativa. I due diversi approcci dei fratelli rappresentano la nostra abituale reazione alla volontà di Dio. Certi della nostra fede, ormai tarati ad una routine religiosa, assumiamo sempre più spesso la veste di ufficiali cercatori di Dio, ma in realtà il nostro cuore è riposto altrove, non è capace di lasciare spazio alla sorpresa di Dio. Si vive in una sorta di assuefazione dal sacro, narcotizzati da vacue ritualità. Al contrario, la precarietà della strada, metafora di quella consapevolezza d’esser peccatori, favorisce non solo un ascolto proficuo ma finanche un processo di profonda introspezione, attraverso la quale lasciarsi pungolare dalla Parola di Dio e aprirsi ad una sincera conversione, dalla quale nasce certamente una fede reale e concreta, in grado di sporcarsi le mani per Dio e i fratelli. Gesù in questo racconto desidera evidenziare il pragmatismo della fede, che si apre alla volontà di Dio con i fatti e non solo con le parole. Un commentatore anonimo di epoca patristica così scrive in merito al Vangelo: “Lavorare nella vigna significa compiere la giustizia di Dio”. L’autore richiama l’attenzione su azioni concrete legate a questa giustizia, che è da intendere come relazione equilibrata tra l’uomo e Dio, piena consapevolezza di essere delle presenza limitate e fallaci collocate dinanzi alla misericordia illimitata del Padre. L’uomo vive in uno status perenne di precarietà – a causa del peccato – e di chiamata alla conversione, per via della grazia. L’ascolto della voce del Padre costituisce l’itinerario della nostra maturazione a figli suoi. Cari amici, l’unico ostacolo che si frappone tra noi e Dio è la nostra incapacità di ascoltare con il cuore la sua voce, perché troppo certi di possedere Dio nelle nostre convinzioni. Chiediamo la grazia di essere consapevolmente precari per trovare reale stabilità nella misericordia di Dio.