L’Eucaristia educa la fede
«In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». Gv 6,26
XVIII Domenica del Tempo Ordinario
Vangelo secondo Giovanni (Gv 6, 24-35)
In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Commento al Vangelo a cura di Padre Francesco Patton (Custode di Terra Santa)
Domenica scorsa abbiamo imparato che l’Eucarestia ci educa alla condivisione, questa domenica impariamo che essa educa la nostra fede. Il popolo d’Israele, nel cammino attraverso il deserto, viene educato da Dio a saper riconoscere il suo intervento, in una prospettiva di fede, come intervento liberale e gratuito. Attraverso il dono delle quaglie e della manna Dio si rivela provvidente verso il popolo, ma è una provvidenza, la sua, squisitamente gratuita. La stessa logica aveva spinto Gesù a prendersi cura della folla e sfamarla. Questo intervento era però un segno, doveva aiutare la gente a comprendere chi era per loro quel Gesù che di loro si prendeva cura, dovevano altresì comprendere in che modo entrare in relazione con Lui.
Dal rimprovero iniziale che Gesù rivolge alla folla sembra però che il passaggio dal segno (essere stati sfamati) alla comprensione del segno (Gesù è il pane di Dio che dà la vita al mondo) non sia avvenuto. Quello che era stato un dono sul piano naturale (cibo) avrebbe dovuto facilitare la comprensione attraverso la fede che il dono vero è Gesù, che il nutrimento vero di cui abbiamo bisogno per essere autenticamente vivi e salvi, è Lui. Questa comprensione purtroppo non si realizza, sembra, a causa di una mentalità sostanzialmente materialista, predominata dall’interesse immediato, dall’utile tangibile, dal vantaggio concreto. Occorre perciò che ci poniamo una domanda sulle motivazioni che ci muovono anche nella nostra ricerca religiosa: il nostro cercare Dio (nella preghiera, negli atti di culto, nella partecipazione alla vita della Chiesa) è realmente dettato dal fatto di volere entrare in rapporto di comunione con Lui o è semplicemente la ricerca di soddisfare un bisogno o di risolvere un problema?
Per ricevere Cristo, per accogliere Cristo, per entrare in relazione con Cristo e sperimentarlo come salvatore, come colui che riscatta la nostra esistenza dal non senso e ci introduce nella vita stessa di Dio, occorre credere in Lui, occorre cioè fidarsi di Lui completamente, accoglierlo in modo personale e fare le nostre scelte a partire dalla relazione con Lui. Questa è l’«opera» richiesta, ed è frutto della grazia di Dio, è qualcosa che Dio stesso fa se noi gli permettiamo di agire dentro la nostra vita: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato» (Gv 6,29). Quest’opera ha però una portata tale da aprire al cosmo intero l’accesso alla comunione con Dio, l’accesso al dono della vita. Ecco il significato cosmico, universale dell’Eucarestia ed ecco il valore cosmico ed universale della nostra fede.
Come ci ha ricordato papa Francesco quasi al termine dell’enciclica “Laudato Sii”: “Nell’Eucaristia il creato trova la sua maggiore elevazione. La grazia, che tende a manifestarsi in modo sensibile, raggiunge un’espressione meravigliosa quando Dio stesso, fatto uomo, arriva a farsi mangiare dalla sua creatura. Il Signore, al culmine del mistero dell’Incarnazione, volle raggiungere la nostra intimità attraverso un frammento di materia. Non dall’alto, ma da dentro, affinché nel nostro stesso mondo potessimo incontrare Lui. Nell’Eucaristia è già realizzata la pienezza, ed è il centro vitale dell’universo, il centro traboccante di amore e di vita inesauribile” (LS 236).