«Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34)

All’inizio della Settimana Santa, la liturgia ci chiede di fissare lo sguardo sulla croce rivivendo il racconto della passione di Gesù. Se la morte di Gesù è narrata da tutti gli evangelisti, ognuno la presenta, tuttavia, in una prospettiva diversa. Luca la descrive come un cammino di misericordia vissuto nella comunione con il Padre.
- È un’offerta di perdono: «Padre perdona loro perché non sanno cosa fanno» (23,34). È un dono per tutti: per Giuda che lo ha tradito, per Pietro che lo ha rinnegato, per i leaders religiosi che ne hanno voluto la morte e per i soldati romani che lo hanno inchiodato alla croce.
- È un annuncio di salvezza:«In verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso» (23,42). Le parole rivolte al malfattore crocifisso accanto a lui testimoniano che la salvezza è disponibile davvero per tutti: basta accoglierla. L’umanità trafitta di Gesù è il sacramento dell’incontro tra il Padre e ogni figlio perduto, luogo di risurrezione dove il primo Adamo può imparare ad essere nuovamente figlio.
Il racconto di Luca rivela, inoltre, tre immagini di Gesù:
Il Messia d’Israele. Gesù muore, nonostante i tribunali di Erode e Pilato abbiano sancito la sua innocenza. E tuttavia egli è molto più che la vittima di una sentenza ingiusta. La morte di Gesù è la morte dell’innocente perseguitato che perdona i suoi assassini; è la morte del Messia d’Israele che non sottrae se stesso alla sofferenza; è la morte del Re che inaugura il Regno riscattando per primo un malfattore proprio sulla soglia di una morte violenta. Ed infine è la morte del Figlio che anche nell’abisso della sofferenza si aggrappa all’amore del Padre, e a Lui, morendo, si affida: «Padre nelle tue mani consegno il mio spirito» (v. 46).
Il Salvatore dal potere delle tenebre. Per Luca, la morte di Gesù non è provocata soltanto dal concorso di forze umane. La passione è soprattutto l’estremo attacco, perdente, del potere delle tenebre (22,53). Episodio dopo episodio, Cristo sofferente riscatta dal potere delle tenebre un popolo di salvati: converte col solo sguardo il discepolo che lo aveva rinnegato (22,61), trascina con sé verso la croce una moltitudine di discepoli (23,27), e introduce nel Regno, come primizia, un malfattore (23,43). La morte di Gesù non è dunque soltanto la morte di un amico o di un maestro: è la morte del Servo di Adonai che muore per i discepoli (22,19.20); è la morte del Figlio che con essa prepara il Regno (22,29-30).
Il Maestro e la Chiesa di discepoli. Gesù, infine, è il Maestro che la Chiesa discepola deve imitare. Per il tempo “della spada” egli è il perseguitato che perdona; per il tempo della sofferenza è colui che precede tutti sulla va della croce; per il tempo dell’agonia egli è il Figlio che prega e si affida al Padre. Gesù salendo al Calvario sembra essere la guida di una processione di discepoli o di possibili discepoli. Simeone porta la croce alla sequela del Maestro (9,23; 14,27); le donne piangono su di Lui (23,27); molti si uniscono al corteo con atteggiamento che inizialmente è di attesa e poi diventa di compunzione (23,48).
Raccontando tutte queste cose, Luca, l’evangelista della Via Crucis esorta. Rivela chi sia Colui che muore sulla croce; mostra l’esemplarità del suo soffrire perdonando e del morire pregando, ed elenca ai suoi lettori le molte situazioni in cui possono trovarsi: rifiuto, persecuzione, martirio. Nessuna, tuttavia, impedisce la sequela.
Chiediamoci: Come seguo il crocifisso mentre sale il Calvario? Con chi mi identifico?