«Qualunque cosa vi dica, fatela!» (Gv 2,5)

Commento al Vangelo di Domenica 19 Gennaio 2025 (Seconda Domenica del Tempo Ordinario) a cura di Suor Nicoletta Gatti (missionaria in Ghana)

La liturgia ci introduce nel tempo ordinario immergendoci in un’atmosfera di gioia. La prima lettura presenta l’alba di un giorno nuovo, tempo di rivelazione e fecondità perché la terra avrà finalmente uno sposo (Is 62,1-5). Nel vangelo l’identità dello sposo è rivelata proprio durante una celebrazione di nozze. Guidati da Maria, possiamo anche noi riconoscere il segno, credere in Lui ed iniziare a seguirlo (Gv 2,11). Ma di quale segno parla Giovanni? Si tratta delle parole di Maria? Della fiducia dei servi? Dell’acqua trasformata in vino?

Notiamo subito che il racconto è focalizzato su Gesù. I diversi personaggi sono definiti in relazione a lui – la madre di Gesù (vv. 1. 3. 5), i suoi discepoli (vv. 2. 11) – e le parole della madre volgono anche lo sguardo dei servi verso di Lui: «Qualunque cosa vi dica, fatela» (v. 5). Soltanto lui entra inoltre in dialogo con la madre (vv. 3-5), coi i servi (vv. 7-8) e persino col maestro di tavola (vv. 9-10). Il segno riguarda, dunque, Gesù e la sua identità.

Il luogo è una festa di nozze in cui qualcosa accade: viene a mancare il vino. La madre nota questa situazione imbarazzante per gli sposi e le loro famiglie e la porta a Gesù: «Non hanno vino» (v. 3). Non è chiaro ciò che Maria si aspetti ma è evidente la sua fiducia nel Figlio. La risposta di Gesù crea, tuttavia, un certo disagio nel lettore. Come nel tempio, Gesù ricorda che egli esiste in funzione della missione affidatagli dal Padre: nessuna altra realtà o persona può interporsi nel suo rapporto con Lui.

In questa luce, la reazione di Maria sorprende. Non risponde direttamente al Figlio ma smette di parlare come madre e comunica la sua totale fiducia di discepola: «Qualunque cosa vi dica, fatela» (v. 5). La madre si rivolge ai servi con l’appello ad un’apertura totale verso la Parola del Figlio. Non conosce ciò che Gesù dirà ma crede in Lui. Nel contesto di un vangelo scritto perché i discepoli di ogni tempo possano «credere» (20,31) e che pone nel credere la possibilità di divenire «figli di Dio» (1,12), Maria è proposta al lettore come la prima credente, la prima a porre una fiducia incondizionata nella Parola fatta carne. Insieme sembra aiutare Gesù a prendere coscienza che è giunto il momento di agire, di vivere la propria missione.

Maria non si sovrappone al figlio; è disposta a lasciargli il campo. Non conosce la risposta ma continua a camminare nella fede, educando alla fiducia incondizionata. Per questo, nel v. 12 è ribadita la sua presenza quando i discepoli muovono i primi passi seguendo il Cristo a Cafarnao.

A Cana, dunque, Gesù raduna i suoi discepoli: essi sono il seme della comunità messianica fondata nella relazione con Lui. Le parole della Madre riecheggiano le parole di Israele, quando ai piedi del monte Sinai accolse il dono della Legge: «Quanto il Signore ha detto noi lo faremo» (Es 19,8; 24,3.7). Pronunciando il suo SI’ Israele diviene la sposa del suo Dio: «Io stesi il lembo del mio mantello su di te…, giurai alleanza con te… e divenisti mia» (Ez 16,8). A Cana, la madre invita anche noi, comunità dei discepoli del Risorto, a percorrere la medesima strada. per divenire amici dello sposo (3,29) ed essere introdotti da lui alla festa nuziale (Ap 19,7-9).

Credere è rimanere nella relazione con una Parola che ci incontra, ci chiede di essere accolta ed alla quale rispondiamo con un cammino di sequela perseverante. Siamo aperti a seguire la strada indicata da Maria, «Qualunque cosa vi dica, fatela» (v. 5)?