«Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto la mia gioia» (Lc 3,22)
Commento al Vangelo di Domenica 12 Gennaio 2025 (Solennità Battesimo del Signore) a cura di Suor Nicoletta Gatti (missionaria in Ghana)
La vita pubblica di Gesù inizia con due momenti, il battesimo nel fiume Giordano e la prova nel deserto. Sono esperienze personali che Gesù stesso ha voluto condividere con i suoi amici come parte del proprio cammino vocazionale. L’uso di questa terminologia può sembrare strano perché vocazione è sinonimo di ricerca, attesa, sequela…. Come può tutto questo far parte della storia del Figlio di Dio? E soprattutto quale è la vocazione di Gesù?
L’evangelista Luca risponde alle nostre domande con un racconto che concentra il lettore sull’esperienza di Gesù. Contrariamente a Marco e Matteo non narra l’immersione nel fiume Giordano; introduce Gesù come parte di un popolo in attesa (v. 15), che accorre da Giovanni per aprire, almeno nel proprio cuore, la strada al Messia.
La folla non si accorge, tuttavia, che il Messia è già in mezzo a loro, forse perché è un Messia che non abbaglia con vesti regali e non attrae con segni potenti. È un uomo come tanti, in coda, per ricevere un battesimo di conversione e perdono dei peccati. Eppure, proprio questo Messia risponde e colma l’attesa dei popoli, non perché verranno meno i lutti, le ingiustizie, le guerre, ma perché ad un mondo che sembra condannato a seguire la strada del potere, del profitto, dello scarto, ricorda il progetto altro di Dio: ricondurre l’umanità a scoprirsi creatura, figlia amata in cui Dio gioisce.
Il progetto alternativo di Dio è rivelato da Luca attraverso tre segni:
L’apertura dei cieli: dopo l’esilio, il popolo sperimenta il silenzio di Dio (cfr. 1Mac 4,46; Dan 3,38). Il dolore del popolo diventa un grido accorata perché il Signore stesso «squarci i cieli e scenda» (Is 63,19b). Ora, nel Figlio, nella Parola fatta carne (Gv 1,14), i cieli si spalancano in modo definitivo e Dio riprende a dialogare con il suo popolo.
La discesa dello Spirito: ogni persona scelta da Dio è “unta”, consacrata dallo Spirito per la missione. Ora sull’inviato ultimo, definitivo (Eb 1,1-2), lo Spirito si posa, abita per rendere trasparente la sua identità e abilitarlo per la missione. Gesù è il consacrato del Padre, la Sua presenza nella storia, il luogo dove è possibile incontrare il volto di Dio e scoprirlo come Padre.
La Voce: alla visione segue una parola che proclama l’identità di Gesù (Sal 2,7 ed Is 42,1). Egli è il Figlio, colui che è generato dall’amore stesso del Padre; è l’amato nel quale il Padre trova la sua gioia. Da questa identità scaturisce la missione di Gesù: comunicare la paternità di Dio, inserire l’umanità nel rapporto d’amore che è alla radice dell’esistenza di ognuno. Mentre l’inizio della storia umana è segnato dal rifiuto della paternità di Dio, Gesù esprime l’accoglienza totale del Tu di Dio. Al Giordano si compie dunque una nuova creazione; è la creazione della persona nuova che accoglie l’esistenza come un dono e cammina seminando speranza.
Questa conversione scaturisce da uno sguardo penetrante, attivato dalla preghiera: per questo Luca sottolinea che Gesù era in preghiera. È un dialogo vivo con il Padre che inizia al Giordano e continuerà fino all’ultimo respiro, quando il figlio crocifisso affiderà se stesso al Padre: «Padre nelle tue mani affido il mio Spirito» (Lc 23,46).
Chiediamoci: dove cerco la mia identità? Nei ‘like’ di chi mi circonda o nello sguardo di Dio? Mi sento figlia/figlio amato in cui il Padre gioisce? Quale missione scaturisce da questa mia identità?