Daniele, Ugolino e compagni martiri
Le vicende dei sette frati calabresi che si recarono in Marocco per annunciare il Cristianesimo
Quando San Francesco di Assisi si rese conto del continuo e meraviglioso aumento numerico dei suoi figli e seguaci ritenne opportuno, nel Capitolo Generale del 1217, dividere in Provincie, l’Ordine o Istituto dei Frati Minori (cioè fratelli che tendono a realizzare al meglio possibile una vera fraternità e a vivere in umiltà, da minori). Nel primo elenco delle Provincie dell’Ordine la Calabria figura al sesto posto, avendo annessa a sé anche la Sicilia. Ben presto giovani entusiasti e generosi abbracciarono l’ideale del Poverello d’Assisi, si sparsero in vari centri della regione e sette frati, partiti come missionari, coronarono la loro vita con la gloria del martirio. Sulle ultime vicende di questi missionari francescani calabresi, si possiedono due relazioni che dall’esame del testo sembrano contemporanee agli avvenimenti. Molti critici, però, non ritengono coeva la lettera di un certo Mariano da Genova che avrebbe scritto a frate Elia per informarlo sulla sorte gloriosa dei missionari. Questo documento non sarebbe stato composto pochi giorni dopo il martirio, come afferma il compilatore, bensì nel sec. XVI-XVII. Sette francescani al principio del 1227 (dirigeva allora l’Ordine frate Elia) fecero vela dalla Toscana per la Spagna con l’intenzione di recarsi successivamente nel Marocco per convertire gli infedeli; erano gli anni dei grandi entusiasmi missionari del giovane Ordine Francescano. I sette figli di San Francesco sono: San Daniele Fasanella da Belvedere Marittimo, Sant’Ugolino da Cerisano, San Nicola Abenante e San Leone Somma da Corigliano Calabro, San Samuele Iannitelli, Sant’Angelo Tancredi e San Donnolo Rinaldi da Castrovillari, quest’ultimo frate non Sacerdote come Sant’Umile da Bisignano solennemente canonizzato il 19 maggio 2002. A capo del gruppo era Daniele, già provinciale della medesima regione. Dopo una breve permanenza in terra di Spagna, in due scaglioni a breve distanza l’uno dall’altro, si trasferirono a Ceuta nel Marocco. Era un atto veramente coraggioso, perché le autorità locali avevano proibito nella zona ogni forma di propaganda cristiana. Svolsero per qualche tempo un’attività presso i numerosi mercanti di Pisa, Genova e Marsiglia che risiedevano nella città, poi, ai primi dell’ottobre 1227, decisero di iniziare la predicazione in mezzo ai musulmani. Nelle strade di Ceuta, parlando in latino e in italiano (non conoscendo la lingua locale), annunziarono Cristo, bollando con roventi parole la religione di Maometto. Le autorità ordinarono la loro cattura: i missionari, dopo essere stati sottoposti a vari interrogatori, furono inviati ad abbracciare l’Islam e poi, di fronte alla loro mirabile costanza, vennero decapitati per la fede a Ceuta il 10 Ottobre 1227. I loro corpi furono straziati; tuttavia, i mercanti cristiani occidentali recuperarono i miseri resti e li seppellirono nei sobborghi di Ceuta. In seguito, le ossa furono trasferite in Spagna, ma oggi non si sa con precisione ove siano venerate, quantunque città della Spagna, del Portogallo e dell’Italia vantino il possesso di qualche reliquia. Frammenti delle ossa di San Daniele furono portati in Calabria nel 1481 dal Cardinale Giovanni d’Aragona, figlio di Alfonso Re di Napoli. Tuttora, sono conservati in un reliquiario esposto alla venerazione dei fedeli nella cappella, che è ritenuta la casa natale di San Daniele Fasanella, nel centro storico di Belvedere. Papa Leone X, con decreto del 22 gennaio 1516, ne permise il culto per il 13 ottobre. Da allora in poi la Provincia Minoritica di Calabria fu denominata dei Santi Sette Martiri che essa venera come celesti protettori. Riguardo al santo frate di Belvedere una tesi interessante viene portata avanti dallo storico Ernesto Apicella, il quale afferma che ad Agropoli San Daniele si incontrò con San Francesco d’Assisi nell’anno 1219. Tesi supportata dalla “Lettera di un anonimo frate calabrese” del 1228/9. S. Daniele era già prete e ascoltandolo ad Agropoli, fu colpito dalla sua parola, per cui decise di entrare nel suo Ordine. Passò poi cinque anni nel noviziato di Corigliano Calabro. Nel 1224 fondò il convento di Santa Maria del Soccorso presso Rogliano e successivamente anche il convento di Gerace Superiore. Nel 1226 divenne padre provinciale della Calabria. S. Daniele è patrono di Belvedere Marittimo. Il suo culto è diffuso anche in Sardegna. Grande devozione è riservata anche agli altri martiri francescani, due di questi i santi coriglianesi Leone e Nicola. La loro devozione è recente: da quando nel 2001 è stata eretta una parrocchia a loro dedicata.