Territorio
San Fili, istituzioni in piazza per ricordare Borsellino
L'Arcivescovo Checchinato: Ognuno si faccia carico della storia per la propria parte
Il 19 luglio 1992 Rita Atria (“Rituzza”, come la chiamava Paolo Borsellino), scriveva: “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita… Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici; la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”. Ma poi continua dicendo: “Bisogna rendere coscienti i ragazzi che vivono nella mafia, che al di fuori c’è un altro mondo, fatto di cose semplici ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di quella persona o perché hai pagato per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non ci sarà mai, ma se ognuno di noi prova a cambiare ce la faremo”. Le parole di Rita Atria lette dall’attrice Marianna Esposito hanno fatto da toccante controcanto al dibattito a più voci dal titolo “La strage di via D’Amelio: l’agenda rossa e i depistaggi” tenutosi in piazza Adolfo Mauro, a San Fili (Cs), nel giorno del 31° anniversario della strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina. Una commemorazione inserita fra le attività del Presidio Libera di Cosenza organizzata con la condivisione dell’amministrazione comunale guidata da Linda Cribari e con il partenariato dell’Osservatorio Falcone-Borsellino, dell’associazione antiracket “Lucio Ferrami”, della compagnia Teatro Rossosimona e del Circolo della Stampa di Cosenza. Proprio la sindaca di San Fili, dopo i saluti istituzionali, ha introdotto gli ospiti dell’incontro – il questore di Cosenza Michele Maria Spina, l’arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano mons. Giovanni Checchinato, il PM Antimafia della Dda di Catanzaro Alessandro Riello, il direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università della Calabria Ercole Giap Parini e la sottoscritta – prima di affidare le redini del dibattito al giornalista e scrittore Arcangelo Badolati, che ha coordinato gli interventi sollecitando con domande specifiche i presenti, non prima di aver fatto un resoconto dettagliato di quanto avvenuto in quel drammatico periodo. “Una ragazza studiosa, seria, positiva, socievole”: così il questore di Cosenza Michele Spina di Emanuela Loi, prima donna a far parte di una scorta e prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio. Riportando la vicenda umana e professionale sua e degli altri giovani agenti periti nell’attentato, il questore ha sottolineato il valore di chi si spende quotidianamente a difesa della democrazia. Affermazione che trova applicazione anche nella magistratura, come affermato da Alessandro Riello, figlio d’arte, ora in servizio alla Dda di Catanzaro: “Se si vuole una democrazia degna di questo nome, diventa fondamentale l’operato di magistrati seri, onesti, indipendenti, come Falcone e Borsellino. Il venir meno di questo principio lo pagherebbero i cittadini a caro prezzo”. Molto apprezzato l’intervento di Monsignor Giovanni Cecchinato, che ha tratteggiato del giudice Borsellino la figura di uomo credente e cristiano nel suo concreto operato a servizio dello Stato. “Se tutti i cristiani – ha affermato l’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano – capissero che il “mondo che vorrei” dipende anche da ognuno di noi, sarebbero meno propensi ad accettare lusinghe o manipolazioni rispetto alla giustizia o alla libertà. Occorre che ogni cristiano si faccia carico della storia che il Signore ci dà da vivere, e farsi carico vuol dire accettare sia la bellezza che la fatica che la vita comporta”. “Non si può ricordare Borsellino senza citare Falcone – ha dichiarato il sociologo Giap Parini nel suo intervento –. Vite straordinarie animate da una tensione verso la giustizia che forse oggi è meno sentita. Cosa lega questi due uomini così diversi? La Costituzione. In essa loro hanno trovato qualcosa per cui lottare”. Ma per Libera e per il suo fondatore, don Luigi Ciotti, la prima e più preziosa eredità che ci ha lasciato Paolo Borsellino consiste nel “coraggio e dovere della verità, nel guardare le cose in faccia e seguire la voce scomoda della coscienza”. “Paolo Borsellino – afferma don Luigi – ci ha insegnato con la sua vita che il bene personale è conseguenza del bene comune. Che non si può essere cittadini a intermittenza o a compartimenti stagni. Che la prima mafia si annida nell’indifferenza, nella disinformazione, nella superficialità, nel quieto vivere, nel puntare il dito senza fare nulla, nel vedere il male e girarsi dall’altra parte”. L’eredità che ci ha lasciato, ha concluso don Ciotti, si ‘chiama impegno e responsabilità’”.