San Giuseppe. Chiamato da Dio a essere padre e custode

La sua vocazione, raccontata dall’evangelista Matteo (1,18-25), si inserisce nelle grandi chiamate da parte di Dio 

Padre amato, padre dell’accoglienza, padre nell’ombra. Questi e altri epiteti utilizzati da papa Francesco nella lettera Patris corde, con la quale ha indetto l’anno santo dedicato a San Giuseppe, ci dicono la caratura del padre putativo di Gesù. Di Giuseppe, i Vangeli dicono poco; ma quel poco apre lo spazio e il cuore a un messaggio grande. La sua vocazione, raccontata dall’evangelista Matteo (1,18-25), si inserisce nelle grandi chiamate da parte di Dio di cui è traccia nell’Antico testamento e che, secondo il vangelo di Luca, aveva visto protagonista la vergine Maria. Giuseppe è un prescelto di Dio per custodire “i precipui tesori” (Pio IX) Maria Santissima e Gesù; per questo il ruolo che Giuseppe ha nella storia della salvezza è eminente. “Così avvenne la nascita di Gesù”, annota San Matteo, e Benedetto XVI, nel suo scritto teologico – spirituale sul Salvatore, chiarisce che quel “così” diventa per noi garanzia della verità della narrazione evangelica. Giuseppe è l’amato di Dio, la cerniera tra l’antica e la nuova legge; è il custode del redentore venuto al mondo, per opera dello Spirito Santo, grazie al sì di una fanciulla. Così, Giuseppe avrà il compito speciale di guidare il bambino Gesù, di educarlo e formarlo, proprio come un papà dei nostri. Egli è il papà di Gesù, pur non essendone genitore naturale. Oggi ci insegna a recuperare la dimensione della paternità per l’edificazione della famiglia. Lo fa a partire dall’accoglienza di Maria, poi del bambino, che con facilità possiamo immaginare sulle sue ginocchia. Come annota l’evangelista, Giuseppe, uomo giusto, appreso della gravidanza della sua sposa (con la quale ancora non conviveva, secondo il diritto matrimoniale in vigore, che prevedeva un doppio momento nuziale), aveva valutato di licenziarla in segreto. Matteo, nel suo racconto, ci presenta un Giuseppe capace di riflettere, di decidere, anche di usare misericordia, non volendo esporre Maria, al principio della sua adolescenza, al pubblico ludibrio, ma di “scioglierla” segretamente. Giuseppe è un uomo giusto, non solo perché rispettoso della legge – secondo Matteo è della stirpe di Davide – ma perché legge nella sua storia la presenza di Dio e pondera ogni reazione. Lo fa nel silenzio, con l’umana debolezza e lo stupore di un evento che non s’aspettava. Finché l’angelo, volto della presenza di Dio, non lo rassicura. “Non temere” è la stessa espressione pronunciata nei confronti di Maria, quando leggiamo anche “il Signore è con te”. Giuseppe è padre perché non si perde in parole, ma “fece come gli aveva ordinato l’angelo”; è padre perché riflette e guida, perché usa fermezza e misericordia al tempo stesso. E’ padre perché riconosce di essere amato, di essere anzi chi-amato e scelto. Perché solo chi sente addosso la brezza leggera dell’amore è capace di dare amore.