Scoperto il muro di Spartaco in Aspromonte

La fortificazione fu eretta da Crasso per circondare l’esercito dei ribelli guidati dal gladiatore trace

Una spettacolare scoperta archeologica è stata fatta in Aspromonte, vicino Reggio Calabria. Alcuni volontari Fai (Fondo per l’Ambiente Italiano), durante i lavori in preparazione delle Camminate nella Biodiversità, sono stati attratti da affioramenti di pietre coperte di muschio, di origine antropica. Sarebbero i resti di una muraglia in pietra e di un terrapieno esteso per oltre 2,7 km riconducibili, con molta probabilità, al “muro di Spartaco” costruito dai romani in epoca repubblicana. Tra gli esperti coinvolti in questo ritrovamento ci sono il professor Domenico Vespia del Gea (Gruppo Escursionisti d’Aspromonte), il prof. Franco Prampolini, docente di Rilievo dei Monumenti all’Università Mediterranea di Reggio Calabria e gli architetti Rocco Gangemi, delegato regionale all’ambiente del Fai, e Dina Porpiglia, capodelegazione Fai Reggio Calabria. Studiando le tracce di insediamenti magnogreci e romani nel Parco dell’Aspromonte, estesi per oltre 600 metri, questi ricercatori sono pervenuti alla conclusione che il manufatto ritrovato sia antico per posizionamento, architettura e struttura, e che sia attribuibile a qualche azione militare. Per anni si sono interessati alle scoperte archeologiche di quest’area dell’Italia meridionale, ma mai avevano sentito parlare di una struttura simile, che arricchisce certamente il patrimonio culturale calabrese. La notizia ha fatto subito il giro del mondo ed è stata ampiamente condivisa con la Soprintendenza ABAP di Reggio Calabria e Vibo Valentia. È stata anche al centro di un convegno tenutosi recentemente a Cittanova e a cui ha partecipato il professor Paolo Visonà, docente di fama internazionale all’Università del Kentucky. Quest’ultimo ha effettuato i dovuti sopralluoghi in Aspromonte, guidato dai rappresentati Fai e aiutato da esperti di altri campi, tra cui il professor George M. Crothers, antropologo e geofisico all’Università del Kentucky, Margo T. Crothers, studentessa alla Washington University di Saint Louis, e James R. Jansson, fondatore della Foundation for Calabrian Archaeology e membro dell’Archaeological Institute of America. Visonà inseguiva da anni il sogno di ritrovare uno dei luoghi in cui si consumò l’epica battaglia tra Spartaco e i romani, avendola trattata in tante pubblicazioni scientifiche, e finalmente ne ha trovato uno. Il punto preciso del rinvenimento è la foresta di “Dossone della Melia” o “Dorsale tabulare”, la barriera naturale che collega l’Aspromonte con le Serre nella Calabria centro-meridionale. Plutarco scrive di questo muro ne “La Vita di Crasso”, dicendo che “I Romani scavarono una fortificazione sull’istmo da mare a mare, lunga 330 stadi, larga e profonda 15 piedi e affiancata da un muro “di mirabile altezza e solidità”. La muraglia, originariamente accompagnata da un enorme fossato che fungeva da sistema difensivo per le truppe romane, fu eretta dal generale Marco Licinio Crasso, allo scopo di contenere e sedare la rivolta degli schiavi guidata da Spartaco. Crasso, vissuto tra il 115 e il 53 a.C., fu un politico e un comandante militare negli anni della Repubblica romana, esponente della Gens Licinia, sostenitore del dittatore Silla durante la guerra civile (83-82 a.C.), affarista, speculatore di beni immobili e pretore. Accrebbe enormemente la sua popolarità partecipando alla “terza guerra servile” o “rivolta di Spartaco”, una delle ribellioni fomentate dagli schiavi che si sollevarono contro la Repubblica romana, controllata dal potere oligarchico. A causare queste agitazioni ci fu un insieme di fattori, riconducibili all’aumento del costo della vita e alla trasformazione subita dall’economia romana in conseguenza delle grandi guerre di conquista del II secolo a.C., insieme al progressivo accentramento del potere nelle mani dei nobili e al vertiginoso incremento di manodopera schiavile, impegnata nelle vaste tenute fondiarie in Sicilia e nel sud Italia. Gli schiavi erano per lo più persone provenienti da popoli nemici che i romani avevano assoggettato, vivevano in condizioni disumane e lavoravano duramente. Il loro generale malcontento, dovuto ad un eccessivo sfruttamento delle loro vite, creò le premesse per lo scoppio di grandi tumulti. Dopo le prime due rivolte, nel 73 a.C. ne scoppiò una terza a Capua guidata da Spartaco, proveniente dalla Tracia ed allevato nella scuola per gladiatori di Cornelio Lentulo Vazia. Dopo aver militato nella cavalleria ausiliaria romana, decise di diventare un bandito, venne catturato dai romani, ridotto in schiavitù e costretto a diventare gladiatore. Era dotato di un talento naturale per il comando e possedeva l’abilità di suscitare coraggio in chi lo seguiva. Lui e altri uomini, fuggiti dalla scuola per gladiatori di Vazia, si ribellarono perché spinti dal risentimento verso Roma. Dopo aver conseguito diverse vittorie sugli oppressori, nel Nord e nel Centro Italia, e dopo aver messo su un esercito forte, Spartaco si diresse verso Sud, nella speranza di portare i combattimenti anche nelle regioni della Lucania meridionale, del Bruzio e della Sicilia, non coinvolte in queste scorribande, e con l’obiettivo di irrobustire ulteriormente le sue schiere reclutando altri schiavi. La sua intenzione era quella di giungere in Calabria per poi imbarcarsi per la Sicilia, dove da poco si era spenta un’altra insurrezione schiavile, e da qui muoversi alla volta dell’Africa per sfuggire all’accerchiamento romano. Spartaco aveva chiesto ai pirati le navi per poter attraversare lo stretto messinese, ma questi ultimi vennero meno alla promessa fatta al condottiero. Fallito il tentativo di sbarcare in Sicilia, il trace si accampò sull’Aspromonte nell’estremità della Calabria. Proprio qui Crasso, nel tentativo di bloccare l’avanzata dei ribelli, eresse delle fortificazioni per accerchiarli e sconfiggerli. Nell’inverno fra il 72 e il 71 a.C. il trace riuscì a rompere lo schieramento romano e procedette verso l’Apulia. Inseguito dalle truppe di Crasso ebbe la peggio e fu sconfitto nel 71 a.C. Circa 6000 schiavi caddero in battaglia, altri ribelli fuggirono verso il settentrione ma furono distrutti, mentre altri 6000 furono crocifissi lungo la via Appia, la strada che collegava Roma a Capua, come monito per qualsiasi altro tentativo insurrezionale. Il gladiatore fu precursore delle lotte degli oppressi contro gli oppressori. Molti storici suggeriscono, tuttavia, che questa rivolta non sia assimilabile ad una lotta di classe e che non abbia avuto la capacità di scuotere il sistema schiavistico romano. La vittoria su Spartaco diede molta visibilità politica a Crasso che, nel 60 a.C., costituì il primo triumvirato insieme a Giulio Cesare e a Pompeo. Un indizio molto importante, in questa scoperta archeologica, è il ritrovamento di numerose armi in ferro rotte, tra cui impugnature di spada, grandi lame curve, punte di giavellotto, una punta di lancia e altri detriti metallici, che fanno intendere che in questo sito si sia combattuta una battaglia. “A un certo punto poi, il muro ruota di 180 gradi, formando una “U”: potrebbe essere stato costruito così per rendere più facile la difesa nel caso dell’avanzata del nemico” ha riferito lo studioso veneto Visonà, pronto a proseguire le ricerche in loco. La muraglia, che divide l’area pianeggiante circostante in due parti, è stata analizzata con l’uso di tecnologie avanzate tra cui il ground-Penetrating Radar, il LIDAR, la magnetometria e i campionamenti del suolo. “Questo muro è una specie di barriera, per via della sua posizione topografica e altri fattori, come l’assenza di cancelli” ha riferito a Live Science Andrea Di Gennaro, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Reggio Calabria e Vibo Valentia, che è stato coinvolto nello scavo. Le ricerche sul sito sono destinate a proseguire in base all’accordo stipulato tra la Soprintendenza e il Ministero della Cultura, al fine di scoprire altro e di proteggere la scoperta dai saccheggiatori.