Editoriali
Se il natalicidio dilaga, noi tutti credenti e non credenti concediamoci una grande tregua
Come avvenne nel 1914, quando i soldati tedeschi e britannici, su opposti fronti, anziché uccidersi decisero spontaneamente, senza alcun accordo, di fermarsi, di attraversare le trincee per incontrarsi nella terra di nessuno, per scambiarsi miseri cibi e poche cianfrusaglie a mo’ di dono, per celebrare qualche rito e per seppellire i caduti. E persino per giocare a calcio. Fu la grande tregua di Natale. Di cui tutti abbiamo un grande bisogno.
Natalicidio: un fenomeno che puntualmente ogni anno uccide il Natale. E che puntualmente fallisce perché tutti, ma davvero tutti, abbiamo bisogno del Natale. E’ natalicidio il Tir che a fari spenti ha travolto le casette del mercatino di Natale di Berlino e la folla festante presente, causando morti e feriti. E’ natalicidio la devastazione di Aleppo, così incomprensibile da non sfiorare la coscienza di nessuno, il cui lamento è flebilmente riportato dai media distratti, con l’eccezione, per la verità, di Avvenire e poche altre testate come la nostra. E’ natalicidio la vicenda di don Pippo, mite pensionato ottantenne, ex venditore ambulante, ucciso in Sicilia da bulli, privi, a detta dei magistrati, di codice etico: perseguitare per mesi, torturare ed infine uccidere un anziano indifeso, così per gioco. E’ natalicidio il prepotente successo della post verità, alla quale si inchinano i social, servitori di un fenomeno capace di sovvertire la politica, l’economia, la medicina (si pensi all’incredibile faccenda dei vaccini!) e il costume con conseguenze reali sulla vita delle persone: narrazioni non vere, palesemente false, che però toccano la “pancia” del popolo e vengono vissute come vere. E’ come se il cervello staccasse la spina alla razionalità: la post verità è il trionfo dell’emotivismo in salsa narcisista esaltato ed amplificato dai social. In definitiva la post verità è l’eutanasia della verità. E’ natalicidio il cortocircuito di amori patologici che esita in stalking e persino in femminicidio: ogni 2-3 giorni una vittima (e tante vittime secondarie: i figli delle donne uccise per mano del loro papà). E’ natalicidio l’irresponsabile devastazione che la politica ha fatto del bene comune, sacrificato sul falò del consenso immediato, della truffa continua, della corruzione: vincono così i prepotenti, i forti, gli astuti. E’ natalicidio l’esaltazione di stili di vita modaioli, disimpegnati, eccessivi, che degenerano nella scelta drogata e insensata di fare del male a qualcuno a caso, tanto per vedere che effetto fa, così come fu nel tragico omicidio del 23enne caduto nella trappola di Foffo e Varano. E’ natalicidio il drammatico suicidio di Tiziana Cantone, sì, certo, ingannata e uccisa dalla sua stessa leggerezza, ma anche, e secondo me soprattutto, da un web troppo crudele. Anche dopo il suo suicidio, anziché calare un pietoso silenzio, i giudizi impietosi hanno ucciso Tiziana due, tre e infinite volte. E’ natalicidio consentire ai ragazzini, a troppi ragazzini e soprattutto troppo precocemente, assumere alcol e droghe, compresa la cannabis, che hanno un effetto devastante sullo sviluppo di cervelli immaturi e pensare di risolvere la questione legalizzando qualcosa. E’ natalicidio il disinteresse per il futuro delle generazioni che ci seguiranno, avvinghiati come siamo ad un individualismo esasperato e al bisogno di soddisfare i nostri bisogni immediati, infrangendo così il patto fra le generazioni. Eppure non possiamo fare a meno del Natale.
Perché Aleppo, gli indifesi come don Pippo, i social, i perseguitati dagli stalkers, gli stalkers stessi e i vari persecutori, la politica, i modaioli disimpegnati ed eccessivi, quelli che con leggerezza diffondono contenuti troppo privati sul web in cambio di qualche like, i ragazzini e le generazioni future e in definitiva tutti, sì tutti, abbiamo bisogno del Natale. No, non per inviare quelle squallide catene di auguri telematici e neanche per fingere ipocrite euforie da buonismo di forma e sorrisi gastrici. Abbiamo bisogno del Natale per sperimentare tutti, credenti e non credenti, la grande tregua: come avvenne nel 1914, quando i soldati tedeschi e britannici, su opposti fronti, anziché uccidersi decisero spontaneamente, senza alcun accordo, di fermarsi, di attraversare le trincee per incontrarsi nella terra di nessuno, per scambiarsi miseri cibi e poche cianfrusaglie a mo’ di dono, per celebrare qualche rito e per seppellire i caduti. E persino per giocare a calcio. Fu la grande tregua di Natale. Il tutto tra lo scandalo dei Comandi e le promesse di punizioni. Ecco, questa è la potenza del Natale: concederci una grande tregua per consegnarci la speranza del cambiamento. Tutti abbiamo bisogno del Natale per costruire il cambiamento autentico e il recupero dell’umano. Altrimenti è natalicidio.
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