Primo Piano
Se la parrocchia diventa green(?)
Per una Chiesa sempre più attenta al Creato
Non solo rispetto dell’ambiente, ma tante risorse da utilizzare
Amore per il creato, rispetto per un pianeta ereditato dai nostri genitori e da consegnare ai nostri figli… tutte argomentazioni buone e degne di nota, ma che, a quanto pare, non sono servite molto per cambiare, o quantomeno orientare, il susseguirsi degli eventi che, a parere della stragrande maggioranza della comunità scientifica internazionale, lasciano poco spazio a previsioni rosee sul futuro del nostro pianeta.Se provassimo a cambiare approccio? Mi spiego meglio: se invece che puntare esclusivamente sull’educazione delle coscienze (che comunque riteniamo prioritaria e l’unica che può produrre risultati nel lungo e medio periodo), cercassimo anche di fare leva su sentimenti un po’ meno virtuosi? Parlo del lato economico che, necessariamente, cammina di pari passo alle politiche green adottate da enti, istituzioni, parrocchie e, ovviamente, singoli cittadini. Ci siamo allora lanciati a fare questo calcolo, grossolano e per alcuni versi approssimativo, ma che, di sicuro, aiuta a inquadrare, in linea di massima, quali sono, o meglio, potrebbero essere, le risorse economiche (che si traducono – giova sempre ricordarlo – in danno per l’ambiente). Partiamo da un dato certo: le parrocchie nella nostra penisola sono circa 26mila. Prendendo in esame la spesa di una parrocchia campione di circa 10 mila abitanti, riguardo ai consumi di energia elettrica, gas metano e acqua, abbiamo stabilito che la spesa annuale per le sopracitate utenze ammonta a 10mila euro; in pratica, un euro ad abitante (fedeli praticanti e non).Da questa spesa (le 10mila euro appunto) – dalle indicazioni date dalla guida che presentiamo nelle pagine successive e secondo la maggior parte degli studi – potremmo tranquillamente ipotizzare un risparmio del 20-25%, se si adottassero comportamenti virtuosi, adeguamenti delle strutture, strategie e sistemi di risparmio energetico. Quindi, parliamo di una cifra di circa 2mila e 500 euro all’anno da utilizzare per progetti sociali, per la carità, per sostenere iniziative pastorali… insomma da reimmettere in un circolo virtuoso.Capiamo bene che, applicando questo criterio all’intera nazione, sempre facendo un calcolo approssimativo, le risorse risparmiate ammonterebbero a circa 15-16 milioni di euro che, per una grossa multinazionale o per chi è abituato ad analizzare bilanci di intere nazioni, potrebbero sembrare poca roba, ma per chi, invece, si scontra ogni giorno con le persone e i loro bisogni, risulterebbero essere una risorsa fondamentale.Allora, è proprio per questo che ci auguriamo che i consigli pratici e gli esempi virtuosi presentati questa settimana nel nostro settimanale (tratti dalla Guida per comunità e parrocchie ecologiche) possano orientare il cammino e le coscienze di quanti vogliono lasciare questo mondo – così come diceva il fondatore degli scout Robert Baden-Powell – un po’ migliore di come l’hanno trovato.
La guida per comunità e parrocchie ecologiche dovrebbe diventare uno strumento utile per aiutare le diverse realtà parrocchiali a orientare nuovi stili di vita virtuosi, rispettosi dell’ambiente e maggiormente attente allo spreco delle risorse economiche che potrebbero essere impiegate in progetti di carità
Non possiamo considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati.” (Papa Francesco – Laudato Si’ n.139). Un richiamo forte, quello di Papa Francesco. Fatto a tutti quanti noi che dovremmo (anzi dobbiamo!) investire maggiori risorse ed energie per la salvaguardia del nostro pianeta. È vero, l’impresa potrebbe risultare particolarmente ardua (e lo è) se affrontata singolarmente, ma potrebbe risultare meno complicata se, a collaborare insieme a noi (e noi con loro), fossero le nostre comunità parrocchiali. Ad analizzare questo tema e, soprattutto, a suggerire alcune prassi concrete da attuare nelle nostre parrocchie, ci ha pensato la “Guida per comunità e parrocchie ecologiche”, redatta dal Global Catholic Movement, insieme alla Focsiv, in collaborazione con Reteinopera e l’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei.La guida che raccoglie anche numerose esperienze realizzate in diverse località del mondo (si tratta di un problema che interessa tutti in maniera globale), parte da una domanda: perché dedicarsi al problema climatico? La risposta è (o dovrebbe esserlo) scontata. Il crescente uso di combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) per produrre energia, crea anidride carbonica, un gas che “intrappola il calore”, aiutando il nostro pianeta a restare sufficientemente caldo per permettere la vita. Il problema è che ora ne abbiamo “prodotto” troppo e, sommandosi a quello naturale presente nell’atmosfera, si stanno verificando condizioni climatiche estreme che, è opportuno sottolinearlo, stanno danneggiando soprattutto i poveri. Pertanto, noi cattolici, sia per amore del Creato donatoci da Dio che per amore di coloro che per primi e più di tutti soffrono fame e sete (e costretti a lasciare il loro territorio: i cosiddetti rifugiati climatici), anche e per colpa dei repentini cambiamenti climatici prodotti dall’innalzarsi delle temperature, dobbiamo sentire la questione ambientale come un dovere morale, assumendo pratiche virtuose nelle nostre case, negli uffici e nella nostra comunità.Fatte salve le buone intenzioni degli stati di lavorare verso obiettivi di riduzioni dei GES (gas ad effetto serra), attraverso i diversi accordi internazionali che, però, più che affrontare il problema sembrano rimandarlo, a noi resta il compito di iniziare a lavorare per mantenere l’innalzamento delle temperature al di sotto della pericolosa soglia degli 1,5 C°.Diamo qualche numero: le parrocchie della Chiesa Cattolica in tutto il mondo sono più di 220mila (26mila solo in Italia). A queste, vanno aggiunti gli uffici, le case canoniche, le strutture educative e di carità e i mezzi (auto e pullman). Poi, ci sono le comunità, fatte di persone (1 miliardo e 285 milioni) che, con le loro scelte quotidiane, influenzano (e non poco) il clima mondiale. Non per ultimo, la Chiesa ha una tradizione di politiche influenti che possono orientare le scelte fatte nei territori, andando ben oltre i confini delle singole parrocchie.Quindi, la necessità di “amare il Creato” e di lavorare, uniti e insieme, nella stessa direzione è un dovere di tutti: parroci, uffici pastorali, fedeli, realtà educative, associazioni e movimenti. Di qui l’esigenza di rapportarsi con uno strumento, la “Guida per comunità e parrocchie ecologiche”, appunto, per fissare gli obiettivi, creare i gruppi di lavoro per la cura del creato, formare le coscienze e sensibilizzare l’intera comunità. Insomma, il concetto di Cura del Creato che ben si presta a momenti di preghiera, omelie e incontri informativi, deve diventare lo stile delle nostre parrocchie, così come quello di prestare attenzione a tutte quelle prassi ecologiche da mettere in atto, che non solo aiuteranno a essere più “green”, ma che contribuiranno anche a risparmiare risorse economiche da destinare a opere ben più importanti.Il primo passo, così come consiglia la guida, è quello di creare un “team verde” che, lavorando a stretto contatto col parroco e con il consiglio parrocchiale, ha il compito di prendersi cura del creato dal punto di vista sociale (quali problemi ambientali colpiscono le fasce più deboli?), educativo (che fare nell’oratorio, nelle catechesi, nelle omelie?) e liturgico (come celebrare degnamente Dio Creatore?). Gruppo che, alla fase di analisi, farà seguire una serie di proposte concrete, a partire dall’uso dell’energia negli edifici parrocchiali (illuminazione, riscaldamento, aria condizionata) e dei carburanti, monitorando ancora bollette e sprechi, così da poter fissare, di volta in volta, obiettivi mirati a un uso più consapevole dell’energia. Così, sostituire le vecchie lampadine a incandescenza con i più economici led o i tubi fluorescenti, passando dal “T12” al nuovo “T8”, inserire i sensori di movimento, isolare meglio i vecchi edifici, riorganizzare gli ambienti, coinvolgendo anche esperti del settore – citando solo alcuni esempi – potrebbero rivelarsi meccanismi utili per risparmiare energia e denaro. Altro tema delicato dovrebbe essere quello relativo agli acquisti, prediligendo detergenti ecologici, oggetti riciclabili, materiali naturali e prodotti a Km 0. Ancora, una corretta gestione e separazione dei rifiuti, un oculato consumo idrico e un’attenta manutenzione del suolo e degli spazi verdi concorrerebbero a una gestione consapevole delle risorse a disposizione. A tutto questo, dove possibile, si potrebbe aggiungere la produzione di energia rinnovabile (solare, eolica, geotermica) che trasformerebbe le nostre parrocchie in tante piccole centrali di energia buona, rispettosa dell’ambiente e dell’uomo.