Attualità
Se l’ospedale è la salvezza per i minori stranieri soli
Tanti i minori stranieri non accompagnati che fuggono dai centri e si trovano, soli e inesperti di vita, in situazioni a rischio. Molti cominciano a dimostrare fragilità psichiatriche, altri subiscono incidenti. E' in questo limbo disperato che li intercettano le strutture ospedaliere. Arrivano al pronto soccorso in ambulanza o inviati dai Tribunali per i minori. L'esperienza dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che riscontra un numero di casi in crescente aumento. Il reparto psichiatria è la principale destinazione. Per alcuni l'ospedale diventa la salvezza.
Arrivano in Italia soli, su un barcone, dopo aver attraversato deserti, aggressioni fisiche, soprusi, fame, costrizioni psicologiche. Sono bambini, adolescenti, molti provengono dall’Africa sub-sahariana, vengono inviati dalle famiglie che hanno riposto nei figli tutte le speranze di una vita migliore per loro e per i familiari rimasti in patria. Tanti sono partiti con i genitori, ma diventano orfani durante il viaggio. Molti hanno alle spalle storie atroci. Una volta arrivati in Italia, vengono inseriti nei percorsi di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, un fenomeno in drammatico aumento: dall’inizio dell’anno a oggi circa 7.700 bambini sono sbarcati sulle nostre coste di cui 6.800 non accompagnati, una cifra tre volte maggiore a quella del 2015, secondo Save the children (durante tutto l’anno scorso ne sono arrivati 16.000). Nei centri le procedure burocratiche per la protezione umanitaria sono lente e farraginose, spesso l’accoglienza non è dignitosa. Molti fuggono, nel tentativo di raggiungere parenti o connazionali nel Nord Europa: a fine 2015 erano irreperibili 6.135 minori, tra cui moltissimi egiziani. Immaginiamo cosa voglia dire per un ragazzo o una ragazza con quei vissuti difficili alle spalle ma inesperto di vita, trovarsi solo, in un Paese sconosciuto, senza soldi, senza sapere la lingua, senza riferimenti, con il rischio di incappare in situazioni rischiose, di sfruttamento o illegalità. Alcuni finiscono in carcere. Molti cominciano a dimostrare fragilità psichiatriche, altri subiscono incidenti. E’ in questo limbo disperato che li intercettano le strutture ospedaliere, come quella dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma (chiamato dai romani “l’ospedale del Papa”), che riscontra un numero di casi in crescente aumento. Arrivano al pronto soccorso in ambulanza o su iniziativa dei Tribunali per i minori. Il reparto psichiatria è la principale destinazione. Per alcuni l’ospedale diventa la salvezza.
Una ventina di minori inseriti in percorsi di recupero. “Quando arrivano in Italia si rendono conto che qui non è il paradiso. Alcuni cominciano ad accusare disturbi psichiatrici. Noi li curiamo e li inseriamo in un percorso di recupero personalizzato a lungo termine, che comprende alloggio, scolarizzazione e inserimento lavorativo”, spiega Lucia Celesti, medico e responsabile dell’Accoglienza e dei Servizi alla famiglia del Bambino Gesù, una squadra di una ventina di persone tra assistenti sociali, educatori e altro personale nelle quattro sedi del polo ospedaliero (due a Roma, Palidoro, Santa Marinella). Hanno una ventina di case che mettono a disposizione per l’accoglienza gratuita di tutti i pazienti e rispettive famiglie in situazione di bisogno, anche questo un fenomeno in vertiginosa crescita dal 2008, anno d’inizio della crisi: oggi sono seguite 3000 famiglie tra italiani e stranieri, erano 200 nel 2000. Attualmente l’ospedale segue una ventina di minori stranieri non accompagnati. Età dai 13 ai 19/20 anni, da Egitto, Senegal, Costa d’Avorio, Ghana…
Abdul, egiziano, cristiano. Storie come quella di Abdul (sono nomi di fantasia), 18 anni, egiziano, cristiano. Partito dalla Libia a 13 anni, ha subito violenze e abusi da altri ragazzini. Arrivato in Italia è fuggito dal centro, si è trovato al centro di episodi di bullismo e ha dato una bottiglia in testa a chi lo derideva. E’ finito in carcere ma lì ha iniziato a dare segni di squilibrio mentale. Lo hanno portato al Bambino Gesù, che ha iniziato a seguirlo. Un assistente sociale lo ha preso sotto la sua tutela paterna, è stato curato nel reparto psichiatria e mandato in una comunità che ospita ragazzi con misure alternative alla detenzione. Abdul, finalmente accolto con amore, ha cambiato rotta. “Ha capito che poteva trovarsi su una cattiva strada – racconta Celesti -. Ora va a scuola e sogna di diventare assistente sociale. Per noi è una grande soddisfazione”.
Fatima, 15 anni, senegalese. O come Fatima, 15 anni, senegalese: “Una ragazzina molto sveglia e coraggiosissima. E’ fuggita da un centro in Sicilia perché voleva raggiungere uno zio a Roma. Una volta qui le sue aspettative sono state deluse. Nessuno si curava di lei, si è sentita persa. Mentre vagava per strada è stata investita da un tram. E’ arrivata da noi in ambulanza con una gamba rotta”. Un percorso di recupero e inserimento confezionato su misura per lei le ha permesso di prendere la licenza media. Ora frequenta un corso per parrucchieri”.
Due progetti per i minori stranieri soli. Certo, non tutte le storie sono a lieto fine. “Alcuni non vogliono restare in Italia e purtroppo li perdiamo di vista”. Il servizio di accoglienza sta lavorando, a maggiore tutela di questi minori con più fragilità, a due progetti specifici: un cartella clinica in formato digitale, in inglese, da portare con sé per evitare maggiori rischi in ogni situazione; e un protocollo di valutazione dell’età anagrafica che preveda, oltre alla visita osteologica, anche l’accertamento del profilo psicologico.