Chiese di Calabria
Sei anni da Vescovo a servizio del Sud
L'anniversario di ordinazione episcopale di monsignor Francesco Savino
Sei anni fa, come oggi, nel vespro della V° domenica di Pasqua, sul sagrato della basilica dei Santi Medici a Bitonto, riceveva l’ordinazione episcopale il nostro amatissimo vescovo Francesco Savino. Sono passati sei anni ma è ancora viva nella mente e nei cuori “l’ebbrezza” di quel giorno benedetto quando sotto lo sguardo amorevole dei Santi Anargiri, don Ciccio, come lo chiamano a Bitonto, confermava il suo “Si” a Cristo e alla Chiesa. “È Cristo, afferma Papa Francesco, che nel ministero del vescovo continua a predicare il Vangelo di salvezza e a santificare i credenti, mediante i sacramenti della fede”.
La Bibbia non prospetta un ragionamento teoretico sulla mansione del ricordo, ma rinviene nell’atto del ricordare una categoria teologica, riferibile all’immagine stessa di Dio. Fare memoria significa riattualizzare il passato rendendolo presente nell’oggi, nella perenne vitalità generativa della comunità. Il ricordo, in sintesi come dice Barsotti, è atto di amore.
E noi vogliamo ricordare non per inverare l’espressione dell’irrequieto scrittore francese, sostenitore del futurismo Apollinaire che amava ribadire “i ricordi sono corni di caccia il cui rumore muore nel vento”, ma per condividere l’affermazione del pedagogista tedesco Jean Paul, secondo il quale “il ricordo è l’unico paradiso dal quale non possiamo essere cacciati”. E forse è vero, come dice Arendt, che “nulla risponde al desiderio umano più del racconto della nostra storia”.
Oggi, in un contesto completamente diverso dal quel 2 maggio del 2015, con una pandemia che impone limitazioni di ogni genere, la parola più semplice, ma più carica di senso che desideriamo pronunciare nel fare reminiscenza di quella fausta circostanza, è “Grazie!”, grazie a Dio per i tanti favori elargiti alla nostra Chiesa, grazie al nostro Vescovo per aver accettato di venire in mezzo a noi “per il servizio della Chiesa e il bene delle anime” come spesso ripeteva il cardinale Schuster, grazie alla chiesa di Bari-Bitonto che ce lo ha donato e infinite grazie e perenne gratitudine soprattutto al nostro vescovo emerito Nunzio Galantino, che fedele al mandato del Signore ha individuato in don Ciccio, suggerendone il nome al Santo Padre, il suo degno successore per continuare a dire il Vangelo in questo lembo di terra calabra bello paesaggisticamente ma segnato da ataviche povertà, attraverso la rosminiana “metafisica della carità”, rivolta all’ingiustizia sociale da sconfiggere e alla cultura della condivisione e dell’Alterità da promuovere e propagare. Il primo sguardo di Gesù non si rivolgeva al peccato dell’altro, ma all’altrui sofferenza. E le coordinate epistemologiche della identità di Savino – il vangelo e i poveri – raccolgono queste ansie e proclamano apertamente l’urgenza di questo giro di boa.
Non è un caso, infatti, se la prima caratteristica trapelata dalla poliedrica personalità del novello pastore, insieme al vasto allestimento nei compositi campi della cultura, sia stata proprio la grande bontà d’animo rivelata nell’amore preferenziale per i poveri e i senza voce, convinto che il Signore si identifica, in modo speciale con loro. Questa opzione preferenziale, per dirla con un linguaggio latino-americano Medellin 78 – Puebla 89, per i poveri, abbozza la figura di un “vescovo fatto popolo”, definizione, questa, affibbiata, prima di lui, al martire Oscar Arnulfo Romero e a don Tonino Bello, entrambi archetipi paradigmatici, cui Savino ispira ogni sua azione.
Già il motto episcopale Caritas Christi urget nos (2 Cor 5,14), che rimanda agli scritti paolini, coerentemente preconizza la testimonianza di un amore intelligente che, facendosi carità, non si sottrae a difficoltà e avversità.
E dopo sei anni siamo qui a contemplare i doni del Signore nella sua opera pastorale, che si lascia declinare come la vicenda di un uomo che ama la Chiesa, di cui sa farsi instancabile cantore, attraverso le categorie della verità e della profezia, ma anche esigente censore, denunciandone i ritardi e le carenze. La verità che sa farsi profezia, per Savino, non è quindi una formulazione astratta di idee, non è solamente una tensione della ricerca umana, ma è un dono, che ha il volto di Gesù, il Cristo.
La Chiesa di Cassano All’Ionio oggi con Lei rende grazie al Padre, implorandone i favori perché nel Suo ministero possa sempre riconoscere l’opera di Cristo a servizio dell’uomo e conceda celestiali frutti di consolazioni alla Sua persona.
Auguri Eccellenza