Sorridere attraverso la mascherina

Editoriale scritto per noi da don Carlo De Marchi.

«Sono un uomo serio, io! Non ho il tempo di fantasticare», ripete ossessivamente l’uomo d’affari che il Piccolo Principe incontra nel suo viaggio tra le stelle. Anche noi spesso cerchiamo giustificazioni per tagliar corto e schivare le persone che incontriamo, come se un saluto gentile e sorridente fosse un lusso che pochi possono permettersi. «Ma la fretta – dice una folgorante battuta di Chesterton – ha il grosso inconveniente che ti fa perdere un sacco di tempo». Sorridere, essere gentili, fermarsi ad ascoltare è un modo di facilitare e rafforzare le relazioni. Non farlo, invece, obbliga poi a investire molto tempo per ricucire continuamente i rapporti, soprattutto in famiglia e sul lavoro. Sorridere avvicina agli altri e favorisce la comprensione reciproca.

Per sorridere però bisogna essere allenati, perché il sorriso di solito non nasce spontaneo, ma richiede una decisione e un esercizio quotidiano. E forse qui troviamo un suggerimento per il nostro personale Avvento, per prepararci alla gioia del Natale: sorridere prima di rientrare a casa la sera o in ufficio la mattina. Sorridere in una videochiamata con un parente anziano. Sorridere mentre si guida nel traffico.

Ma ci sono davvero motivi per sorridere nel mondo di oggi? E pensiamo alle quarantene, ai malati, alle chiusure natalizie, alle zone rosse, gialle e arancioni… e anche alle mascherine, che rendono necessario aggiungere parole e sguardi per far notare il sorriso. Sorridere è sempre possibile ed è una scelta personale. Come suggerisce Papa Francesco: “È ancora possibile scegliere di esercitare la gentilezza. Ci sono persone che lo fanno e diventano stelle in mezzo all’oscurità”.