Stop alla tratta dei migranti. Sono esseri umani.

Vis e Missioni Don Bosco promuovono un'iniziativa per sensibilizzare i giovani - possibili futuri migranti - sui rischi dei viaggi organizzati dai trafficanti di esseri umani, costruendo alternative concrete di lavoro. Perché la migrazione non sia un obbligo ma una scelta consapevole. Da un'indagine condotta dalle due organizzazioni salesiane risulta, infatti, che la percentuale di giovani che vuole partire da Ghana, Senegal e Costa d'Avorio si aggira attorno al 60%.

Un migrante su 2 proveniente da Ghana, Senegal e Costa d’Avorio non sa che durante il viaggio verso l’Europa rischia di morire, di essere arrestato, torturato o rimandato indietro. Moltissimi non sanno nuotare e non conoscono il deserto. Addirittura l’80% dei ghanesi non pensa nemmeno che la morte sia un pericolo concreto. Sei migranti su dieci si muovono spinti da povertà e motivi economici. Sono alcuni dei principali dati che emergono dal primo Rapporto elaborato dall’Ong dei salesiani Vis e da Missioni Don Bosco sulle migrazioni dall’Africa sub-sahariana, realizzato intervistando centinaia di potenziali migranti in ogni Paese. Il Rapporto rientra nell’ambito della Campagna “Stop-tratta – Qui si tratta di essere/i umani” presentata il 13 ottobre a Roma (www.stoptratta.org). La Campagna è indirizzata a 5 Paesi africani (Ghana, Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio, Etiopia) dove operano realtà salesiane, per sensibilizzare i giovani – possibili futuri migranti – sui rischi dei viaggi organizzati dai trafficanti di esseri umani, costruendo inoltre alternative concrete di lavoro per i giovani. Perché la migrazione non sia un obbligo ma una scelta consapevole. La Campagna di sensibilizzazione è condotta attraverso i media locali e i social network, anche nelle lingue locali. In Ghana meno consapevolezza sui rischi. Dall’indagine risulta che i potenziali migranti economici sono circa il 60% in Ghana, Senegal e Costa d’Avorio, ma solo il 20% dei giovani ghanesi ritiene la morte un rischio implicito nel viaggio, contro il 63% degli ivoriani e il 50% dei senegalesi. Diverse sono infatti le situazioni da Paese a Paese. In Ghana, ad esempio, solo il 51% dei potenziali migranti è consapevole che rischia di essere arrestato o deportato durante il viaggio. Il 41% dei giovani vuole partire per motivi di istruzione. In Senegal oltre il 90% dei giovani intervistati ha dichiarato di essere pronto ad andare all’estero (il 40% per trovare lavoro e mantenere i familiari), in particolare chi ha già dei membri della famiglia residenti in Europa. Il 25% del campione senegalese sa che rischia il carcere e il 10% sa del rimpatrio forzato. In Costa d’Avorio il 78% del totale dei giovani intervistati vuole emigrare. Qui aumenta la consapevolezza: oltre il 70% degli intervistati conosce i rischi del viaggio illegale.

“Salvare le vite, accogliere e integrare”: questo deve essere, secondo Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, l’atteggiamento europeo nei confronti delle migrazioni, da affrontare oggi “in maniera strutturale e non più con permessi temporanei e protezione sussidiaria”. “Di fronte alla crisi demografica in una Europa che invecchia e all’esplosione demografica in Africa – ha detto Flick, intervenendo alla presentazione del Rapporto – la migrazione costituisce un fattore di risorse contro la crisi”. A suo avviso bisogna “sfatare la distinzione tra richiedente asilo e migrante economico: molti sono migranti ambientali che non possono più coltivare la terra perché troppo sfruttata o distrutta dai cambiamenti climatici”. È necessario inoltre “superare la pretesa di risolvere i problemi solo contrastando gli accessi e non le cause: la prima risposta contro i trafficanti è l’apertura di canali regolari legali”. Secondo Flick “suscita anche perplessità il sistema delle quote come progettato oggi dall’Europa: i migranti vengono considerati oggetti, se non scarti, come dice Papa Francesco”. Il giornalista e scrittore Gian Antonio Stella ha invitato a “sfidare i razzisti con un pizzico di aggressività”, ricordando loro fatti storici: quando, cioè, “gli emigranti, i peggiori scafisti e trafficanti di bambini a causa della miseria estrema eravamo proprio noi italiani”.

Creare opportunità nei Paesi africani. “La Chiesa cammina in mezzo ai popoli, nella storia degli uomini e delle donne. Sono parole del Papa che abbiamo fatto nostre – ha affermato Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco – e ci hanno spinto a camminare al fianco dei popoli dell’Africa sub-sahariana per dire basta alla tratta degli esseri umani e offrire un’alternativa alla migrazione”. “Riteniamo che l’accoglienza sia fondamentale – ha sottolineato Nico Lotta, presidente del Vis -, ma altrettanto fondamentale è favorire una scelta consapevole da parte dei potenziali migranti attraverso campagne d’informazione e progetti di sviluppo nei Paesi di origine”. Le due realtà hanno già individuato i progetti per creare opportunità: in Senegal, si punterà al rafforzamento della formazione professionale e dell’inserimento occupazionale a Dakar e Tambacounda; in Ghana saranno sviluppate le attività formative in campo agricolo e per le donne. In Costa d’Avorio, si prevede il rafforzamento del centro socio-educativo “Villaggio Don Bosco” a Koumassi, nella periferia di Abidjan e in Etiopia i primi interventi si concentreranno su borse di studio e programmi di supporto scolastico e nutrizionale per giovani a rischio. In Nigeria ci si rivolgerà soprattutto alle donne a rischio tratta di Lagos e Benin City.