Strano Sanremo ai tempi del coronavirus

 Le canzoni sono funzionali al festival come al supermercato, servono per vendere un viaggio in crociera o un abbonamento a internet.

Il festival di Sanremo ha acceso gli animi degli italiani, complice il coprifuoco che li costringe a chiudersi in casa alla sera. Sessanta milioni di critici musicali a sentenziare sulle canzoni livellate verso il basso. La musica di Sanremo è orribile, salvo qualche eccezione. Le canzoni sono funzionali al festival come al supermercato, servono per vendere un viaggio in crociera o un abbonamento a internet. Sanremo ha il merito d’aver anestetizzato la tristezza causata dalla pandemia, ma inquietavano le poltrone vuote del teatro Ariston. Uno spettacolo dipende dagli applausi o dai fischi del pubblico. Ogni cosa, anche la più futile, s’intreccia con la vita degli altri. L’essere diventa umano quando entra in relazione con un altro suo simile. Ad esempio, un prete quando celebra la messa ha bisogno del suo popolo e il popolo del suo parroco. Le sedie vuote a Sanremo hanno rievocato le panche vuote del primo lockdown che ha destrutturato le nostre comunità, le aule vuote delle scuole, le strade vuote delle città. Dopo il secondo giorno di gara canora, le telecamere indugiavano poco sulla platea assente. Il cristianesimo insegna a fissare lo sguardo su un fatto doloroso perché crede nella vittoria del male in virtù della resurrezione. Il festival di Sanremo passa via in fretta, la vita no. Malgrado tutto il dolore del mondo, la vita continua a chiederci di aggiungere un posto a tavola perché vuole farci compagnia. Per ascoltarla basterà spegnere la televisione.