Editoriali
Suicida per disperazione. Che non si porti acqua solo al proprio mulino
La vicenda del giovane di Udine scuote le coscienze. L'indifferenza, come una bolla di sapone, genera disperazione.
Fa riflettere la notizia di Michele, un giovane trentenne di Udine che si è tolto la vita perché disperato per il suo futuro. La chiamano “generazione senza speranza” perché spesso intorno a sé vedono tutto nebuloso, senza prospettive né certezze. Quello di Udine è solo l’ultimo dei casi. Ce ne sono stati in passato e forse ce ne saranno altri in futuro.Un disagio allarmante. Il lavoro non c’é, una stabilità affettiva neanche. I numerosi colloqui per sistemarsi, secondo le proprie competenze, una vera e propria bolla di sapone. Infine, il tunnel. Il suicidio.
Forse è proprio questo il dramma di oggi: la bolla di sapone. Basta soffiare un attimo e tutto svanisce. A volte la bolla è grande, e quando lo è, nel momento in cui si dissolve, corrisponde esattamente alle attese deluse, al silenzio assordante, alle porte chiuse.Non conta la fatica: non c’é mercede per gli operai. Il vero dramma è l’indifferenza, la non curanza, quel volto girato dall’altra parte. Le mani sulla bocca, sugli occhi, sulle orecchie. Il dramma di Michele è quello di tanti che non trovano né attenzione, né ombra di ristoro. Nessuno forse gli ha aperto uno spiraglio reale di luce.
Scriveva monsignor Ignazio Sanna, Arcivescovo di Oristano, che, per far risplendere l’humanum, occorre riscoprire la “paternità di Dio”, unica speranza capace di portare al mondo la salvezza. Parafrasando, può dirsi che c’é un grande bisogno di scoprire e approfondire la fraternità. L’ascolto, l’accoglienza, l’incontro, sono gli antidoti per costruire insieme una società più solida in cui nessuno si senta più mortificato.
Nessuno porti acqua solo al proprio mulino.