Diocesi
Suor Eugenia Amodio: la beata Elena Aiello e papa Benedetto XVI
Sotto il pontificato di Ratzinger la beatificazione della Monaca Santa, un evento di grazia per la congregazione delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
La beatificazione di suor Elena Aiello, il 14 settembre 2011, è stato un evento di grazia per la Chiesa e per la Diocesi bruzia. Papa Benedetto XVI si interessò alla figura e alla spiritualità della monaca santa, che definì “un’anima eminentemente eucaristica”. Carico di emozioni anche l’incontro che la superiora generale delle Suore Minime della Passione di Nostro signore Gesù Cristo ebbe con il pontefice tedesco. Abbiamo intervistato l’attuale superiora generale madre Eugenia Amodio.Suor Eugenia, che ricordi e che emozioni ha provato quando ha incontrato per la prima volta Papa Benedetto XVI?Durante gli anni del suo Pontificato, io non ho avuto la possibilità di poterlo incontrare personalmente, l’ho visto, invece, ad una distanza piuttosto ravvicinata, in ben due occasioni e durante due udienze generali del mercoledì, in Piazza San Pietro. La prima volta durante un pellegrinaggio organizzato a Paola dalla Parrocchia S. Maria di Portosalvo, e la seconda durante quello organizzato l’anno dopo a Roma in occasione della Beatificazione di Madre Elena.Fu un’emozione intensa e bellissima, soprattutto, la prima volta, quando trovandomi vicinissima alla transenna, Lui mi passò davanti, mentre la papamobile faceva il giro della Piazza. Fui attratta dal candore del suo vestito, dalla dolcezza del suo sorriso e dalla bellezza del suo braccio benedicente; mi sembrò di avere davanti una figura ieratica, eccelsa, una persona con i piedi sulla terra, ma già immersa nelle realtà di Dio. La seconda volta, con altre sorelle dell’Istituto, ho avuto la fortuna di avere un posto riservato, proprio sul sagrato di San Pietro, da dove vedevamo il Papa di profilo. Trovarmi lì e poter vedere le persone che salutavano il Papa, mi faceva esultare insieme a loro, fino a quando non arrivò il turno di vedere arrivare dal Papa, la Superiora Generale del tempo, Madre Paola Pennisi e il Postulatore di Madre Elena, Rev.do Don Enzo Gabrieli. In quel momento ci fu un’esplosione di gioia così grande, da parte del nostro gruppo, da far sussultare quasi l’intera piazza. Fu una gioia mista anche a commozione e riconoscenza per il dono che Papa Benedetto aveva fatto alla Chiesa e al nostro Istituto, firmando il Decreto della Beatificazione di Madre Elena Aiello, che, pur nella nostra piccolezza, faceva sentire noi sue figlie delle privilegiate. Che rilievo ha avuto il suo Pontificato per voi Madri della Congregazione delle Suore Minime?La mia elezione a Superiora Generale, avvenne il 20 agosto del 2013, in un Anno veramente particolare. Eravamo, infatti, nell’Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto XVI l’11 ottobre 2012, un anno dedicato ad intensificare la riflessione sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rinvigorire e a rendere più consapevole la propria adesione al Vangelo, anno che, poi, si è concluso il 24 novembre 2013. Successivamente l’Anno della fede è stato accompagnato dall’Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sul tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, tema importante, perché impegnava nell’annuncio del Vangelo in una società secolarizzata, in cui è difficile testimoniare i valori cristiani. Benedetto XVI, senza che io lo potessi immaginare, tramite l’indizione dell’anno della fede, mi aveva già indicato la soglia da varcare all’inizio del mio mandato. “La fede” fu infatti la chiave “di svolta” del nuovo cammino, a cui ho dato inizio con molto timore e trepidazione. Spesse volte mi sono lasciata prendere dalla paura, dallo scoraggiamento e dall’incapacità di saper riconoscere la presenza di Dio nella gravità dei problemi, in cui spesse volte, sono incorsa. La certezza di avere accanto a me il Signore, sempre pronto ad aiutarmi e ad alluminare ogni mia scelta, mi ha dato la forza di perseverare e credere con tutte le mie energie, che con Lui potevo farcela. Papa Benedetto mi ha aiutato a comprendere pienamente che “chi crede in Dio non è mai solo”. Di fronte a qualunque difficoltà, mediante il mio rapporto di fede con Signore, ho sempre avuto la consapevolezza che la fede in Gesù non poteva escludere la prova, la sofferenza e la solitudine. Certe prove, infatti, mi hanno consentito di avvicinarmi di più al Signore e al disegno di bene, che Lui aveva su di me e sull’intero Istituto. Il defunto Papa emerito ha definito Madre Elena Aiello “Anima Eminentemente Eucaristica”. Ce ne vuole spiegare il significato? Papa Benedetto non poteva dare una definizione più bella della nostra Beata. Quella di Madre Elena Aiello, infatti, donna consacrata, unita alla Passione del Signore Gesù, fu un’esistenza “eucaristica”, fondata sulla spiritualità del sacrificio e della sofferenza, offerti come dono d’amore. Consapevole che la Croce e l’Eucaristia sono la pietra di paragone della nostra fede (CdA,22), in questi due pilastri fondamentali della vita cristiana, lei trovò il segreto e la forza determinante della sua vita, offerta all’amore incondizionato per l’infanzia bisognosa, gli orfani, i deboli e gli ultimi. Legata all’Eucaristia da un rapporto molto intimo e profondo, la nostra Beata fece della sua esistenza un continuo rendimento di grazie, per tutto quello che riusciva ad operare, con le sue povere forze. Nel ritmo degli impegni quotidiani, sicura che l’Eucaristia infonde nel cuore la carità di Cristo e la speranza del Regno, assumeva la carità come principio fondante, che sostanzia tutto il suo vissuto esperienziale. Come figlia devota e fedele della Chiesa, Madre Elena cercava sempre di far tesoro di tutto il bene spirituale racchiuso nell’Eucaristia, che ha costituito il fondamento di ogni suo progetto, evangelicamente fecondo e creativo. Come definirebbe il Pontificato di Ratzinger alla luce dei cambiamenti che la Chiesa ha subito negli ultimi anni?Da quel poco che sono riuscita ad approfondire, attraverso la mia riflessione di questi giorni, di sicuro è stato un Papato illuminato e ispirato. Papa Benedetto XVI, che è stato uno dei più grandi teologi del XX secolo, un Padre e un Maestro autorevole, si è battuto fino allo sfinimento contro la “dittatura “del relativismo nella Chiesa, di una Chiesa che deve restare salda nella fede, ma aperta al dialogo, cristocentrica, lontana dalla mondanità, distratta dal fare, ma più spirituale, più vicina a Dio. La sua rinuncia nel 2013 è stato un evento straordinario, una vera rivoluzione per la Chiesa cattolica, che nessuno si aspettava. Con il gesto delle sue dimissioni, “un gesto da santo e da saggio”, come lo hanno definito alcuni, gesto di coraggio, forza morale, libertà interiore e di grande umiltà, ha voluto dimostrare che nella Chiesa, anche se il Papa è infallibile, neanche lui era onnipotente. Attraverso la rinuncia al Papato ha fatto i conti con la fragilità della sua umanità. Papa Benedetto ha insegnato alla Chiesa che non si può inseguire la popolarità a tutti i costi, non ha avuto paura di rimanere solo, pur di proclamare una verità scomoda. Nel momento della tempesta Papa Benedetto è stato il buon nocchiero che ha tenuto saldo il timone della Chiesa. La storia del Suo pontificato è la storia di un “papà”, un papà che ha sempre mantenuto quella ferma dolcezza di chi è consapevole di aver ricevuto da Cristo l’incarico di “confermare” i fratelli nella fede. Sicuramente non è stato un Papa dell’attualità, ma della profondità, che aveva il carisma di rendere comprensibili a tutti contenuti teologici di altissimo valore.