Primo Piano
Un imbarazzante silenzio. Le prime pagine dei giornali diocesani
I settimanali cattolici, in uscita in questi giorni, analizzano con sgomento l’eccidio avvenuto in Kenya, che è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi di inaudita violenza. "In tutte queste stragi - rilevano le testate Fisc - la religione è un pretesto, ma è inquietante il silenzio dell’Occidente".
“L’uccisione di 148 studenti cristiani ha segnato un picco di barbarie e di violenza inimmaginabile”. I giornali aderenti alla Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), in uscita in questi giorni, analizzano con sgomento quanto l’eccidio avvenuto in Kenya, che è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi di inaudita violenza. “In tutte queste stragi – rilevano le testate Fisc – la religione è un pretesto per conquistare potere e per affermare un’identità contro altre da sopraffare, ma è inquietante anche il silenzio dell’Occidente su quanto sta succedendo”. Tra gli altri argomenti affrontati dai settimanali: cronaca e vita delle diocesi. Proponiamo una rassegna degli editoriali giunti ad oggi in redazione.Stragi senza fine e silenzi inquietanti. “Non ha patria il terrore, non ha capo né nazione”. Kenya, Nigeria, Iraq, Pakistan, India, Sudan, Libia, Turchia. Il pensiero sulle terre macchiate dal sangue dei cristiani uccisi per la loro fede accomuna le riflessioni. “L’appello del Papa non incita allo ‘scontro di civiltà’ e neanche si adegua al mutismo e al linguaggio felpato delle diplomazie internazionali. Chiama per nome le cose senza incitare alla ‘guerra santa’, magari travestita da inconfessati interessi occidentali. Emerge così quella ‘differenza’ del cristianesimo che è la via migliore di tutte e che probabilmente, a lungo andare, non può lasciare indifferente il nostro mondo, per quanto distratto ed annoiato”. Il Corriere Cesenate (Cesena-Sarsina), il Ticino (Pavia), il Nuovo Giornale (Piacenza-Bobbio), il Popolo (Tortona) e la Voce Alessandrina (Alessandria) rilanciano la nota di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, pubblicato dal Sir, nella quale il presule commenta le parole del Papa nel messaggio pasquale, che “fotografano la condizione di un mondo che ha assistito attonito alla tragedia del campus universitario di Garissa con il martirio di 148 giovani cristiani”. “Che avrei risposto io alla domanda se ero cristiano?”. Questa domanda si pone Vincenzo Finocchio, direttore dell’Appennino Camerte (Camerino-Sanseverino Marche), a proposito della strage di giovani universitari cristiani a Garissa, in Kenya. “Riconosco – aggiunge – che è più facile sdegnarsi per l’efferatezza della strage dei 148 giovani cristiani di Garissa che farsi questa domanda. Nei giornali di questi giorni non ho trovato la domanda di cui sopra. Ho ammirato i giovani martiri figli di una chiesa africana ancora giovane. Sono pochissime le diocesi africane che possono festeggiare i cento anni di fondazione. E questo particolare rafforza lo stupore e l’ammirazione, ma rende la domanda ancora più stringente”. Gianpiero Moret, direttore dell’Azione (Vittorio Veneto), sottolinea come ci sia poca attenzione verso la persecuzione dei cristiani: “Questa indifferenza dell’Europa ci addolora quanto la persecuzione dei nostri fratelli. C’è una sorda ostilità, certo non solo dei nostri giorni, ma che va aumentando, contro il cristianesimo da parte di un continente che è sempre pur detto cristiano. Questo ci deve far riflettere. Perché il rifiuto di questa identità? Perché questa paura della fede cristiana? C’è forse qualcosa anche da parte dei credenti e delle chiese che deve cambiare? Non lo so. Riflettere su questi interrogativi e cercare delle risposte, ci può aiutare a trovare modi sempre più adeguati di essere presenti come cristiani nel nostro mondo”. Vincenzo Rini, direttore della Vita Cattolica (Cremona), denuncia: “Ma 148 studenti ammazzati barbaramente senza alcuna colpa valgono meno di 12 giornalisti ammazzati per una vendetta insensata? Il mondo civile ha due pesi e due misure: ci sono massacri per cui vale la pena protestare e altri per cui è preferibile far finta di nulla. L’Occidente un tempo cristiano ritiene che non ci si debba dar pensiero per difendere i cristiani. Bene ha detto Papa Francesco che queste ripetute stragi di cristiani avvengono nel disinteresse e nel silenzio colpevole del mondo. Mi sorge spontanea una riflessione, provocatoria forse, anche troppo – di cui chiedo venia in anticipo ai signori dell’Occidente, ma non riesco a tacerla -: è certamente barbarie l’ammazzare giornalisti e giovani cristiani; ma è pure barbarie il ritenere che l’assassinio di 148 giovani cristiani sia meno barbaro dell’assassinio di 12 giornalisti”. Vincenzo Tosello, direttore di Nuova Scintilla (Chioggia), evidenzia: “Spiccano da qualche tempo le atrocità deliberate contro i cristiani, visti forse come emblema della civiltà occidentale da contrastare e abbattere. Eppure questa stessa civiltà sembra piuttosto indifferente e rivela una certa ignavia – o eccesso di prudenza – nell’intervenire. Farlo militarmente arrecherebbe probabilmente ulteriori danni. Ma tutte le altre forme possibili vanno perseguite, e subito, senza tentennare. Una premessa, forse, potrebbe essere quella di riscoprire veramente – noi occidentali, ormai largamente secolarizzati – il valore incomparabile delle nostre ‘radici cristiane’ che ci hanno portato a questo grado di maturità, di rispetto e di libertà da far invidia a chi parte da sensibilità opposte, purtroppo tuttora origine di odio anche fraterno e di tutti contro tutti”. Per il Nuovo Diario Messaggero (Imola), “spetta alla comunità internazionale impedire violenze ai danni d’innocenti. L’identità cristiana porta con sé libertà, pensiero indipendente, razionalità e concretezze quotidiane che infastidiscono le realtà non democratiche. Nella tradizione cristiana le relazioni con gli altri si basano sul dialogo e sul rispetto della dignità altrui. Un modello unico di vita e pensiero mal si concilia con l’essere cristiano. Il Papa parla di silenzio complice, come se i diritti di chi crede in Dio non fossero uguali a quelli di chi non ci crede. Quando in Libia lo Stato islamico decapita 21 copti egiziani, la stampa francese parla semplicemente di cittadini egiziani, omettendo di spiegare che sono stati uccisi per non avere rinunciato alla propria fede. C’è reticenza a difendere i diritti delle persone. Rischiamo che il silenzio generi tragedie ancor più grandi”. Lauro Paoletto, direttore della Voce dei Berici (Vicenza), afferma: “Questo silenzio colpevole sembra l’ultima manifestazione di una crisi di identità che sta attraversando in particolare l’Occidente e soprattutto l’Europa. L’esperienza religiosa sembra derubricata dagli elementi costitutivi e fondanti ogni persona e comunità. La libertà religiosa sembra non essere riconosciuta come una delle componenti basilari una convivenza civile degna di questo nome”. Bruno Cescon, direttore del Popolo (Concordia-Pordenone), ricordando la vicenda della proibizione di un manifesto a favore dei cristiani d’oriente nel metrò di Parigi, rincara la dose: “L’Europa, i paesi occidentali dichiaratisi missionari della democrazia e paladini della libertà che fanno? Un imbarazzante silenzio”. Adriano Bianchi, direttore della Voce del Popolo (Brescia), fa notare: “L’efficacia della reazione non è solo un fatto politico, è culturale, religioso, diplomatico e mediatico”, ma di certo si pongono per l’“Occidente evoluto alcuni interrogativi sul ruolo, lo spazio e l’attenzione che hanno dato negli ultimi decenni alle religioni. Il primo interrogativo tocca il costante tentativo implicito ed esplicito di ridurre all’irrilevanza la religione nella società, nella politica e nella vita delle persone”. Il secondo interrogativo “riguarda la scarsa considerazione del diritto alla libertà religiosa. Cosa hanno fatto le nazioni fino a oggi per far sì che si affermi una reale libertà religiosa in tutti gli Stati? Siamo certi che niente abbia a che fare questo fatto con la pace?”. Rendere “assordante il grido di coloro che sono oltraggiati, perseguitati ed uccisi”: è il suggerimento che offre Bruno Cappato, direttore della Settimana (Adria-Rovigo): “Questa forza che passa attraverso la solidarietà della comunicazione che è oltretutto un elemento qualificante della nostra realtà di oggi potrebbe fare molto. Il problema è piuttosto quello di smuovere coloro che hanno in primis l’uso e la proprietà di grandi mezzi di comunicazione e arrivare a chi effettivamente ha la possibilità di proteggere, difendere e salvare la povera gente che viene uccisa”. Luca Rolandi, direttore della Voce del Popolo (Torino), sottolinea: “In molte parti del mondo la violenza domina, irrobustita dal fanatismo religioso, dall’idea di un totalitarismo teocratico che dal Medio Oriente all’Africa, vuole distruggere libertà religiose e politiche. Guerre civili e diffuse, esecuzioni, torture, inumane condizioni di vita di milioni di abitanti del pianeta ci dicono che il cammino di umanizzazione sulla terra è ancora molto lungo e la responsabilità di tutti dovrebbe essere orientata a costruire una dimensione sociale a difesa della vita. Bisogna costruire relazioni di convivenza alle quali tolleranza, libertà, democrazia, dignità non siano solo espressioni filosofiche o desideri ma impegno di verità e di responsabilità sociale”. Intanto, domenica 12 aprile, ricorda la Gazzetta d’Asti (Asti), tra i “crocifissi della storia”, il Papa “celebrerà una Messa in San Pietro per i fedeli di rito armeno, in occasione del centenario del genocidio. Durante la celebrazione dichiarerà Dottore della Chiesa uno dei più grandi santi armeni: Gregorio di Narek”. Cronaca. Diversi gli spunti dalla cronaca. Innanzitutto, si parla di uno spiraglio per la crisi. “Qualcuno ha cominciato a dirlo, scaramanticamente sottovoce, un po’ di mesi fa: ci sono timidi cenni di ripresa. Qualche indicatore economico sembra confermarlo. È presto per dire se si sta avviando una stabile inversione di tendenza oppure se è la proverbiale rondine che ‘non fa primavera’. Tuttavia bisogna registrare che l’emorragia continua e progressiva di posti di lavoro e di ricchezza prodotta sembra arrestata, o almeno sensibilmente ridotta”, dichiara Paolo Lomellini, direttore della Cittadella (Mantova). I problemi, però, restano, almeno per quanto riguarda il rispetto dei diritti. “Improvvisamente l’italiano medio, non particolarmente informato sulla situazione della tutela dei diritti umani nel suo Paese, scopre che in Italia la tortura non è sanzionata come reato in quanto tale” e “in questo quadro quanto mai deprimente, martedì scorso è scoppiata la notizia bomba della sentenza con la quale la Corte europea ha qualificato come ‘tortura’ l’aggressione da parte della polizia alla scuola Diaz di Genova, dove dormivano i manifestanti accorsi in città in occasione del G8 (21 luglio 2001)”: lo sottolinea Antonio Ricci, direttore del Corriere Apuano (Massa Carrara-Pontremoli). Di vita e morte si occupa Emmaus (Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia): “Eutanasia è essenzialmente questo: finché possiamo, dobbiamo sopprimere il dolore, reciderne le radici, disinnescarne i morsi. E quando la lotta dovesse divenire improba, sostituirlo con la dolce morte”, ma “un cristiano non può svendere la propria morte per un piatto di lenticchie, per una pausa nel viaggio della sofferenza. Troppo importante per decidere volontariamente di viverla da narcotizzati, di non esserci, lì, al termine di una vita che, come ci ricorda Chiara Corbella, è cominciata con la nascita, quell’evento assoluto che ci ha fatto cadere fuori dal nulla, e non finirà mai”. Ancora questioni etiche. Partendo dal caso dell’Aifa che “ha sentenziato che la cosiddetta pillola dei cinque giorni dopo si può vendere in farmacia senza ricetta”, Stefano Fontana, direttore di Vita Nuova (Trieste), osserva: “In virtù dell’esaltazione della scienza, la cultura occidentale ha spesso osteggiato oltre che deriso la fede religiosa. Lo ha fatto fino al punto da esprimere un assolutismo fanatico quale solo le fedi religiose si pensava potessero esprimere. Ma l’esito finale è oggi ben altro. La scienza non crede più nemmeno in se stessa. E la politica è come l’orbo che si fida del cieco”. L’Eco del Chisone (Pinerolo) riporta la bella storia di Irene, una giovane studentessa disabile pinerolese all’ultimo anno di Giurisprudenza, che “pratica curling agonistico e scia a Sestriere”. Non sono trascurate questioni locali. Nelle borgate, caratteristiche del territorio locale, “non mancano le iniziative, di vario tenore, per mantenere vive tradizioni, consuetudini, ricorrenze… che connotavano questi angoli, cari a generazioni pressoché tramontate. Non aiuta certo l’invecchiamento inarrestabile che incide marcatamente nelle piccole realtà geografiche, ponendo altri problemi umani e sociali per stare accanto a persone cariche di anni e di acciacchi, spesso in condizione di quasi solitudine”, afferma Corrado Avagnina, direttore dell’Unione monregalese (Mondovì). Attualità ecclesiale. Non manca l’attualità ecclesiale. La Valsusa (Susa) ospita le parole del Papa a Pasqua: “Il mondo propone di imporsi a tutti costi, di competere, di farsi valere… Ma i cristiani, per la grazia di Cristo morto e risorto, sono i germogli di un’altra umanità, nella quale cerchiamo di vivere al servizio gli uni degli altri, di non essere arroganti ma disponibili e rispettosi”. Giordano Frosini, direttore della Vita (Pistoia), osserva: “Pasqua è tempo tipico di riflessione e di cambiamento per tutto ciò che porta il nome di cristiano, perché una pasqua che lascia il tempo che trova è una grazia buttata via, un richiamo inascoltato, un invito mortificato dalla pigrizia e dal quieto vivere. Pressappoco come quelli che, nella confessione sacramentale, non sanno dire altro che hanno gli stessi peccati di sempre. Il disimpegno eretto a sistema, l’immobilità consacrata dal tempo, la mediocrità divenuta norma di vita. Pasqua è per definizione l’inizio del mondo nuovo, quello personale e quello ecclesiale”. Ricordando il gesto del vescovo di Padova, che il Giovedì Santo ha lavato i piedi a dodici profughi, Guglielmo Frezza, direttore della Difesa del Popolo (Padova), afferma: “Che fuggano dal terrorismo, dalla fame, dalla mancanza di futuro per i loro figli, fa poca differenza. Serve un’accoglienza saggia e responsabile, ha ricordato ancora il vescovo, capace di coniugare diritti e doveri. Ma accoglienza, non chiusura egoistica: certo, le cause sono “globali” e le forze in campo ben più “grandi di noi”, ma questo non ci esime dalle nostre responsabilità. Come singoli e come comunità, con i nostri gesti ma anche con le parole che usiamo, possiamo essere parte – piccola magari, ma mai insignificante – della soluzione, o parte del problema. Alla fine, sta a noi decidere”. Il Corriere Eusebiano (Vercelli) ricorda che l’arcivescovo Marco Arnolfo per la prima volta ha presieduto i riti pasquali, sottolineando un aspetto fondamentale di Vercelli: “Una città fraterna e orante”.