Chiesa
Un nuovo pellegrinaggio d comunione
Al capezzale di tanti sofferenti. I migranti segnati nella carne dalla paura e dai respingimenti
Accoglienza, ospitalità, cuori animati dal desiderio di “creare comunione tra le differenze umane, culturali, religiose”. “La sfida è elaborare la passione per l’insieme, che ci conduca – cattolici, ortodossi, fratelli e sorelle di altri credo, anche fratelli agnostici – ad ascoltarci reciprocamente, a sognare e lavorare insieme, a coltivare la “mistica” della fraternità”. È la “consegna” che Papa Francesco ha affidato oggi pomeriggio alla comunità cattolica di Grecia. Lo ha fatto incontrando vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e catechisti nella Cattedrale di San Dionigi di Atene. E’ una Chiesa minoritaria, costituita da comunità di tre tradizioni liturgiche: quella latina, quella bizantina e quella armena. Anche qui sono arrivate globalizzazione e secolarizzazione che – come ha detto al papa mons. Sevastianos Rossolatos, arcivescovo emerito di Atene, presidente della Conferenza episcopale di Grecia – “hanno indebolito il supporto sociale della fede tradizionale e mostrato le falle, tuttora presenti, del nostro modo di coltivare la fede”.Prendendo la parola, Francesco ha reso onore a questa grande Nazione, la Grecia, “terra che è un dono”, “un patrimonio dell’umanità sul quale sono state costruite le fondamenta dell’Occidente”.Ed ha indicato ai cattolici l’apostolo Paolo come modello anche oggi da seguire. “Era solo, in minoranza e con scarse probabilità di successo”, osserva Francesco. “Ma non si è lasciato vincere dallo scoraggiamento” perché aveva “fiducia nella grandezza di Dio, che ama operare nella nostra piccolezza”. Il Papa ha esortato i cattolici a non avere l’ossessione della “magnificenza dei grandi numeri”. “Vorrei dirvi: benedite la piccolezza e accoglietela. Vi dispone a confidare in Dio e in Dio solo. Essere minoritari – e nel mondo intero la Chiesa è minoritaria – non vuol dire essere insignificanti, ma percorrere la via aperta dal Signore, che è quella della piccolezza: della kenosis, dell’abbassamento, della condiscendenza”.
Prima di incontrare la comunità cattolica, il Papa era stato ricevuto da Sua Beatitudine Ieronymos II, arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia nella Sala del Trono dell’Arcivescovado Ortodosso di Grecia. Non è la prima volta che il Papa e l’Arcivescovo si incontrano. Nonostante i passi di dialogo compiuti e la presenza attiva della Chiesa Ortodossa di Grecia alla Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico, le relazioni ecumeniche non sono facili. Il Papa coglie quindi questa occasione per pronunciare parole forti e umili di vergogna e perdono per gli errori che sono stati commessi anche da parte della Chiesa cattolica e che in qualche modo possono aver ostacolato le relazioni tra le due Chiese. “Con vergogna – lo riconosco, Beatitudine, per la Chiesa Cattolica – azioni e scelte che poco o niente hanno a che vedere con Gesù e con il Vangelo, improntate piuttosto a sete di guadagno e di potere, hanno fatto appassire la comunione. Così abbiamo lasciato che la fecondità fosse compromessa dalle divisioni.La storia ha il suo peso e oggi qui sento il bisogno di rinnovare la richiesta di perdono a Dio e ai fratelli per gli errori commessi da tanti cattolici”.“Siamo cresciuti lontani”, ha ammesso Francesco. “Veleni mondani ci hanno contaminato, la zizzania del sospetto ha aumentato la distanza e abbiamo smesso di coltivare la comunione”. Il Papa è venuto anche qui ad Atene come costruttore di unità. Chiede: “Come possiamo testimoniare al mondo la concordia del Vangelo se noi cristiani siamo ancora separati? Come possiamo annunciare l’amore di Cristo che raduna le genti, se non siamo uniti tra di noi?”. I cristiani hanno molto da fare. Nel suo discorso il papa parla dei “tanti fratelli e sorelle migranti” che “non possono essere lasciati nell’indifferenza”. Parla del “Mediterraneo” che non può essere lasciato come “luogo che preoccupa e divide, ma anche come mare che unisce”. E lancia la proposta a “non restare paralizzati dalle negatività e dai pregiudizi di un tempo, ma a guardare la realtà con occhi nuovi”.
Nell’accogliere il Papa alla Sala del Trono, l’arcivescovo Ieronymos pronuncia parole cariche di affetto. “Nutro grande stima e affetto per la persona di Vostra Santità”, dice. E soprattutto aggiunge:“Questa è la ragione per cui sono certo che Vostra Santità, in quanto riformatore Primate della Chiesa cattolica romana, sappia come scrollare i pesi del passato”.
Due i temi forti affrontati nel suo discorso dall’arcivescovo. Il primo è relativo alla questione dei migranti, ricordando il viaggio fatto cinque anni fa a Lesbo insieme al Papa e al Patriarca Bartolomeo: “Non sono più sufficienti le belle parole”. L’arcivescovo lamenta l’immobilismo dei leader degli Stati potenti e delle organizzazioni internazionali. E al Papa dice: “Insieme dovremo smuovere le montagne, i muri e l’intransigenza dei potenti della terra”. Poi il discorso vira sulla questione ambientale. D’altronde la Grecia è stata devastata questa estate da incendi violenti che hanno distrutto interi paesi e isole e provocato vittime.Ieronymos ha denunciato più volte la responsabilità dei politici. Si è recato sui luoghi più colpiti dagli incendi, aprendo monasteri e chiese per accogliere gli sfollati. Normale che qui si senta forte la delusione per le decisioni deboli prese dai grandi leader mondiali a Glasgow alla Cop26.“Faccio appello a Vostra Santità – dice Ieronymos – affinché si unisca a me nella condanna di questa politica miope degli Stati più forti, potenti nella produzione dell’energia. Non è sufficiente programmare benessere, profitti e soluzioni facili. Non è sufficiente usare argomenti superficiali nel richiedere più tempo apparentemente necessario per rimediare. Lo dobbiamo ai nostri figli”.