Editoriali
Unioni civili. Quelle liste da tribunale del popolo
Trentasei nomi (ora ridotti a ventuno) di senatori del Pd che hanno espresso dubbi sulla cosiddetta stepchild adoption, la possibilità di adottare il figlio biologico del compagno prevista dal disegno di legge sulle unioni civili, sono apparsi ieri sul sito Gay.it. Il messaggio è chiaro: da oggi nessuno si senta più libero di esprimere le proprie idee, se non vuole che il suo nome finisca nella lista dei cattivi...
Le prime, a memoria d’uomo, furono quelle scritte dal dittatore Silla contro gli oppositori. Elenchi pubblici stilati in punta di spada che bandivano gli avversari politici, li privavano dei beni e, soprattutto, consentivano a chiunque di ucciderli con ricompensa a carico della Repubblica. Cambiano i tempi ma i metodi restano, sebbene le nuove liste di proscrizione non siano più affidate alla ragione delle armi ma alla gogna del digitale.
Trentasei nomi (ora ridotti a ventuno) di senatori del Pd che hanno espresso dubbi sulla cosiddetta stepchild adoption, la possibilità di adottare il figlio biologico del compagno prevista dal disegno di legge sulle unioni civili, sono apparsi ieri sul sito Gay.it. L’invito è scritto: “Contatta il tuo senatore ‘malpancista’, contrario alla stepchild”. A seguire l’elenco dei politici con tanto di scheda personale, indirizzo email, profilo Twitter e Facebook. Gli autori del sito, dopo le polemiche scatenate, precisano che non si parla “di persone qualunque, ma di senatori della Repubblica, scelti coi voti dei loro elettori cui devono rendere conto”. E, dunque, non importa che la politica preveda un confronto anche acceso sulle questioni che riguardano il futuro del Paese né che la Costituzione sancisca l’esercizio delle funzioni senza vincolo di mandato per i membri del Parlamento. Piuttosto che accettare il dibattito, meglio rivolgersi all’unica istituzione riconosciuta: il tribunale del popolo.
D’altra parte, non mancano esempi del genere nel recente passato. Chi ha dimenticato il “Giornalista del giorno” sul blog di Beppe Grillo? Si era iniziato con Maria Novella Oppo, accusata di aver espresso giudizi irriverenti nei confronti di un esponente del Movimento 5 Stelle, e si è arrivati al premio “Giornalista dell’anno” da scegliere (sempre) tra una lista di nomi. Anche la Leopolda 2015 ha prodotto un elenco di giornali e giornalisti in gara per la “Top 11 delle balle contro il governo Renzi”. Adesso, però, un ulteriore passo in avanti è stato compiuto: non basta più mettere alla berlina i giornalisti, ormai avvezzi alla pratica. È tempo di colpire il nemico in Parlamento. Il messaggio è chiaro: da oggi nessuno si senta più libero di esprimere le proprie idee, se non vuole che il suo nome finisca nella lista dei cattivi…