Varato il masterplan per il Mezzogiorno

Tra le risorse del Fondo sociale europeo (Fse) e dei Fondi europei di sviluppo regionale (Fesr) per 56,2 miliardi, in parte cofinanziati dall’Italia, e i 39 miliardi dal Fondo europeo di sviluppo e coesione, nei prossimi 8 anni, fino al 2023, si riverseranno sulle Regioni meridionali fino a 95 mila milioni di euro. Previsti 15 “Patti per il sud” di cui 8 con le regioni e 7 con le grandi città metropolitane. Il parere di due economisti.

Fermi tutti, arriva il “Masterplan per il Mezzogiorno”! Non è una minaccia, ma una seria opportunità per dare una svolta alla crisi del sud Italia che si trascina da decenni. Almeno così la presenta il governo, che nei giorni scorsi ha fatto conoscere il testo che dovrebbe interessare a tutti: sia ai cittadini meridionali, per i quali si parla di ben 95 miliardi di euro di investimenti da qui al 2023, sia a quelli del centro e nord Italia, che potrebbero trarre da questo fiume di denaro che verrà investito nelle regioni del sud occasioni di lavoro e di nuove iniziative imprenditoriali. I 95 miliardi di euro arriveranno dai “fondi strutturali” europei (Fesr e Fse, rispettivamente ‘fondi regionali’ e ‘fondo sociale’) per 56,2 miliardi, in parte co-finanziati dall’Italia (24 miliardi). E poi anche dal Fondo sviluppo e coesione (39 miliardi). Se a questa cifra di 95 miliardi aggiungiamo i 17 ancora da spendere dei cicli 2000-2013, il totale potenziale delle risorse sale a 112 miliardi. Una manna senza precedenti. Il governo parla, nel testo del “Masterplan”, di una “cabina di regia” per governare questa marea di risorse. Punta a dare vita a 15 “Patti per il Sud”, dei quali 8 con le regioni e 7 con le grandi città metropolitane (Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Cagliari). La visione politica è ampia e ambiziosa: creare aree di industrializzazione, bonifiche, industria agroalimentare, turismo, logistica, infrastrutture, alta velocità, aeroporti, “banda larga”. Tra i registi dei futuri interventi il governo cita la Cassa depositi e prestiti, la Banca europea degli investimenti, e  anche la partecipazione di colossi industriali quali Finmeccanica, Enel, Eni, Fincantieri.

Manca la parola “povertà”. Fin qui l’enorme potenziale del “Masterplan”. La realtà, purtroppo, parla un’altra lingua: Messina senza acqua da giorni, il territorio meridionale che si sbriciola con frane ovunque, la “Salerno-Reggio Calabria” mai conclusa, la Sicilia con due terzi di strade e ferrovie malconce, gli acquedotti di mezzo sud ridotti a colabrodo, l’industria in ginocchio con cali di presenze e di produzione fino al 30% e disoccupazione fino al 40% tra i giovani. “L’intento è lodevole, le risorse in teoria ci sono, ma non è chiaro chi sarà a gestirle – afferma Giovanni Ferri, già docente di economia politica per molti anni all’università di Bari e oggi alla Lumsa di Roma – ma soprattutto nel ‘Masterplan’ manca la parola ‘povertà’. Perché per affrontare seriamente il recupero del Mezzogiorno occorre non solo intervenire sulle strutture produttive, ma avere in mente le vaste aree di emarginazione sociale che rappresentano tra il 40 e il 50% del totale della povertà nazionale”.

Secondo Ferri, le infrastrutture sono certamente “uno snodo essenziale, ma non si può dimenticare che quel poco di industria rimasto è come fiaccato da una crisi ormai strutturale”. E poi aggiunge che la sfida è colossale perché “il sud d’Italia è l’unica area di un Paese europeo riunificato in cui il divario a senso unico rispetto alle aree più forti sia durato così tanto: ben 155 anni! Quindi occorre un approccio molto serio e ambizioso. Altrimenti il Mezzogiorno rimarrà una zona di esclusione e di permanente emigrazione”.

Rendere conveniente “investire” al sud. “Per le imprese del Mezzogiorno oggi servono più investimenti di medio e lungo termine, con regole più semplici, incentivi fiscali, vincoli più leggeri: in una parola, che gli imprenditori trovino conveniente mettere dei soldi in iniziative sostenute da una legislazione e una burocrazia favorevole”: questo il parere di Claudio Giannotti, docente di economia degli intermediari finanziari alla Lumsa di Palermo. “In tante aree del sud ci sono belle realtà produttive, nonostante a volte i contesti esterni siano sfavorevoli. Il ‘gap’, quando c’è, non è sul piano della qualità imprenditoriale, ma piuttosto nell’ambiente e nella dotazione di infrastrutture di supporto.Se penso a realtà quali la Puglia, il barese in particolare, o il catanese in Sicilia, o altre zone più circoscritte ma vivaci, si conferma che l’indice di imprenditorialità è positivo. Bisogna quindi creare le condizioni perché arrivino i capitali, rendendo possibile investire con ritorno atteso positivo. Ben vengano quindi i fondi annunciati nel ‘Masterplan’, basta che si spenda bene e non si creino rivoli di sperpero o corruzione”. A integrazione del “Masterplan”, nel frattempo, il premier Renzi ha annunciato che sono allo studio “crediti di imposta” per le imprese e un aumento della “decontribuzione” per le assunzioni nel sud. Il processo si è messo in moto.