Chiesa
Via Crucis al Colosseo, nei testi di papa Francesco la preghiera per la pace

Il rito è stato presieduto dal cardinale Baldassarre Reina. Il Papa: “In questo mondo che calcola tutto, la gratuità ha un caro prezzo”
“Gesù, che sembri dormire nel mondo in tempesta, portaci tutti nella pace del sabato. Allora la creazione intera ci apparirà molto bella e buona, destinata alla risurrezione. E sarà pace sul tuo popolo e fra tutte le nazioni”. E’ l’invocazione con cui si conclude la quattordicesima e ultima stazione della Via Crucis. “La Via Crucis è la preghiera di chi si muove. Interrompe i nostri percorsi consueti, affinché dalla stanchezza andiamo verso la gioia”, scrive Papa Francesco nell’introduzione al testo delle meditazioni e delle preghiere da lui preparate per il tradizionale rito del Venerdì Santo, presieduto al Colosseo dal card. Baldassarre Reina, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma. “In questo mondo che calcola tutto, la gratuità ha un caro prezzo”, commenta Bergoglio: “Nel dono, però, tutto rifiorisce: una città divisa in fazioni e lacerata dai conflitti va verso la riconciliazione; una religiosità inaridita riscopre la fecondità delle promesse di Dio; persino un cuore di pietra può cambiarsi in un cuore di carne”.
“Pesa più l’egoismo della croce. Pesa più l’indifferenza della condivisione. Siamo noi ad avere il fiato corto, a forza di evitare responsabilità”,
l’analisi del Papa nella seconda stazione:
“L’economia di Dio non uccide, non scarta, non schiaccia. Non distrugge, ma coltiva, ripara, custodisce”,
il monito della terza. “In Dio le parole sono fatti, le promesse sono realtà”, garantisce Francesco commentando l’incontro di Gesù con sua madre, nella quarta stazione. In quella seguente, il protagonista è Simone di Cirene, che “si trova addosso la croce senza averla richiesta”. Vale fino a oggi: “mentre qualcuno offre tutto di sé, si può essere altrove, persino in fuga, oppure si può venire coinvolti. Abbiamo bisogno di chi ci fermi, talvolta, e ci metta sulle spalle qualche pezzo di realtà che va semplicemente portato”. “A cambiarci il cuore è il tuo volto, che vorrei fissare e custodire”, l’auspicio espresso dal Papa nella sesta stazione: “Ogni volta che ci volgiamo al più piccolo, diamo attenzione alle tue membra e tu resti con noi. Così ci illumini il cuore e l’espressione del viso. Invece di respingere, ora accogliamo”. “Gli umani non vengono alla luce meccanicamente, ma artigianalmente: siamo pezzi unici, intreccio di grazia e di responsabilità”, il paragone scelto per la settima stazione. “
Disumana è l’economia in cui novantanove vale più di uno”, la denuncia del Papa: “Eppure, abbiamo costruito un mondo che funziona così: un mondo di calcoli e algoritmi, di logiche fredde e interessi implacabili”.
L’ottava stazione è dedicata all’”intesa speciale” tra Gesù e le donne.
“La nostra convivenza ferita, o Signore, in questo mondo a pezzi, ha bisogno di lacrime sincere, non di circostanza”,
sostiene il Papa: “Altrimenti si avvera quanto predissero gli apocalittici: non generiamo più nulla e poi tutto crolla”. “Se il peccato ci allontana, il tuo esistere senza peccato ti avvicina a ogni peccatore, ti unisce indissolubilmente alle sue cadute”, si legge nella nona stazione. “Se la Chiesa ti appare oggi come una veste lacerata, insegnaci a ritessere la nostra fraternità, fondata sul tuo dono”, l’invocazione al centro della decima: “Ci conosci uno a uno, per salvare tutti, tutti, tutti”.
“La tua croce fa cadere i muri, cancella i debiti, annulla le sentenze, stabilisce la riconciliazione”,
scrive Francesco meditando sull’undicesima stazione: “Sei il vero Giubileo. Convertici a te, Gesù, che inchiodato tutto puoi”. “Dove siamo noi sul Calvario? Sotto la croce? Un po’ a distanza? Lontano?”, le domande incalzanti della dodicesima stazione: “O forse, come gli apostoli, non ci siamo più. A noi, Gesù, che spesso ti guardiamo ancora da lontano, concedi di vivere nella memoria di te, perché un giorno, quando verrai, anche la morte ci trovi vivi”. “Sei al tuo posto fra chi spera ancora, fra chi non si rassegna a pensare che l’ingiustizia è inevitabile”, si legge nella tredicesima stazione: “Tu rompi la catena dell’ineluttabile, Gesù. Rompi gli automatismi che distruggono la casa comune e la fraternità. Ci abiliti a grandi responsabilità, ci rendi audaci. Così, sei morto e ancora regni. E per noi, Gesù, servire te è regnare”.