Beni confiscati, luoghi di morte trasformati in segni di vita
Cento realtà sociali legate alla Chiesa, impegnate a gestire beni confiscati alla mafia e destinati alla collettività per scopi sociali e umanitari. Si spalanca su questo orizzonte il progetto "Libera il bene: dal bene confiscato al bene comune". Un percorso innovativo iniziato tre anni fa e nato dalla sinergia tra Cei e associazione Libera. Due iniziative per raccontare le buone pratiche di riconversione dei luoghi sottratti alla criminalità organizzata.
Cento realtà sociali legate alla Chiesa, impegnate a gestire beni confiscati alla mafia e destinati alla collettività per scopi sociali e umanitari. Si spalanca su questo orizzonte il progetto “Libera il bene: dal bene confiscato al bene comune”, raccontato in un libro dall’omonimo titolo. Si tratta di un percorso innovativo iniziato tre anni fa e nato dalla sinergia tra Cei (Servizio nazionale per la pastorale giovanile, Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, Progetto Policoro e Caritas italiana) e associazione Libera. “Oggi diverse diocesi con i loro pastori, tante parrocchie, Caritas territoriali, fondazioni, gruppi scouts, comunità, associazioni di volontariato e cooperative sociali - spiega monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, nella prefazione del libro - utilizzano i beni confiscati alle mafie per gli scopi di promozione educativa e culturale, formazione e accoglienza, di lavoro e d’impresa sociale - come le cooperative Libera Terra e del Progetto Policoro - trasformando luoghi di violenza e di morte in segni e gesti di vita nuova”.
Un viaggio nelle diocesi. Due le iniziative ispirate ai principi della Nota pastorale “Educare alla legalità” del 1991 e del documento “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” del 2010. La prima riguarda un vero e proprio viaggio a tappe, che in preparazione al V Convegno ecclesiale nazionale di Firenze (9-13 novembre 2015) toccherà 35 diocesi italiane che si sono impegnate nella gestione dei beni confiscati, coinvolgendo e sensibilizzando le comunità parrocchiali. “Storie di donne e uomini - osserva monsignor Galantino - che continuano a spendersi con passione e coraggio per rendere evangelicamente credibile la Chiesa e vivibile il territorio”. Sono state individuate circa 100 realtà legate alla Chiesa, delle 460 censite in tutta Italia, impegnate a gestire per finalità sociali i beni confiscati. “Abbiamo pensato di raccontare e di far conoscere a tutti - spiega Davide Pati, componente della presidenza nazionale di Libera - queste storie riuscite di nuovo umanesimo”. La seconda iniziativa, invece, è la pubblicazione - “Libera il bene: dal bene confiscato al bene comune” - che raccoglie tutte le buone pratiche di riconversione dei luoghi sottratti alla criminalità organizzata e alle organizzazioni malavitose.
Chiesa missionaria in uscita. “I gesti concreti del progetto - afferma Pati - si traducono in attività educative, di animazione, formazione, accoglienza, servizi alla persona e reinserimento lavorativo, per il contrasto al disagio sociale e all’emarginazione, per il sostegno ai minori, alle famiglie svantaggiate, alle persone emarginate, all’integrazione della popolazione immigrata”. Una Chiesa missionaria in uscita, quella voluta da Papa Francesco e attuata con questo progetto di “educazione alla legalità e alla vita buona del Vangelo”. Le fondamenta di tutto questo sono state costruite su cinque pilastri. In primis, la realizzazione di percorsi formativi nelle diocesi proposti da Libera, in collaborazione con l’équipe del Progetto Policoro, e destinati a giovani, studenti di scuole e università, referenti di associazioni e del mondo del volontariato, imprese e sindacati. In contemporanea sono state portate avanti iniziative diocesane sulla legalità, la mappatura per la riconversione sociale dei beni confiscati, l’organizzazione e la partecipazione ai campi “Estate liberi”. Infine, tutto si chiude con la “summer school - Giovani imprenditoria e innovazione”, che ha come obiettivo quello di offrire ai giovani un’opportunità di confronto con soggetti nazionali e territoriali sui seguenti temi: cultura, sviluppo, start-up d’impresa, cooperazione e innovazione, finanza etica, ambiente, agricoltura biologica.
Le diocesi coinvolte. Sono 35 le diocesi dove sono presenti le buone pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati gestiti da realtà legate alla Chiesa in Italia e inserite nella pubblicazione: Torino, Susa, Milano, Brescia, Vigevano, Verona, Genova, Roma, Velletri, Formia, Gaeta, Napoli, Ischia, Aversa, Sessa Aurunca, Nola, Matera Irsina, Avezzano, Crotone-Santa Severina, Lamezia Terme, Oppido Mamertina Palmi, Reggio Calabria-Bova, Locri-Gerace, Cerignola-Ascoli Satriano, Andria, Conversano-Monopoli, Brindisi, Lecce, Ugento-Santa Maria di Leuca, Agrigento, Palermo, Catania, Piazza Armerina, Mazara del Vallo, Trapani, Ragusa.
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