Bimbi kamikaze, Boko Haram uccide musulmani e cristiani
Nell'ultima settimana oltre 200 vittime negli attacchi. Monsignor Ignatius Ayau Kaigama, presidente della Conferenza episcopale nigeriana, rivolge un invito accorato al governo e alla comunità internazionale ad unire le forze perché "non è più solo un problema della Nigeria, ormai il terrorismo è globale". Attesa per l'incontro fra il presidente Buhari e Barack Obama
Bambine e donne kamikaze, bombe nei mercati, nelle chiese, nelle moschee e nei ristoranti. Tragedie che colpiscono indistintamente musulmani e cristiani e portano la firma del gruppo fondamentalista Boko Haram. Nell’ultima settimana sono state più di 200 le vittime in Nigeria, le ultime 44 ieri notte a Jos, in un'affollata moschea dove il predicatore invitava alla pace tra le religioni, e in un ristorante frequentato da musulmani. Ieri una giovane donna si è fatta esplodere in una chiesa evangelica nel nord-est, uccidendo 5 fedeli. Alcuni giorni prima, nella stessa area, erano state date alle fiamme 32 chiese e 300 abitazioni e altre due donne kamikaze si sono fatte esplodere a Maiduguri, provocando 13 morti. A Miringa i miliziani islamici hanno sgozzato 11 persone accusandole di essere “traditori” in procinto di disertare. In 6 anni nel nord-est della Nigeria i morti sono stati 13mila e un milione e mezzo gli sfollati. Abbiamo raggiunto telefonicamente l’arcivescovo di Jos monsignor Ignatius Ayau Kaigama, presidente della Conferenza episcopale della Nigeria. Non ha dettagli sugli ultimi attacchi perché non è a Jos in questi giorni, ma rivolge un invito accorato al governo e alla comunità internazionale ad unire le forze perché “non è più solo un problema della Nigeria, oramai il terrorismo è globale”.
La sua arcidiocesi è stata di nuovo colpita al cuore. Qual è il suo appello?
“È dovere delle autorità fermare la violenza. La gente chiede con forza di essere difesa dagli attacchi dei gruppi fondamentalisti. Non so indicare in che modo, perché la situazione è molto difficile: non c’è un nemico ben identificato, con soldati in uniforme. Questa è una sorta di guerriglia, che coinvolge perfino donne e bambine kamikaze vestite normalmente. Una delle ultime è arrivata su una motocicletta con bombe addosso e ha fatto strage al mercato. Sono pronte a morire, non riconoscono il valore della vita. Per cui è difficile, anche per il governo, contrastare un fenomeno di questo tipo, nel quale non si sa chi sia il nemico”.
Vivete in un clima di paura costante… Quali precauzioni adottate durante le celebrazioni?
“Chi non avrebbe paura di vivere in una situazione del genere? Anche il nostro vicino potrebbe essere pericoloso. C’è un continuo clima di sospetto e siamo tutti preoccupati. Non siamo tranquilli in nessun luogo. All’interno delle nostre chiese e strutture abbiamo delle forze di sicurezza private, oltre alle normali forze dell’ordine. Cerchiamo di essere attenti e di vigilare”.
La situazione è peggiorata?
“Al nord-est è molto peggiorata. Ci sono migliaia di sfollati interni, molti sono tornati ma non hanno più le loro case, non hanno cibo né mezzi di sussistenza. E poi ci sono centinaia di migliaia di rifugiati nei Paesi vicini: in Ciad, in Niger, in Camerun. È terribile. Questi terroristi hanno perso la loro umanità, attaccano indiscriminatamente, senza una logica razionale: uccidono i musulmani radunati in una moschea, i fedeli in chiesa, nei mercati, nei ristoranti. Quando si perde la razionalità si apre la strada al fanatismo e si uccide indiscriminatamente: non si ha più rispetto per la propria vita e per la vita degli altri”.
Gli stessi musulmani sono colpiti dalla violenza dei fanatici. Come dialogate tra voi?
“C’è un dialogo costante e una collaborazione molto buona. I musulmani moderati comprendono bene il problema, si sentono anche loro vittima del fanatismo, lo denunciano con forza. La scorsa settimana sono andato, con altri preti, nella grande moschea di Jos per salutare il nuovo imam. Tutti dicono che questi terroristi non sono dei veri musulmani, non agiscono in nome dell’islam, commettono solo gravi crimini contro l’umanità. Io ci credo”.
Di cosa c'è maggiormente bisogno ora?
“Il presidente Muhammad Buhari sta cercando di riposizionare l’esercito e altre agenzie per la sicurezza, per concentrare le forze contro il terrorismo. Penso abbia fatto un lavoro meritevole, le strade sono piene di militari e poliziotti. Ma la vera emergenza sono oggi gli attacchi con terroristi che si mimetizzano tra la gente. Nonostante i mezzi di sicurezza siano più sofisticati è difficile identificare queste persone, perché se un giovane uomo o donna entra in mercato imbottito di esplosivi, centinaia di militari schierati non servono a nulla”.
Il 20 luglio il presidente Buhari incontrerà alla Casa Bianca il presidente Usa Barack Obama, che promette aiuti alla lotta contro Boko Haram. Avete fiducia?
“Siamo ottimisti sulla presidenza del generale Buhari. I leader europei e americani stanno estendendo la collaborazione, molto è stato fatto. Abbiamo visto tanta buona volontà da parte della comunità internazionale, che ha intenzione di aiutarci. È interesse di tutti unire le forze per combattere contro il terrorismo, che si sta diffondendo ovunque. Non è solo un problema della Nigeria ma di diverse zone dell’Africa e del Medio Oriente, dell’Europa e dell’America. Oramai il terrorismo è globale, non ci sono più i limiti delle frontiere. Il livello di attenzione deve essere molto alto, da parte di tutti”.
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