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Facciamo resistenza alla genitorialità multipla e spezzettata

Eugenia Roccella esplora la realtà stravolta dalla fecondazione eterologa: se i padri possono essere due, le madri addirittura quattro. Il caso dello scambio di embrioni del Pertini. L'affanno della giustizia. Ultima frontiera della filiazione è il "co-parenting": si cerca un partner con cui stipulare un contratto di genitorialità per avere con lui un figlio e condividerne la responsabilità della crescita.

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Facciamo resistenza alla genitorialità multipla e spezzettata

Quattro mamme per un bambino. Scenario da fantascienza? In Italia per ora sì, ma forse non troppo. Un fatto è certo: anche nel nostro Paese si sta assistendo a un progressivo e strisciante smantellamento dell’idea di maternità. Con la fecondazione eterologa, se i padri possono essere “solamente” due: il padre “biologico” e quello “legale”, per estremo si potrebbe arrivare fino a quattro figure “materne”: quella “genetica” che ha fornito gli ovociti (ma con lo manipolazione dell’ovocita potrebbero essere persino due), quella “gestazionale” che ha portato avanti la gravidanza, quella “sociale” che crescerà il bambino. “La fecondazione eterologa non è una semplice modalità di procreazione assistita - precisa al Sir la giornalista Eugenia Roccella, deputato di Area popolare e già sottosegretario al ministero della Salute -; è una pratica che destruttura il concetto stesso di filiazione, frammenta la genitorialità riducendola a diritto individuale e soprattutto frantuma e polverizza la maternità”. Al dissolvimento della figura materna Roccella ha dedicato la sua ultima fatica editoriale, “Fine della maternità. Il caso degli embrioni scambiati e la fecondazione eterologa” (ed. Cantagalli 2015).
Lei parte dalla vicenda dello scambio di embrioni avvenuta all’ospedale romano Pertini, che definisce “eterologa involontaria”. Perché questa scelta?
“Per far emergere le contraddizioni della nuova genitorialità e far capire come cambia la filiazione con le nuove possibilità offerte dalle tecnoscienze. È difficile per chi non ha esperienza diretta, o di amici o familiari, rendersi conto di cosa sia veramente l’eterologa, che in questo caso definisco ovviamente ‘involontaria’. L’aspetto che arriva all’opinione pubblica attraverso i media è quello di un desiderio di genitorialità irrealizzato, che non considera la frantumazione della figura materna (quella paterna è ‘solo’, se così si può dire, sdoppiata). Si sta facendo strada una sorta di genitorialità multipla e spezzettata che non ha più come fondamento l’amore ma la contrattualità. Uno stravolgimento della filiazione naturale attraverso un contratto con cui si offre il proprio contributo biologico rinunciando ai diritti di paternità/maternità. Il caso dello scambio di embrioni al Pertini, nel quale i giudici hanno riconosciuto come madre la donna che ha partorito, ribadendo quanto affermato nella legge italiana, dimostra che di fronte a dilemmi così atroci la legge è inadeguata e non c’è giustizia possibile”.

La certezza, l’unicità della figura materna come architrave dell’umano. Che cosa viene meno con il suo scardinamento?
“Si perde qualcosa di veramente fondante per ogni persona e tutto diventa possibile. Il figlio diviene un’opzione individuale, anzi un diritto. Il punto cardine sul piano sociale è il rovesciamento concettuale dell’interesse prevalente per cui il diritto degli adulti prevale su quello dei bambini. Con l’adozione si tenta di assicurare il diritto del bambino alla famiglia: con l’eterologa prevale invece l’interesse dell’adulto (famiglia, coppia, singolo) e si tenta di giustificare questa scelta con l’importanza del legame biologico negando, al tempo stesso, che questo legame sia rilevante per chi nascerà, per chi ha ceduto i propri gameti o, nel caso di utero in affitto, per chi ha cresciuto il bimbo in grembo. Una contraddizione sottovalutata”.
Che cosa vuole dire?
“Che spesso i cosiddetti ‘figli dell’eterologa’ - le testimonianze sono moltissime, io ne riporto un paio - avvertono la nostalgia del genitore ‘mancante’ e lo cercano. Nei Paesi in cui l’eterologa è da tempo in vigore, molti hanno aperto contenziosi di massa per arrivare a conoscere il proprio genitore biologico. In alcune nazioni il principio dell’anonimato del donatore è molto indebolito. Le leggi di Inghilterra e Svezia ne prevedono l’accesso. Sul web si trovano anche tentativi di ‘ricreare’ il senso della famiglia. Negli Stati uniti e in Inghilterra, sono diversi i casi di figli dell’eterologa che creano blog mettendo in rete il codice del genitore ‘biologico’ per cercare nella rete eventuali fratelli e autodefinirsi ‘famiglia’. Questo dimostra che intervenire con tanta pesantezza sui meccanismi della filiazione non modifica il sentire profondo dell’uomo”. 
Qualcuno pensa ai sentimenti delle donatrici?
“Non credo. Molte testimoniano un crescendo di inquietudine se non di angoscia per il destino dei propri figli, ammettono di averlo fatto per bisogno o in giovanissima età e pertanto non del tutto consapevoli”.
L’ultima frontiera della filiazione è, in ordine di tempo, quella del co-parenting…
“Attraverso società di intermediazione (negli Usa ne esistono quattro o cinque e i contatti sono in costante aumento) un soggetto qualsiasi, single o convivente, di qualunque sesso, può cercare un partner con cui stipulare un contratto di genitorialità per avere con lui un figlio e condividerne la responsabilità della crescita. La sperimentazione sociale va avanti e inventa nuove modalità ‘su misura’ per garantire il diritto al figlio a tutti e ad ogni costo”.

Che cosa stiamo perdendo e come si può intervenire?
“L’attuale deriva è realmente folle e rischia di diventare ingestibile. Stiamo perdendo il senso esistenziale e i limiti della condizione umana, questione non cattolica ma laicissima che riguarda tutti perché è il fondamento della nostra civiltà. Occorre fare resistenza, ognuno nel proprio ruolo, e riaffermare la verità della famiglia naturale e gli elementi fondanti dell’umano. Basterebbe partire dalla propria esperienza e dal buon senso per riconoscerli”.

Fonte: Sir
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