I giovani e il lavoro nuovo
Il futuro sarà della “sharing economy”, l’economia collaborativa.
I giovani faticano a trovare un posto nella nostra società, quelli che studiano, poi lavorano in occupazioni poco soddisfacenti e non sufficientemente remunerate, quelli che non studiano s’imbattono, quando sono fortunati, in lavori precari, spesso sottopagati, a volte senza futuro.
Oltre il 20% dei venti-trentenni non studia e non lavora, costituisce un gruppo ampio e ormai strutturale di scoraggiati, che dovrebbe porre interrogativi veri alla società. Evitando le scorciatoie di giudizio: bamboccioni o pigri, sarebbe opportuno formulare risposte possibili per coinvolgere queste persone, per se stesse e per il bene comune, perché costituiscono anche una risorsa carente per il sistema sociale.
Il recente Rapporto Giovani 2016 dell’Istituto Toniolo rileva che più del 40% della nuova generazione sarebbe disposto a cambiare Paese per trovare un’occupazione e che l’instabilità lavorativa incide sia per le prospettive di vita future (avere figli, ad esempio) sia per la ricerca di autonomia nel presente (molti dopo un’esperienza di vita fuori casa, sono costretti a ritornare nel nido familiare).
La questione è che viviamo un passaggio epocale nel mondo della produzione, ed è normale che in un contesto mutevole sia molto difficile trovare una collocazione proprio per quelli che ci si devono inserire per la prima volta. Una motivazione è che le strade percorse dai loro genitori: i concorsi pubblici con assunzioni di massa, i tanti posti nelle fabbriche non ci sono più, e non ci saranno in futuro, perché la grande produzione si è spostata altrove. Noi, se tutto andrà per il meglio, vivremo di un modello di sviluppo basato su alta qualità, servizi alle persone, agro-alimentare, turismo e infrastrutture di collegamento virtuali e fisiche.
Sono tutti settori che vivono di reti e di connessioni che uniscono tante nicchie. Lì dentro, salvo poche eccezioni, il lavoro è parcellizzato e meno strutturato in tempi e organizzazioni fisiche, anche se a volte molto competente, impegnativo e collegato in organizzazioni virtuali.
Un’immagine di quel che sarà potremmo già averla guardando la “sharing economy”, l’economia collaborativa. Un’opportunità che i giovani raccolgono, osserva il Rapporto Giovani. La “sharing economy”, spiega la sociologa Ivana Pai, ne evidenzia tre caratteristiche: la condivisione delle risorse e dei luoghi di lavoro, la relazione più orizzontale che verticale tra persone e tra organizzazioni e la piattaforma tecnologica che promuove e organizza i diversi rapporti. Si tratta di modalità di lavoro più indipendenti e per ora poco stabili, però capaci di valorizzare le relazioni e le idee. Una modalità che promuove anche una nuova forma di socialità non solo tra colleghi, ma tra lavoratori, aziende e clienti-consumatori.
Su come si svilupperà in futuro bisognerà ancora riflettere, nel frattempo si può supporre che favorirà i più intraprendenti e quelli con un alto bagaglio culturale e tecnico.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento