Il Moas: “una macchina del fango, vogliono farli morire in mare”
“Sono polemiche sterili. La verità è solo una: nessuno vuole aiutare queste persone”. Regina Catambrone, fondatrice del Moas, la prima missione di salvataggio con navi nel Mediterraneo, replica alle accuse e alle polemiche di questi giorni sulle presunte collusioni con i trafficanti: "Vogliono criminalizzare la solidarietà e spaventare i cittadini. Stanno creando una politica del terrore. Siccome non riescono a fare politiche serie, buttano fango su chi ha portato umanità".
“Scusa ma ci stiamo preparando per tornare in mare e i polveroni mediatici non aiutano. Questi politici stanno facendo la campagna elettorale sulla morte delle persone. Se ci sono delle evidenze che le tirino fuori. Tutto il resto è fumo, è una macchina del fango”. Regina Catambrone, fondatrice del Moas, la prima missione di salvataggio in mare, è indignata e amareggiata e parla con foga e senza filtri, tra un impegno e l’altro prima d’imbarcarsi di nuovo sulla nave. Finora non ha molto replicato alle accuse e polemiche sollevate da alcuni politici, in seguito a indagini di procure siciliane su presunte collusioni con i trafficanti che coinvolgerebbero il Moas, con sede a Malta e altre Ong tedesche che operano nel Mediterraneo per salvare i migranti. Oggi decide di parlare, dopo che l’intero mondo dell’umanitario si è schierato in loro difesa e anche Frontex e Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) hanno chiarito che non c’è nulla di provato. “Sono polemiche sterili – afferma Regina Catambrone -. La verità è solo una: nessuno vuole aiutare queste persone”.
Qualche procura vi ha convocato?
Mai. Ho saputo le notizie sui social media e in tv perché, non vivendo in Italia, non ricevo i giornali italiani. Ho letto che stanno facendo un’indagine conoscitiva ma ad oggi non ho mai parlato con alcun procuratore. Io so solo che il Moas è stato citato e ci stanno facendo una “pubblicità regresso” orribile. Non capisco perché. Forse perché siamo una fondazione registrata a Malta che rispetta le regole del diritto maltese. Siamo anche registrati in Germania, siamo una Onlus italiana e ci stanno rovinando la campagna del 5 per mille.
Dicono che prendete finanziamenti dal magnate Soros e che spendete 400.000 euro al mese per i droni, chiedendosi da dove vengano i soldi.
Magari! Io non lo conosco nemmeno. Non abbiamo mai ricevuto soldi da Soros. Noi riceviamo fondi tramite una piattaforma mediatica da tanti privati che vogliono donare. Sono degli ignoranti, forse non capiscono l’inglese perché dal 2014 è tutto spiegato in un documentario pubblico sul nostro sito. Usiamo un drone ad alta tecnologia per la ricerca e il soccorso in mare.
Vi accusano di “facilitare” il lavoro dei trafficanti…
Ma stiamo scherzando? Io li odio i trafficanti: sono la feccia della feccia del mondo. Mi facciano vedere i bonifici che attestano ch io ho preso soldi dai trafficanti o che i trafficanti fanno le telefonate. Il mio telefono è sotto controllo, lo so, non ho niente da nascondere. Portate le evidenze, i fatti. Ma non possono dirmi che io ho fatto questo per farmi pubblicità. Il mio appello è: la solidarietà si vive, non si racconta. Io la vivo. Chi mi accusa cosa sta facendo? Noi Catambrone siamo stati i primi a investire i propri soldi e la propria vita al servizio del fratello. Poi non ce l’abbiamo fatta più a sostenere le spese da soli, così dopo il 2014 abbiamo aperto una raccolta fondi, e a noi si sono unite varie organizzazioni, tra cui Msf, Cri italiana e internazionale, con spese condivise.
Vi chiamano i “taxi del Mediterraneo”, Ong “con ombre”. Quale accusa vi pesa di più?
Non mi pesa alcuna di queste accuse. Mi pesa che non pensino alle persone che muoiono in mare. Ho passato Pasqua e Settimana Santa in mare. Se fossi così come mi descrivono non me ne starei sulla nave a pulire gli escrementi e il vomito di queste persone… Sono basita:
vogliono criminalizzare la solidarietà e spaventare i cittadini.
Vogliono fare gli untori. Io non mi difenderò perché so che sono pulita. Mi arrivano tweet di odio, ricevo continue minacce, mi dicono che devo essere arrestata, mi stanno augurando la peggiore morte possibile. Stanno creando una politica del terrore. Contro questi disseminatori di odio non so come difendermi perché non sono abituata.
Qualcuno vi dirà: chi ve lo ha fatto fare?
Io e mio marito siamo stati ispirati dalla chiamata di misericordia di Papa Francesco. L’ho incontrato a dicembre 2016 e gli ho spiegato la mia missione. Gli ho chiesto di non abbandonare le persone in mare. Io sono semplicemente una donna cristiana che, vedendo gente che moriva in mare, ha voluto salvare le persone, non essere indifferente o voltarsi dall’altra parte. Questa è la verità: non c’è alcuna setta segreta. Io sono una donna libera che ama le persone, a qualunque razza e credo appartengano. Sulla nave a Pasqua sono saliti anche sacerdoti, che ci hanno aiutato a celebrare la Settimana Santa. È stato lanciato un appello dal Papa: lui è il mio capo spirituale, ci ha chiesto di non abbandonare i fratelli e io ho risposto. Io riconosco lui, non questi quattro bigotti. Non so a quale dio appartengano. Perfino mia figlia, che ha 18 anni, è stata in nave con noi a rischio della vita, perché ci possono sparare, pugnalare.
Io non sono un angelo, una santa o una martire. Ho fatto tanti errori nella mia vita ma questo che ho fatto non me lo possono infangare, perché è puro.
Chi polemizza si chiede se sia consentito ad organizzazioni private sostituirsi alla volontà delle nazioni sul tema migrazioni…
Che lo dicessero chiaramente e terminassero la frase… la volontà delle nazioni è farli morire in mare. Perché
l’organizzazione umanitaria lavora a favore dell’umanità. Invece quella è disumanità.
Noi non decidiamo mai il porto di sbarco, che viene dettato dalla guardia costiera sotto il coordinamento del ministero degli Interni. Se ci avessero mandato a Malta o in Tunisia saremmo andati lì dove ci chiedono. Quando c’è una missione di soccorso, ci si coordina con il centro di competenza. Noi ci siamo sempre coordinati con l’Italia: se l’Italia ora non ha più intenzione di farlo o pensa che non è di sua competenza, allora deve cambiare le leggi marittime.
Parliamoci chiaro: siamo nel 2017, se noi come semplici civili abbiamo droni, satelliti, tecnologia, telecamere e rischiamo usando il nostro denaro per il bene, come mai i governi non riescono a bloccare i trafficanti?
Bisogna aprire gli occhi. Invece pensano che gli italiani medi non capiscano.
E quando vi accusano di stare troppo vicini alle acque libiche?
Sono acque internazionali, non so proprio di cosa stiano parlando. Se devi fare una missione di ricerca e soccorso, ti metti più vicino possibile per alleviare la sofferenza di queste persone. Se invece devi proteggere i confini ti metti al limite maggiore. Noi non dobbiamo proteggere il confine italiano. Se operi nelle acque internazionali tutto quello che dicono decade. E se per urgenza un’imbarcazione nelle acque territoriali sta affondando bisogna intervenire per proteggere la vita umana, sennò si è passibili di genocidio. Naturalmente, se si entra nelle acque territoriali di un Paese, bisogna coordinarsi, informare via radio per fare il salvataggio, perché la nave diventa gli occhi della guardia costiera. E se la guardia costiera non arriva e la nave vede persone in mare senza salvarli, sarebbe omissione di soccorso, con rischio carcere. È esattamente il contrario di quanto dicono: stanno cercando di cambiare la legge.
Dicono anche che la vostra presenza è un fattore di attrazione per i migranti e che, nonostante ciò, i morti in mare sono aumentati.
Sono degli ignoranti perché prima le morti erano divise su due mari, l’Egeo e il Mediterraneo. Allora ci coordinavamo con la guardia costiera greca. Dal momento che quella rotta è chiusa, ora non muoiono più nel mare Egeo ma nel Mediterraneo, non ci vuole tanto a capirlo. La classe politica non dovrebbe lavorare contro le organizzazioni umanitarie ma per le riunificazioni familiari, i resettlement e le relocation negli altri Paesi europei, perché le migrazioni non si fermeranno mai, moriranno solamente più persone. E loro vogliono farli morire in mare perché voi non li vediate. Ma tanto li vedrete ugualmente perché i corpi arriveranno sulle reti dei pescatori e saranno pesi sulla coscienza. Ma io questo peso sulla coscienza non ce l’ho.
È inconcepibile che una persona che va a salvare delle persone venga accusata di essere un trafficante di persone, un’organizzazione paramilitare o una spia. Vogliono trovare un capro espiatorio
e io sono la persona più allettante. Sono polemiche sterili. La verità è solo una: nessuno vuole aiutare queste persone. Noi siamo la nave della speranza, e la speranza non può essere uccisa.
Si è chiesta il perché di tanto odio?
Siamo nell’occhio del ciclone perché abbiamo avuto il coraggio di creare per primi tutto questo, perciò ci odiano così tanto.
Siccome non riescono a fare politiche serie, buttano fango su chi ha portato umanità.
Se noi rinunciamo, andranno via anche le altre, ma mi dispiacerebbe per tutti quei padri, madri, bambini che moriranno abbandonati da tutti, dal mondo. È necessario aiutare queste persone, in mare, nel loro Paese di origine. Servono corridoi umanitari e vie legali che funzionano per non consegnarli nelle mani dei trafficanti. Perché altrimenti rimarranno in Libia finché non riusciranno ad imbarcarsi. Non può continuare questo genocidio.
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