Il cervello artificiale che parla
È “Annabell”, il nuovo modello cognitivo simulato che è stato sviluppato dall’Università di Sassari.
Quanto è prezioso il nostro cervello! Tanto prezioso, quanto complesso. Tant’è che, finora, tutti gli sforzi messi in atto dagli scienziati per provare ad emularne il funzionamento, pur con l’ausilio di potentissimi computer, hanno dato risultati alquanto modesti.
Acquista perciò maggior valore la realizzazione del progetto “Annabell” (Artificial neural network with adaptive behavior exploited for language learning), un nuovo modello cognitivo simulato al computer, sviluppato da un gruppo di ricerca dell’Università di Sassari guidato da Bruno Golosio, in collaborazione con l’Università di Plymouth (Regno Unito), e recentemente descritto sulla rivista Plos One.
Il sistema può contare su ben due milioni di neuroni artificiali interconnessi tra loro! Sembra proprio tanto, ma non lo è: il nostro cervello, infatti, è costituito da circa cento miliardi di neuroni!
Come accennavamo, il modello Annabell consiste in un’architettura neurale cognitiva, implementata su un computer ad alte prestazioni, il cui scopo è quello di comprendere i processi cognitivi coinvolti nelle prime fasi dello sviluppo del linguaggio nei bambini.
Pare infatti che anche Annabell possa imparare a parlare senza alcuna conoscenza a priori della struttura delle frasi e del significato delle parole, solo interloquendo con un essere umano. Come? Le sue unità di base sono neuroni artificiali - vale a dire costrutti matematici che imitano il funzionamento dei neuroni degli esseri viventi - connessi tra loro. Per comprendere il loro funzionamento, bisogna far riferimento ancora una volta al nostro cervello. I cento miliardi di neuroni che lo costituiscono comunicano tra loro tramite segnali elettrici, la cui produzione e trasmissione avviene secondo meccanismi ben noti.
Per andare oltre, però, occorre un modello in grado di descrivere i meccanismi con cui il cervello riesce ad elaborare le informazioni. Fin dagli anni sessanta, uno dei modelli più adottati è quello “computazionale”, in cui il cervello è assimilato ad un computer. Ma c’è una differenza evidente: mentre i computer funzionano grazie ad uno o più programmi che codificano le regole da seguire per gestire le informazioni, non vi sono prove che nel cervello esista qualcosa di analogo.
Secondo alcuni studiosi, tuttavia, questo programma non è necessario: per sviluppare capacità cognitive superiori è sufficiente interagire con l’ambiente, a partire da una conoscenza innata molto ristretta. Più nello specifico, secondo l’approccio denominato “connessionista”, i processi mentali possono essere “modellizzati” come emergenti da reti di unità di elaborazione interconnesse. Il modello più utilizzato in questo senso è quello delle reti neurali artificiali (artificial neural network, “Ann”), modelli matematici che, riproducendo i circuiti di neuroni biologici, rendono conto di differenti aspetti della cognizione umana, tra cui la percezione, la memoria, l’attenzione, gli schemi di riconoscimento e il linguaggio.
Bene, Annabell è una di queste. Il sistema è costruito come una “tabula rasa”, nel senso che non esiste in esso un programma predefinito che definisca a priori la struttura delle frasi o il significato delle parole. La capacità di apprendimento di Annabell si basa su due meccanismi fondamentali che caratterizzano il cervello umano: la plasticità sinaptica e il “gating”. La prima indica la capacità di una connessione tra due neuroni di aumentare la propria efficienza quando sono attivati simultaneamente, a vantaggio dei meccanismi di apprendimento e di memoria. Il gating neurale, invece, indica la capacità di alcuni neuroni, definiti “bistabili”, di funzionare come interruttori che controllano l’attivazione o la disattivazione di altri neuroni. Nella posizione “aperto” dell’interruttore, il neurone bistabile trasmette il segnale da una parte del cervello all’altra, altrimenti lo blocca.
Proprio grazie a questi due meccanismi di base, Annabell è in grado di adattarsi velocemente agli input forniti da un essere umano, a partire da database codificati in studi passati sulle frasi che ricorrono nel linguaggio nei bambini in età prescolare, come “Che cosa fa tuo padre?”, “Hai un fratello?”, “Che gioco ti piace?”. In seguito ad una fase di addestramento con questo database, Annabell si è dimostrato capace di impersonare una bambina di quattro anni, sostenendo efficacemente dialoghi come “Il tuo amico è più grande di te?” “No è più piccolo”. Complessivamente, a partire da 1500 frasi di input, Annabell ha dimostrato di poter imparare in qualche misura il linguaggio umano, rispondendo con un repertorio di circa 500 frasi, comprendenti sostantivi, verbi, aggettivi, pronomi e altri sintagmi.
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