L'orientamento delle formiche
Una ricerca mostra il duplice sistema basato sulla vista e sul numero di passi fatti.
Sarà capitato a tutti noi, qualche volta, di incantarci osservando con attenzione l’organizzazione perfetta delle formiche, questi simpatici (ma non troppo) insetti a sei zampe. Quando si muovono, formano file interminabili che si snodano da un punto all’altro in modo altamente coordinato, quasi avessero un radar che permette loro di ritrovare sempre la strada di casa (il formicaio), anche dopo aver percorso lunghissime distanze (basti pensare a certe specie di formiche che abitano le foreste).
Ma come faranno a non perdere mai l’orientamento? Beh, più le conosciamo e più scopriamo che la natura le ha dotate di sofisticate “attrezzature” utilissime allo scopo. In particolare, una recente ricerca – pubblicata su Science – condotta da Sarah E. Pfeffer e Matthias Wittlinger dell’Università di Ulm, in Germania, ha mostrato come le formiche hanno in realtà a disposizione un duplice sistema di orientamento: uno basato sulla vista, l’altro sul numero di passi fatti.
Già in passato gli studiosi avevano dimostrato che le formiche esploratrici sfruttano indizi celesti per prendere la direzione giusta quando devono tornare al formicaio. Ciò che invece finora non si era riusciti a capire è quale strategia adottassero per stabilire la distanza da percorrere. Fra le possibili spiegazioni per spiegare questa capacità, per un certo tempo è stata avanzata l’ipotesi che le formiche sfruttassero un sistema visivo analogo a quello degli insetti “imenotteri”, che muovendosi nello spazio fanno riferimento al cosiddetto “flusso ottico”, ossia al movimento relativo degli oggetti che compaiono nel loro campo visivo.
Altre ricerche, però, avevano messo in evidenza che, in realtà, le nostre amiche a sei zampe calcolano le distanze sfruttando in primo luogo un sistema cinestetico (la cinestesia indica la sensibilità dei muscoli durante l’attività motoria, dovuta a recettori di movimento presenti nei tendini, nelle guaine e nei muscoli stessi), in altri termini una sorta di “contapassi” fisiologico.
Quest’ultima scoperta aveva in qualche modo messo in dubbio le conclusioni della precedente, sollevando molti interrogativi sull’effettiva esistenza ed importanza nelle formiche di una valutazione della distanza percorsa basata sul flusso ottico. Né sembrava possibile ai ricercatori stabilire l’eventuale contributo del flusso ottico, distinguendolo da quello del sistema cinestetico.
Ma col loro recente studio, pare che Pfeffer e Wittlinger siano riusciti a risolvere la questione. Per farlo, hanno concepito un esperimento che sfrutta alcune delle caratteristiche comportamentali delle formiche “Cataglyphis bicolor”, una specie che normalmente colonizza le regioni desertiche.
Queste formiche hanno la caratteristica di strutturare le loro colonie articolandole in un nido principale, dove si trova la regina, e in una serie di nidi satellite. La colonia è composta da formiche “foraggiatrici”, specializzate negli spostamenti esterni, e dalle “operaie”, che trascorrono quasi tutto il tempo lavorando all’interno. Mentre le prime non hanno difficoltà a passare da un nido all’altro, le operaie al contrario potrebbero facilmente perdersi durante lo spostamento in un formicaio satellite. Ecco allora che, in queste occasioni, le foraggiatrici afferrano le operaie, le sollevano e le trasportano dove serve. Un esempio illuminante della forte cooperazione sociale messa in atto da questi insetti.
Alla luce di ciò, il team di ricerca tedesco ha deciso di “rapire” alcune operaie alle foraggiatrici che le stavano trasportando, per vedere se le operaie riuscivano a tornare al nido di partenza, cosa che poi è effettivamente avvenuta. Ovviamente, il fatto di aver percorso il tratto di andata sulle spalle delle foraggiatrici escludeva la possibilità che le operaie avessero potuto sfruttare il meccanismo “contapassi”, dimostrando così che, per tornare al nido, esse si sono basate soltanto sul flusso ottico.
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