La banalità del caldo
Come ogni Estate (e, a parti invertite, Inverno) arrivano consigli e decaloghi.
D’inverno fa freddo e d’estate fa caldo. Sono le uniche due certezze rimaste ai nostri tempi lacunosi e indeterminati, ma anche due capisaldi del giornalismo stagionale, categoria “notizie che non lo sono” al punto da farne oggetto di satira continuativa a mezzo social, dove i gruppi Facebook o le battute via Twitter si infoltiscono di anno in anno. Da addetti ai lavori non si può non notare che le temperature contribuiscono in maniera determinante al riempimento dei servizi dei tg e dei giornali, nonché all’invio di innumerevoli comunicati stampa zeppi di “che fare quando” da parte di istituzioni più o meno titolate in materia. Anche questa estate non fa eccezione, al punto che maliziosamente vien da pensare che nei pc delle varie redazioni vi siano cartelle di file catalogate sotto “Estate” in cui pescare consigli, suggerimenti e raccomandazioni con cui farcire il panino quotidiano delle notizie. Per tacere poi delle immancabili immagini di bambini che si rincorrono tra gli spruzzi delle fontane, di animali ansimanti all’ombra, di anziani che si sventagliano con scarsa convinzione sulle panchine del parchetto o che, soli, si avviano lungo strade di città deserte trascinando carrellini che si immaginano affondare con le ruotine nell’asfalto rovente. Insomma, sarebbe possibile dire qualcosa che non sappiamo per esperienza tangibile ogni singolo giorno in cui il termometro si rifiuta di scendere sotto i gradi cui la cioccolata fonde spontaneamente? Eppure ogni anno i decaloghi si sprecano e si riassumono in liste pressoché identiche che contengono sempre le medesime indicazioni di buon senso, rivolte principalmente a vecchi e bambini ma non solo: vestite abiti leggeri, non uscite nelle ore più calde, limitate l’attività sportiva alle ore fresche, bevete molta acqua, mangiate frutta e non cose pesanti. Al netto degli avvertimenti che non sono mai troppi, visto e considerato che è noto che dai 70 anni in su gli anziani sono sempre gli altri, crediamo comunque siano pochi coloro che scelgono coscientemente di porre fine alla propria vita mangiando un pasto di dodici portate innaffiato da abbondanti dosi alcoliche dopo il quale mettersi a correre alle due del pomeriggio indossando un maglione di alpaca. Per quanto riguarda i bambini è altrettanto risaputo che, per definizione, la madre italiana non permette di uscire ai figli durante quella che è universalmente riconosciuta come la “controra”, né di fare il bagno se non dopo tre ore dal pasto, indipendentemente dall’aver dato al pargolo tre etti di parmigiana o un vasetto di yogurt e una focaccina. Sul fronte adulti invece le declinazioni dell’affrontare afa e canicola – tra l’altro, notare come invece d’inverno faccia “un freddo cane” – sono potenzialmente infinite e applicabili a ogni singolo settore della nostra vita: come dormire, come fare sport, come andare vestiti (anche in ufficio, e il solo fatto che ci sia bisogno di ricordare che non si va al lavoro in bermuda e ciabatte è inquietante), come pettinarsi, come truccarsi, e, ovviamente come comportarsi con i nostri amici animali (visto che per i bambini valgono le regole sopra esposte).
E se Renzo Arbore ha reso immortale l’ovvio – “Lo diceva Neruda che di giorno si suda” – , almeno lui non cercava ogni luglio aggettivi sempre iperbolici, dato che i superlativi assoluti paiono ormai improvvisamente inadeguati e l’escalation non è solo quella degli armamenti. Un vezzo che, ricordava già Michele Serra in una “Amaca” dello scorso anno, rischia di sconfinare nel ridicolo: dal caldo record a quello africano è un attimo arrivare a quello di altoforno.
Infine, che dire dei nomi scelti dai meteorologi per i fenomeni atmosferici che fanno ribollire i nostri giorni (e le notti)? Ugolino, Caronte, Cerbero e Minosse: escono direttamente dall’Inferno dantesco gli anticicloni africani e le relative ventate di caldo che ravvivano le nostre giornate estive. Così, in mezzo a appellativi tanto terribili, resta da notare come in gergo meteo e giornalistico il caldo arrivi sempre “a ondate”, come se nella crisi generale persino l’estate si possa esprimere solo a rate.
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