Oltre l’autismo: “Annina crea”, perché tutti hanno un talento da condividere
Gioca tra realtà e fantasia per raccontare di un mondo dove tutti, ma proprio tutti, hanno un talento da condividere, il libro “Annina crea” (Nuova Editrice Berti), la favola scritta da Barbara Sartori, redattrice del settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio, “Il Nuovo Giornale”, a partire dai disegni di Anna Giuffrida, 16 anni, studentessa del Liceo artistico ed affetta da autismo.
Cosa succede se s’incontrano una ragazzina che non parla, ma quando disegna ha un potere straordinario, e una donna con i capelli a fontana, che vive di parole?
Gioca tra realtà e fantasia per raccontare di un mondo dove tutti, ma proprio tutti, hanno un talento da condividere, il libro “Annina crea” (Nuova Editrice Berti), la favola scritta da Barbara Sartori, redattrice del settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio, “Il Nuovo Giornale”, a partire dai disegni di Anna Giuffrida, 16 anni, studentessa del Liceo artistico ed affetta da autismo.
Un piccolo caso editoriale, che da dicembre ad oggi ha venduto 950 copie e raccolto 20mila euro che andranno all’associazione “Oltre l’autismo” di Piacenza per il progetto “Casa di vita”, un luogo dove i ragazzi e le ragazze autistici possano essere coinvolti in percorsi di acquisizione delle autonomie e in laboratori, mettendoli nelle condizioni, finiti gli studi, di esprimere i propri talenti in attività lavorative guidati da educatori e professionisti.
Si può richiedere il libro ad Associazione “Oltre l’autismo”: www.oltrelautismo.it.
Di seguito, un abstract della favola: l’incontro tra Annina “la creatrice” e Clarabella, protagoniste del racconto.
[…]
CIAFFFFFFF! SCCCCCCC!
FRUSSSSCCCC!
Aveva sentito una gran botta e poi una nuvola di fogli colorati che l’avvolgeva.
Quando riuscì a riaprire gli occhi, Annina si accorse che era per terra.
“Tutto bene?”
A parlare era una giovane donna con una gran chioma di capelli, che, se avesse dovuto disegnarli, li avrebbe fatti come una fontana zampillante.
“Sei scivolata e hai perso i tuoi disegni…” la rassicurò, raccogliendo dal marciapiede i fogli, sui quali si soffermava con aria meravigliata.
“Ma sono bellissimi! Non ho mai visto nulla prima d’ora di così espressivo e semplice al tempo stesso! Questo, per esempio: guarda che animali fantastici! Come vorrei che potessero esistere davvero!”
Detto, fatto. Era bastato esprimere a voce alta il desiderio, che dal foglio tutto spiegazzato cominciarono a staccarsi, prendendo vita: uno struzzo con fiocco in testa e colletto da collegiale; un cane dalmata con il tabarro per difendersi dal freddo, uno strano insetto alato, con capelli e pungiglione. Infine, arrivò pure un gatto giocoliere!
Tutti i passanti si erano fermati per guardare, a bocca aperta.
La donna dai capelli a fontana non era l’unica a sorridere di fronte a quell’improbabile zoo che si dileguò presto tra le strade della Città che Piace.
“Ma tu sei Annina la creatrice! Ho indovinato, giusto?”, esclamò, guardandola negli occhi. “Insomma, sei tu o no? Puoi anche rispondere sai, non ti mangio mica…”
Annina prese un foglio bianco, un pennarello e, con una lacrima che le scendeva dal viso, scrisse:
“Sì, sono io. E mi dispiace di non poter rispondere a voce. È che proprio non posso”.
A incupirsi, stavolta, fu la donna. “Perdonami. La mia boccaccia! Io invece parlo sempre e troppo, come vedi… Mi chiamo Clarabella. Sono felice di conoscerti Annina, ho tanto sentito parlare di te”.
Clarabella? Anche Annina aveva sentito parlare di lei e del suo dono. Aveva però anche sentito dire, nei corridoi della scuola, dello sciopero delle parole messo in atto da Clarabella. La Città che Piace lo riteneva un affronto inammissibile e se n’era scritto perfino sul giornale.
Annina si asciugò le lacrime, abbozzò un sorriso e scrisse, veloce: “Ti prego, non potresti trovare il modo di regalarmi qualche parola? Fai uno strappo al tuo sciopero. Non sai quanto mi renderesti felice”.
Clarabella capì che non si trattava di una richiesta come le altre. Dietro quella domanda c’era una sofferenza vera, che andava ascoltata.
“Annina io posso provarci. Ma sei sicura che ti renderebbe felice sul serio e per sempre? Le parole vanno e vengono. Molte si dicono a vanvera. A volte possono far male. I tuoi disegni invece trasmettono allegria, donano la gioia a chi li riceve, restano vivi nel tempo”.
Annina prese un nuovo foglio e proseguì a scrivere: “Mi stai dicendo che tu non sei felice? Proprio tu che hai le parole giuste per ogni occasione?”
Cavoli, quell’Annina magari non parlava ma sapeva leggerti dentro!
“Vedi, Annina, quando sarai più grande capirai: ho cominciato a scrivere parole perché mi veniva naturale, forse come viene naturale a te disegnare. La gente ha iniziato a conoscermi, a cercarmi, a dirmi com’ero brava e poi a domandarmi di mettermi al loro servizio donando un po’ delle mie parole a chi non trovava quelle opportune. Ho messo su un ufficio: “Clarabella, se il silenzio è d’oro, la parola è di platino”. All’inizio, non lo nascondo, mi piaceva essere considerata importante. Non chiedevo soldi, ero popolare e mi bastava. Ma, poco alla volta, ho perso il gusto delle parole. Non ero più io a pensarle e sentirle. Sono diventata come un distributore: infili una moneta e scegli la bibita che ti piace di più. Allora sai cos’ho deciso? Di punto in bianco ho detto basta. Non ho più regalato una parola a nessuno. Sono venuti a supplicarmi, uno che era così arrabbiato che mi ha minacciato con una spada. Niente. Irremovibile. La conseguenza? Prima mi volevano tutti, adesso sono rimasta senza nessuno attorno. Buffo no? Il silenzio fa paura, cara Annina, ma a volte è l’unico modo per poter tornare a conoscere noi stessi”.
[…]
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