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Reddito minimo, per le forze sociali si è sulla buona strada ma non basta

Il governo sta pensando ad un piano per dare un sostegno al reddito di 320 euro ad un milione di famiglie povere con minori, usufruendo di misure di accompagnamento all’inclusione sociale, come il lavoro e la scolarizzazione dei figli. Negli anni la riforma dovrebbe coinvolgere tutti i 4,1 milioni di italiani in povertà assoluta. Dopo lo stanziamento di 600 milioni di euro nella legge di stabilità, la scorsa settimana è stato approvato un disegno di legge delega che, dopo il via libera del Parlamento, si concretizzerà nei decreti attuativi. I pareri dell'Alleanza contro la povertà, di Caritas italiana, Mcl e Forum terzo settore.

Reddito minimo, per le forze sociali si è sulla buona strada ma non basta

Un milione di famiglie povere con minori potrebbe avere già dal 2017 un sostegno al reddito pari a circa 320 euro al mese e allo stesso tempo usufruire di misure di accompagnamento all’inclusione sociale, per trovare un lavoro e mandare i figli a scuola. Negli anni la riforma dovrebbe coinvolgere tutti i 4,1 milioni di italiani in povertà assoluta. E’ la sostanziale novità, dopo lo stanziamento di 600 milioni di euro nella legge di stabilità, contenuta in un disegno di legge delega approvato la scorsa settimana dal governo, che entro sei mesi, dopo il via libera del Parlamento, si concretizzerà nei decreti attuativi. Una riforma attesa da tempo e fortemente voluta da tanti settori della società civile,  che da tempo stanno proponendo, tramite l’Alleanza contro la povertà, l’introduzione del Reis (Reddito d’inclusione sociale) per sconfiggere la povertà assoluta nel nostro Paese nel giro di alcuni anni, con lo stanziamento di circa 7 miliardi di euro complessivi, principio a cui si sta ispirando il piano del governo. Ma secondo le forze sociali non sono ancora chiari i tempi, i modi e le risorse.

Per ora raggiunti solo 3 poveri su 10: rivedere la legge delega. Ideatore del Reis è Cristiano Gori, docente di economia politica all’Università Cattolica e promotore dell’Alleanza contro la povertà, che invita “ora a continuare il percorso verso l’introduzione di una misura rivolta a tutti i 4,1 milioni di poveri assoluti” e a “modificare  il disegno di legge delega, perché così com’è interrompe di fatto questo cammino, raggiungendo solo 3 poveri su 10. Anche le misure di attivazione per l’inserimento sociale sono da rafforzare”. “Noi speriamo che il confronto positivo che c’è stato finora con il governo – afferma Gori – possa continuare in un lavoro di discussione sulla delega: in gioco c’è il futuro del welfare italiano”. Quali modifiche servono, in particolare? “Chiediamo che si proceda progressivamente, in 4 anni, dal 2016 al 2019, verso un incremento graduale della spesa e dell’utenza per coprire tutta la popolazione in povertà assoluta – puntualizza Gori -. E che vengano destinati finanziamenti stabili ai servizi del welfare locale, a partire dai Comuni (ora ci sono solo fondi europei temporanei). Lo stanziamento attuale di circa 150 milioni l’anno è insufficiente. Bisognerà rafforzare molto le misure di accompagnamento degli operatori – formazione, incontri, ecc. -, con risorse e strumenti, per metterli nelle condizioni migliori per operare”.

Ora una “azione di concertazione”. Anche la Caritas italiana giudica positiva l’introduzione di una misura contro la povertà ma invita il governo ad una “azione di concertazione” per chiarire “tempi e progressività” per raggiungere tutti  i 4 milioni di italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta. Lo dice Francesco Marsico, responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana. “Sarebbe la prima volta, nella storia del nostro Paese, che si introduce una misura contro la povertà – osserva Marsico -. Ma vorremmo che il governo chiarisse con maggiore forza che i 600 milioni stanziati sono un primo passo, dicendo quali saranno gli altri. È evidente che sono pochi ma sarebbero la direzione di marcia”. “Nessuno vuole tutto e subito – precisa -, ma almeno vorremmo capire quando sarà data risposta ai bisogni di tutta la popolazione in povertà assoluta, cioè riguardo all’accompagnamento delle famiglie. Il rischio è che ci si concentri sul trasferimento di risorse piuttosto che sulla presa in carico effettiva”. Nel mondo cattolico anche Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori, apprezza l’esistenza di un piano contro la povertà a favore delle famiglie italiane, augurandosi che “tutto ciò si concretizzi in tempi brevi”.

Fare “chiarezza” su alcuni dubbi. Per Pietro Barbieri, portavoce del Forum del terzo settore , “dopo decenni siamo finalmente in una fase di costruzione”. “E’ un passaggio importante che sosterremo con le nostre forze – afferma -. Ma bisogna fare chiarezza su alcuni punti”. Gli elementi che suscitano dubbi sono diversi. “Lo stanziamento iniziale è insufficiente”, spiega Barbieri, c’è poi il rischio di “mettere in contrapposizione le povertà assolute, riducendo invece la previdenza e l’assistenza ad alcune persone”. Ma soprattutto ci sono timori riguardo ai progetti di inclusione: “Gli stanziamenti per dare infrastrutture ai Comuni italiani – che sono l’interfaccia di questa partita – sono pochi e a termine. Al momento questa infrastruttura pubblica non c’è”. Il sostegno al reddito di 320 euro è sicuramente importante, precisa, “perché bisogna restituire reddito e capacità di spesa a chi non ce l’ha per affrontare i bisogni basilari quotidiani. Allo stesso tempo è necessario costruire un progetto per far emergere le persone dalla condizione di estremo bisogno, entrando nel mondo del lavoro senza ricorrere a percorsi assistenziali. Questa è la parte più debole perché non capiamo come, con le risorse derivanti dai fondi strutturali, si possa attuare un piano di questo genere, conoscendo le debolezze degli enti locali sul territorio”.

Fonte: Sir
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