Scusa, l'Italia divisa in tre fasce
Il ministro Giannini ha illustrato i risultati del Rapporto Invalsi 2016.
Un Paese diviso “in tre fasce”. Lo ha notato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini alla presentazione del rapporto Invalsi 2016. Nord Centro e Sud, infatti, continuano ad avere, per quanto riguarda i risultati scolastici, differenze importanti. “Con un Veneto con il segno più – sintetizza ancora il ministro – una Sardegna maglia nera, il Centro che fa il centro, con un Lazio che migliora, e le Marche e l’Umbria che silenziosamente ottengono risultati molto lusinghieri”.
Settimana scorsa è stato presentato il Rapporto Invalsi 2016 e come di consueto è stata l’occasione per rilevare le disparità esistenti nella scuola italiana. Geografiche, anzitutto, con un Nord caratterizzato normalmente da risultati eccellenti mentre Sud e Centro Italia trovano parecchie difficoltà. Non è un dato nuovo. Piuttosto, secondo il Rapporto l’abituale divario Sud-Nord rispetto al passato cresce “a tutto vantaggio delle regioni settentrionali”, e cresce la polarizzazione, nel Meridione, tra scuole ottime e scuole pessime: “Nel Mezzogiorno la variabilità dei risultati tra scuole e tra classi – addirittura tra classi diverse dello stesso istituto – è molto elevata anche nel primo ciclo di istruzione con un impatto preoccupante sull’equità del sistema educativo di queste aree del Paese”.
Anche quest’anno, come noto, le prove Invalsi si sono svolte nelle classi di tutta Italia, dalle elementari alle superiori, tra l’altro con un boicottaggio limitato rispetto al passato (oltre il 95% degli studenti coinvolti – 2,2 milioni per 12.133 scuola – ha fatto i test), segno forse che la cultura della valutazione sta facendo un passo avanti. Il problema però sta nei risultati, con le forti differenze che permangono nel Paese, al punto che il sottosegretario Davide Faraone ha così commentato: “Chi sostiene che la scuola è tutta uguale dice una solenne fesseria”.
E le differenze geografiche, già sottolineate, non sono le sole. Infatti si notano anche quelle, ad esempio, tra italiani e immigrati o figli di immigrati: gli studenti di origine straniera sono in numero sempre crescente (mediamente intorno al 10% del totale, nel Nord-Est si avvicinano ormai al 20%), ma sono ancora indietro nell’apprendimento, anche se di seconda generazione. Ottengono risultati “sistematicamente e significativamente più bassi”, specie in italiano, soprattutto alle elementari (oltre 10 punti). Alle medie il divario si riduce a 8 punti in italiano e 5 in matematica, ma torna a salire alle superiori (fino a 13 punti in italiano) a dimostrazione di una non completa integrazione formativa. Poi c’è il divario tra studenti italiani in base alla loro estrazione sociale: tra la fascia più bassa e quella più alta (calcolate in base a grado di istruzione dei genitori, prestigio della loro professione e beni culturali presenti in casa) c’è una differenza che va tra i 10 e i 15 punti, sia in italiano che in matematica, sia alle medie che alle superiori.
“Il Rapporto Invalsi è una vera miniera di dati, una fotografia del sistema scuola. Questo è infatti l’obiettivo”, ha ricordato ancora il sottosegretario Faraone, con una sortita a sorpresa sulla possibilità di abolire la prova Invalsi nell’esame di terza media, lasciandola nel corso dell’anno scolastico ma senza valutazione d’esame. Perché – ha detto – “non vogliamo valutare gli studenti, ma avere una fotografia degli istituti”. E poi? “Dall’analisi bisogna passare alle azioni”, aggiunge Faraone. Quelle per rendere il sistema italiano più omogeneo e inclusivo.
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