Si fa presto a dire città, ma...
Emergono indicatori positivi, ma persiste il divario Nord-Sud.
Colpiscono i forti toni in chiaro scuro che emergono dalla descrizione delle condizioni di vita nelle più importanti città italiane.
In alcuni casi le indicazioni offerte dall’osservazione della realtà sono in controtendenza rispetto alla percezione comune o alla narrazione che i media rappresentano. Nel quadro sono visibili la solidarietà dei cittadini, il protagonismo della donna in politica, la diminuzione degli omicidi.
Il Rapporto Urbes su “Il benessere equo e sostenibile nelle città” rileva un continuo miglioramento nelle condizioni di salute perché la speranza di vita di donne e uomini continua ad aumentare, perché cresce il numero delle persone che si impegna nel volontariato, perché diminuiscono i reati più violenti, perché migliora la qualità dell’aria che si respira, seppure i livelli di inquinamento rimangono molto alti. Allo stesso tempo si riscontra una zona di penombra quando sono considerate le peggiorate condizioni lavorative e occupazionali, la riduzione del reddito medio a disposizione delle famiglie, la diffusa astensione durante le tornate elettorali, la semi paralisi per i tempi di percorrenza nei tragitti casa-lavoro.
Ai tratti generali che caratterizzano un po’ tutte le grandi città italiane coinvolte nella rilevazione si aggiunge una forte indicazione che conferma la percezione: la disparità tra gli insediamenti urbani del Centro e del Nord e gli insediamenti del Sud. Si riproduce, dunque, la frattura territoriale italiana.
I dati sono impietosi. Un primo squilibrio si rileva nell’istruzione tra le persone di 30-34 anni: la quota di diplomati raggiunge il 51,4% nel Mezzogiorno, mentre raggiunge il 63,1% al Centro e il 60% al Nord; simile la situazione tra i laureati, rispettivamente il 20,5% dei primi contro il 26,4% dei secondi e il 23,9% dei terzi. Altra distanza si misura nella mancata partecipazione al lavoro. Anche nel volontariato si marca la differenza tra Nord e Sud: se ne contano 999,6 contro 478,4, su 10mila abitanti.
Perché si possa puntare a uno sviluppo integrale per il nostro Paese diventa importante non solo tenere una visione più ampia che non si rinchiuda in una riduttiva prospettiva economica, è necessario invece investire per colmare le distanze tra le diverse realtà. Le città meridionali, in particolare, hanno bisogno di tornare a essere punti di attrazione e di propulsione per il resto del territorio limitrofo. Volontariato e istruzione rimangono dimensioni essenziali per la costruzione di una comunità civile al pari del lavoro.
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