Trivellazioni in mare. Se i Vescovi in Puglia dicono no
L’arcivescovo di Taranto: ''Non è solo una questione ecologica. Le trivelle andrebbero a intaccare le vocazioni del territorio legate al mare, al turismo, alla pesca, all’agricoltura e all’artigianato''. Insieme con lui il vescovo di Ugento- Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli: ''Il Sud non può diventare una pattumiera''. Per la regione un’altra emergenza ambientale dopo l’Ilva e la Xylella.
La battaglia contro le trivellazioni nel Mediterraneo è ancora aperta. A pagarne il prezzo, insieme ad Abruzzo e Molise, è l'intera Puglia, dalle Tremiti allo Jonio, in una terra già dilaniata dalle emergenze ambientali di Xylella e Ilva e che adesso vede avvicinarsi lo spauracchio delle piattaforme petrolifere al largo delle sue coste. “Se costruite, le trivelle costituirebbero un’ulteriore aggressione a una realtà già fragile”. A dirlo è monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e da sempre in prima linea nelle battaglie ambientali e di protezione del territorio. “Perché non è solo una questione ecologica - precisa Santoro -. Le trivelle andrebbero a intaccare le vocazioni del territorio legate al mare, al turismo, alla pesca, all’agricoltura e all’artigianato”. E il dibattito verte proprio su questo. Le trivellazioni, che prevedono il bombardamento del fondale marino, non distruggerebbero solo il territorio ma causerebbero un danno d’ingenti proporzioni a pesca e turismo, elementi che sono la linfa vitale dell’economia pugliese. E l’allarme dei vescovi è l’eco delle parole di papa Francesco sulla tutela dell'ambiente collegata alla giustizia verso i poveri e alla soluzione dei problemi di un'economia che persegue soltanto il profitto. Invasione di una terra. Ad oggi, le politiche regionali non hanno compiuto passi concreti. E l’incertezza, su ciò che sarà dei mari pugliesi, aumenta. “Mi sono sempre battuto per la salvaguardia del creato - dice mons. Santoro -. Con l’istituzione in diocesi del vicario episcopale per i problemi sociali e la custodia del creato stiamo creando un cammino comune in cui si aiuta la nostra gente a costruire una coscienza ambientalista proprio a partire dall’esperienza di fede. Così come ho fatto per l’Ilva, per la quale richiedevo l’adeguamento degli impianti e la continuazione della produzione a determinate condizioni per salvaguardare i suoi 19mila lavoratori, ho già fatto sentire la mia protesta per le trivellazioni”. Fortunatamente non ci sono ancora lavoratori a rischio per la questione trivelle. Ma l’emergenza ecologica e sociale è reale. L’alterazione del territorio comporterebbe una grave crisi del primario e del terziario: “Ancora non c’è nessuna persona coinvolta ma si altererebbe la natura del nostro territorio legata appunto alla sua vocazione del mare, del turismo, della pesca, dell’agricoltura e dell’artigianato”. L’analisi di mons. Santoro non è tecnica ma rileva sicuramente un’invasività dell’operazione in una terra che ha già eccellenze e va sviluppata in altri modi: “Non è questa la soluzione per la Puglia. Si devono sviluppare altre opportunità proprio nel campo dell’agricoltura. Abbiamo forme agricole intensive di alto livello, di alta qualità, e quindi si deve sviluppare questo aspetto insieme a quello turistico e dell’artigianato”. Risveglio delle coscienze. La questione è riesplosa con la dichiarazione del vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli, quando ha ravvisato che “il Sud non può diventare una pattumiera. Non si vede il motivo per cui, con i problemi che già abbiamo, si debba intervenire anche nel mare”. Sul tema si era espresso pure l’arcivescovo di Taranto: “Sulla questione delle trivelle sono intervenuto in un convegno il 21 febbraio scorso. Lì mi sono dichiarato contrario alle trivelle proprio perché sono elemento di disturbo in una realtà già di per sé fragile”. Ed è questa la riprova che le coscienze dei cattolici, nel loro percorso di fede, sono ben sveglie e attente alla protezione dei territori: “Sono felicissimo che Vito Angiuli, come gli altri vescovi, camminino in questa direzione. Perché stiamo coltivando la cosa. Non possiamo allora non farci ferire dalle circostanze in cui viviamo. Perché attraverso il dramma del lavoro, dell’inquinamento, delle condizioni sociali, e quindi attraverso la realtà, il Signore ci parla”. La comunità cristiana non può e non deve rimanere inerme di fronte agli attacchi al territorio. Papa Francesco ce lo ricorda con l’enciclica “Laudato si’”: “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. È per questo che l’uomo deve proteggere il Creato: “La comunità religiosa - conclude mons. Santoro - si può muovere secondo l’indicazione preziosissima del Papa di favorire un’ecologia integrale in cui ci sia la custodia del Creato, preziosa parola. Si deve sviluppare un’ecologia che rispetti l’ambiente, la società e quindi il lavoro. Deve essere un’ecologia culturale, un’ecologia umana. Io ho sempre detto che insieme alla battaglia per l’ecologia ambientale ci deve essere un’ecologia delle coscienze e la prima ecologia delle coscienze è vivere a fondo l’esperienza della fede in cui la natura, gli altri, l’universo sono accolti come un dono fatto dal Creatore e non come qualcosa da usare e da depredare”.
Non sei abilitato all'invio del commento.
Effettua il Login per poter inviare un commento