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Vicini all'immortalità?

Alcuni ricercatori hanno allungato la vita dei topi, ma restano i dubbi.

Non finisce mai di affascinare gli studiosi – e non soltanto loro – la prospettiva di riuscire a scoprire e dominare il segreto per allungare la durata della vita, ovviamente mantenendo un buono stato di salute. Spesso, però, il clamore di “improbabili” annunci ad effetto in questa direzione viene subito smorzato dall’inconsistenza scientifica della notizia, lasciando tutti coloro che anelano ad una “vita senza fine” (o almeno, molto lunga) a bocca asciutta.

In altri casi, invece, gli sforzi degli studiosi percorrono strade di ricerca più “serie” e promettenti per il futuro. Probabilmente appartiene a questa categoria un recente studio (pubblicato su Nature), condotto da un gruppo di ricercatori del Mayo Clinic College of Medicine, a Rochester (Minnesota, Usa), coordinati da Darren J. Baker. Questi scienziati, infatti, hanno potuto verificare come, eliminando dall’organismo le cellule “vecchie” – cioè che non sono più in grado di dividersi -, si riesce ad allungare la vita e aumentarne il tempo in buona salute. Almeno sui topi da laboratorio, che hanno fatto da cavia all’interessante esperimento.

La procedura adottata, dunque, ha dimostrato di poter ridurre sensibilmente l’incidenza di diversi disturbi correlati all’età, candidandosi quindi come valida strategia per combattere l’invecchiamento. Proviamo ad entrare un po’ più nello specifico. Lo sviluppo della senescenza cellulare è normalmente mediato da due percorsi biochimici – chiamati “percorso p53” e percorso “p16Ink4a-Rb” – che portano la cellula a produrre un complesso cocktail di fattori, chiamato “fenotipo pro-infiammatorio secretorio” (Sasp), il cui accumulo contribuisce all’insorgenza di una vasta gamma di malattie, tra cui il diabete, le malattie renali e diversi tipi di cancro. La presenza nella cellula di questo particolare fenotipo (in particolare, dell’elevata attività del gene p16Ink4a) ne connota dunque la condizione di senescenza.

Per realizzare il loro esperimento, allora, Darren J. Baker e colleghi hanno creato una linea di topi geneticamente modificati, che in seguito alla somministrazione di un certo farmaco, iniziano a produrre un particolare enzima (caspasi). Esso è in grado di colpire e distruggere le cellule in cui è molto attivo il gene p16Ink4a. Applicando quindi questa procedura a topi di “mezza età”, i ricercatori del Mayo Clinic College of Medicine hanno così dimostrato che “la durata media della loro vita era più lunga di quella dei topi non trattati e l’incidenza e la gravità di un’ampia gamma di disturbi correlati con l’età – come le disfunzioni renali, i disturbi cardiaci e la cataratta – era decisamente minore. Inoltre i topi erano più attivi e più interessati a esplorare l’ambiente”. Ma la ricerca ha evidenziato anche dei limiti. Pur migliorando alcuni problemi legati all’età, infatti, l’eliminazione delle cellule senescenti non ha mostrato effetti positivi su altri aspetti dell’invecchiamento, come il decadimento delle prestazioni motorie, della forza muscolare e della memoria.

I risultati ottenuti, quindi, suggeriscono che le cellule senescenti sono coinvolte solo nella progressione di alcune malattie, ma allo stesso tempo che il modello animale della senescenza usato dai ricercatori ha dei chiari limiti: l’eliminazione delle cellule p16Ink4a, infatti, non sopprime alcuni tipi di cellule senescenti, fra cui i linfociti, le cellule del fegato e quelle del colon.

In ogni caso, prima di passare allo sviluppo di strategie farmacologiche per applicare questa tecnica anche all’uomo, bisognerà almeno confermarne la sicurezza. Alcuni prodotti delle cellule senescenti, infatti, hanno anche un ruolo “utile”, ad esempio nell’inibizione della produzione di tessuti fibrosi, nella guarigione delle ferite e nella prevenzione del cancro.

Attendiamo dunque gli ulteriori sviluppi di questa linea di ricerca, nella speranza che presto possa essere applicata anche nell’uomo. Sarà forse l’anticamera dell’immortalità? Ci permettiamo in merito di mantenere i nostri dubbi!

Fonte: Sir
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