Coronavirus e persone con disabilità. Dalla Cei gli Orientamenti per ripartire. Suor Donatello: “Nuovi progetti di vita e di inclusione”
Individuare e potenziare nella Fase 2 azioni pastorali a sostegno dell’inclusione delle persone con disabilità, rese più vulnerabili dalla pandemia, sostenendo e accompagnando a 360° parrocchie, famiglie e strutture. È l’obiettivo degli Orientamenti pastorali appena diffusi dalla Cei. “Nascono da una richiesta di aiuto”, spiega la responsabile del Servizio nazionale dedicato a queste persone. E avverte: “Fare un progetto di vita è rileggere questo tempo e cogliere che cosa ci sta insegnando proprio a partire dai più fragili” .
Accompagnare le persone con disabilità, le loro famiglie e gli operatori pastorali nelle parrocchie, gli operatori nei centri diurni, nei luoghi aggregativi e nelle residenze sanitarie (Rsd). È l’obiettivo degli “Orientamenti operativi pastorali per la riapertura dei servizi a carattere diurno per le persone con disabilità” proposti dal Servizio nazionale per la pastorale delle persone disabili della Cei guidato da suor Veronica Amata Donatello. Come nascono e a chi sono rivolti? E qual è l’impatto del Covid-19 sulle persone più fragili? Lo abbiamo chiesto alla religiosa, che appartiene alla Congregazione delle suore francescane alcantarine.“Gli Orientamenti nascono dall’ascolto della realtà – la sua risposta –. Ci siamo accorti che la pandemia ha reso queste persone ancora più vulnerabili ed ha esaurito le energie delle loro famiglie e di chi se ne prende cura nelle strutture”.
“Nella fase di chiusura – spiega suor Veronica – la vita delle famiglie e delle strutture è stata più complicata di quanto già non non fosse nella normalità, e l’estate alle porte, con la mancanza di iniziative e senza oratori, rischia di tradursi per le famiglie in un tempo di deserto e di immensa fatica”.
foto SIR/Marco Calvarese
Se durante il lockdown l’impegno “è stato mettere in piedi un grande lavoro di rete e di supporto, ora ci siamo resi conto che nei responsabili delle Rsd, dei centri diurni, e nei familiari delle persone con disabilità, impegnatisi con fatica per tentare di contenere il virus, è subentrata una stanchezza logica alla quale si aggiunge la necessità di riprogettare questo momento che non è ancora la normalità e non sappiamo quanto dovrà durare.
‘Come leggere questo tempo? Non ho né il tempo né le forze per ripensare questa nuova fase’, ci dicono le famiglie, mentre i gestori delle strutture ci chiedono: ‘Come far ripartire la nostra attività?’.Oggi dobbiamo accompagnarli in questo processo, ma non esistono risposte preconfezionate: siamo a disposizione di diocesi, parrocchie, realtà secondo i diversi bisogni”.
Gli Orientamenti nascono dunque da una richiesta di aiuto a suor Veronica e al team di esperti – specialisti di diverse discipline e responsabili di Rsd – che collabora con lei presso il Servizio nazionale. Un’attenzione particolare “va agli operatori pastorali nelle strutture residenziali dove gli ospiti ormai sanno che tempi e spazi sono modificati, e che le attività non potranno più essere le stesse.” Importante e delicato, sottolinea la religiosa, l’accompagnamento nell’elaborazione del lutto per la perdita di chi non c’è più. “Come pregare con loro? Come accompagnare chi ha visto morire un proprio amico del Centro o un parente?”. Gli Orientamenti propongono diverse tipologie di intervento e accompagnamento negli ambiti dei servizi in remoto, domiciliari e in presenza, uniti a raccomandazioni pastorali e linee di prevenzione dal contagio. Vengono forniti inoltre criteri utili per offrire la combinazione di servizi più adeguata a ciascuno. “Nessuno si salva da solo, ha ricordato il Papa durante la preghiera dello scorso 27 marzo”, e “in questo tempo abbiamo sperimentato molta prossimità, e fare squadra è stata la formula vincente”, osserva la religiosa.
Nel sito del Servizio nazionale, oltre agli Orientamenti, vi sono diversi materiali per l’accompagnamento spirituale.
Tra questi “Trame della domenica”, proposta per bambini e ragazzi con disabilità cognitiva e le loro famiglie, da fare in casa o in piccoli gruppi, e che coinvolge tutti i cinque sensi. Ma c’è anche la versione per giovani e adulti. Significativo il video per giovani adulti realizzato da coetanei con disabilità:
“Un bel modo di aiutarsi tra ‘pari’”.
Non solo pastoralisti, parroci, moralisti, neuropsichiatri, pedagogisti ed esperti di pluridisabilità e disturbi del neurosviluppo: nel team del Servizio nazionale ci sono anche avvocati perché i problemi sottoposti agli esperti sono i più disparati. Molti genitori “spesso non conoscono le norme, non comprendono il Dpcm e non capiscono che cosa fare. Il nostro accompagnamento vuole essere a 360°.
Lo stesso ritorno a messa può essere complicato. Alle persone con disabilità, per le quali l’abbandono della routine è sempre traumatico, spiega suor Veronica, è importante permettere di “ritrovare il ‘solito posto’” per recuperare una sorta di “normalità”. Occorrono inoltre alcune accortezze pratiche. Per chi traduce in Lis non è possibile l’uso della mascherina che nasconderebbe i movimenti della bocca, essenziali per consentire la comprensione alle persone con disabilità comunicative. Ma la mascherina crea difficoltà anche a buona parte delle persone con disabilità, alle quali occorrerà far apprendere questo nuovo oggetto attraverso l’uso del gioco”. In ogni caso,
“niente improvvisazioni”.
“Ognuno di noi – l’ultima annotazione – ha un progetto di vita. Spesso invece, quando si parla di persone con disabilità complesse, si pensa che le loro esigenze si riducano a mangiare, bere, dormire e fare riabilitazione, ma la vita – spiega con un sorriso – va ben oltre. Confinati nell’isolamento, comprendiamo forse meglio che cosa significhi essere una comunità; senza toccarci, siamo gli uni nelle mani degli altri. È questa infatti l’ora in cui i nostri maestri, gli ‘scartati’, ci insegnano la speranza e a ricordare che la vita è trasformazione e possiamo reimparare tante cose, l’essenzialità e gli stili di vita. In sintesi, chi ha il dono di essere al loro fianco, vede il coraggio della primavera, della speranza nell’uomo.
Fare un progetto di vita è ben più che mettere o non mettere una mascherina: è rileggere questo tempo e cogliere che cosa ci sta insegnando proprio a partire dai più fragili”.
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