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Francesco: proteggere i migranti è un imperativo morale

Una "Magna Charta" sulle migrazioni. È il discorso di Papa Francesco ai partecipanti al Forum su migrazioni e pace. "Accogliere, proteggere, promuovere e integrare" i quattro verbi - da “coniugare in prima persona singolare e in prima persona plurale” - per una  "comune riposta" al fenomeno, che richiede precisi interventi sul piano legislativo, economico e politico. Tra le proposte di Francesco: aprire "canali umanitari accessibili e sicuri", favorire i ricongiungimenti familiari, garantire "il diritto a non dover emigrare". Sì all'"accoglienza diffusa", no ai "grandi assembramenti" per richiedenti asilo e rifugiati.

Francesco: proteggere i migranti è un imperativo morale

I movimenti migratori “interessano praticamente ogni parte della terra”, ed è “impressionante il numero di persone che migra da un continente all’altro”. Parte da questo dato di realtà, Papa Francesco, nel discorso rivolto ai partecipanti al VI Forum su migrazioni e pace, promosso dal dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, dallo Scalabriniani International Migration Network e dalla Fondazione Konrad Adenauer. Nella Sala Clementina, il Papa offre ai presenti – che proseguiranno poi il loro convegno, oggi e domani, presso la Camera dei Deputati – una sorta di “Magna Charta” sulle migrazioni. Quattro i verbi per una “comune risposta” a tale fenomeno, che chiede adeguati interventi sul piano legislativo, economico e politico: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Quattro verbi – da “coniugare in prima persona singolare e in prima persona plurale” – che ricordano da vicino i verbi-chiave dell’Amoris Laetitia. Preludio ad un prossimo Sinodo sulle migrazioni? È stato monsignor Silvano Tomasi, delegato del Dicastero Servizio dello Sviluppo umano integrale, salutandolo all’inizio dei lavori, a lanciare la proposta al Papa.

Accogliere. Di fronte all’“indole del rifiuto” verso i migranti, “radicata nell’egoismo e amplificata da demagogie populistiche, urge un cambio di atteggiamento, per superare l’indifferenza e anteporre ai timori un generoso atteggiamento di accoglienza verso coloro che bussano alle nostre porte”, esordisce Francesco, che pronuncia subito un “sì”: a “canali umanitari accessibili e sicuri”, da aprire “per quanti fuggono da guerre e persecuzioni terribili, spesso intrappolati nelle spire di organizzazioni criminali senza scrupoli”. Sì, ancora, all’”accoglienza diffusa”, no invece ai “grandi assembramenti”, che per richiedenti asilo e rifugiati “non hanno dato risultati positivi, generando piuttosto nuove situazioni di vulnerabilità e di disagio”.

Proteggere. “L’esperienza migratoria rende spesso le persone più vulnerabili allo sfruttamento, all’abuso e alla violenza”. Mentre parla, il Papa pensa ai “milioni di lavoratori e lavoratrici migranti” – soprattutto quelli “in situazione irregolare” – ai profughi e richiedenti asilo, alle vittime della tratta: “Proteggere questi fratelli e sorelle è un imperativo morale da tradurre adottando strumenti giuridici, internazionali e nazionali, chiari e pertinenti; compiendo scelte politiche giuste e lungimiranti; prediligendo processi costruttivi, forse più lenti, ai ritorni di consenso nell’immediato; attuando programmi tempestivi e umanizzanti nella lotta contro i trafficanti di carne umana che lucrano sulle sventure altrui; coordinando gli sforzi di tutti gli attori, tra i quali, potete starne certi, ci sarà sempre la Chiesa”.

Promuovere. “Proteggere non basta, occorre promuovere lo sviluppo umano integrale di migranti, profughi e rifugiati”. Anche qui, per Francesco, serve “un’azione coordinata e previdente di tutte le forze in gioco”: “dalla comunità politica alla società civile, dalle organizzazioni internazionali alle istituzioni religiose”. Ma la “promozione umana” dei migranti e delle loro famiglie “comincia dalle comunità di origine”: è là dove “deve essere garantito, assieme al diritto di poter emigrare, anche il diritto di non dover emigrare, ossia il diritto di trovare in patria condizioni che permettano una dignitosa realizzazione dell’esistenza”, tramite “programmi di cooperazione internazionale svincolati da interessi di parte e di sviluppo transnazionale in cui i migranti sono coinvolti come protagonisti”.

Integrare. “L’integrazione, che non è né assimilazione né incorporazione, è un processo bidirezionale”, che comporta diritti e doveri reciproci per chi accoglie e di chi è accolto. Per questi ultimi, in particolare, servono politiche “atte a favorire e privilegiare i ricongiungimenti familiari”.

“Non può un gruppetto di individui controllare le risorse di mezzo mondo. Non possono persone e popoli interi aver diritto a raccogliere solo le briciole”. È l’accorato appello contenuto nella parte finale del discorso, in cui Francesco chiede “più responsabilità verso il bene comune da parte di chi detiene più potere”. “Fare giustizia – spiega – significa anche riconciliare la storia con il presente globalizzato, senza perpetuare logiche di sfruttamento di persone e territori, che rispondono al più cinico uso del mercato, per incrementare il benessere di pochi”. “È dovere di solidarietà contrastare la cultura dello scarto e nutrire maggiore attenzione per i più deboli, poveri e vulnerabili”, conclude il Papa tornando a chiedere, come all’inizio del suo discorso, “un cambio di atteggiamento verso i migranti e rifugiati da parte di tutti”, passando da “un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione” alla “cultura dell’incontro”, l’unica capace di “costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore”. Soprattutto per i bambini e gli adolescenti “forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari”, a cui Francesco ha dedicato il più recente Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Niente “sconti” in termini di “dignità” per i migranti in condizioni di “irregolarità legale”, ammonisce il Papa. “Di fronte alle tragedie che marcano a fuoco la vita di tanti migranti e rifugiati”, come “guerre, persecuzioni, abusi, violenze, morte”, bisogna recuperare “il valore della fraternità”, che ci obbliga a “trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello”. Altrimenti, “diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura”.

Fonte: Sir
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