Io, segretario di Giovanni XXIII - Il card. Capovilla a Parola di Vita
E' nato al Cielo all'età di 100 anni il cardinale Loris Capovilla, segretario del Papa buono. Riproponiamo l'intervista che ci aveva rilasciato in esclusiva nel numero di Parola di Vita del 4 ottobre 2012.
Loris Francesco Capovilla si definisce “piccolo contubernale di Giovanni XXIII”. Di Papa Roncalli, che ha indetto il Concilio Vaticano II, è stato segretario dal 15 marzo 1953 al 3 giugno 1963. A Parola di Vita ha raccontato la straordinaria esperienza durante quegli anni così importanti.
Mons. Capovilla, cosa è stato il Concilio?
La cosa più bella del Concilio è stata la divina ispirazione accolta da Giovanni XXIII, che ha convocato i Vescovi di tutto il mondo: divina ispirazione, pronta obbedienza, annuncio. Dopo averlo annunciato, poi, e nell’imminenza della sua celebrazione, Papa Giovanni XXIII ha scritto nel suo Giornale dell’anima: “mi sento in obbedienza in tutto e constato che il tenermi così, in magni set in minimis, conferisce alla mia piccolezza tanta forza di audace semplicità che, essendo tutta evangelica, domanda ed ottiene rispetto generale ed è motivo di edificazione per molti.
Come è stata accolta la decisione di Papa Giovanni XXIII di convocare un Concilio?
Giovanni XXIII non è rimasto solo nella risposta all’ispirazione nell’intenso periodo preparatorio, in cui ha accumulato un incalcolabile somma di scritti e di dibattiti. Detto questo, debbo ammettere che noi tutti, padri e popolo di Dio, osservatori invitati ad unirsi amabilmente in questa ricerca di unità e di grazia, lettori dei segni dei tempi, donne ed uomini del mondo intero abbiamo ciascuno la sua parte responsabilità del cammino compiuto. Si pensi che nell’imminenza del Concilio, il Cardinale Giuseppe Siri invitò il Cardinale Joseph Frings, Arcivescovo di Colonia, a tenere una lezione a Genova il 20 novembre 1961, sul tema: “Il Concilio Vaticano II di fronte al pensiero moderno”. L’anziano Cardinale, sopraffatto dagli impegni chiese aiuto al professor Joseph Ratzinger, teologo di sua fiducia, il quale preparò un testo molto audace. Giovanni XXIII lo lesse e in una successiva udienza abbracciò il Cardinale Frings e gli disse che “proprio queste erano le mie intenzioni nell’indire il Concilio”.
È questo il vero valore del Concilio?
“Concilio” si può tradurre anche con “chiamata”: chiamata a radunarsi insieme ed ascoltare, a pregare e ad esultare, basti pensare al “Gaudet Mater Ecclesiae” pronunciato da Giovanni XXIII all’inaugurazione dell’assise. Concilio, poi, è valutare i doni ricevuti dalla Provvidenza per l’utilità comune. La chiamata, però, parte sempre da Dio. Saranno sicuramente stati giorni particolari. La mattina di Natale del 1961, alle ore 9, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, Giovanni XXIII sottoscrisse e promulgò la Costituzione “Humanae Salutis”, con cui deliberava per l’anno seguente l’inizio del Concilio Vaticano II. Di quel 25 dicembre ricordo tutto, ora dopo ora: trepidazione e letizia del documento e degli avvenimenti che seguirono lungo il 1962, sino al discorso “Gaudet Mater Ecclesiae”, la deferente attenzione dei cristiani e dei credenti in Dio.
Ce lo testimonia un momento che le è rimasto impresso di quei giorni?
Custodisco il ricordo sacro e intimo del primo incontro di Giovanni XXIII con Mons. Guglielmo Carozzi, chiamato don Gelmo, suo conterraneo, compagno di studi a Bergamo e a Roma sino alla laurea. Senza alcuna fretta, solo tre mesi dopo l’elezione, Carozzi viene nell’appartamento pontificio. Si butta in ginocchio e bacia i piedi al suo antico compagno. Il Papa lascia fare, allarga le braccia e visibilmente emozionato sussurra lentamente: “Don Gelmo, che fai? Ricordi le nostre mamme in parlatorio, in visita a noi seminaristi, i loro sguardi, le parole, le raccomandazioni”? Don Gelmo congiunge le mani come un bimbo, mette i suoi occhi negli occhi del Santo Padre e balbetta con incantevole candore: “Tu es Petrus. Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la tua Chiesa”. Tutta la Chiesa, dunque, intorno al Pontefice.
Ma che funzione ha avuto il Concilio Vaticano II?
Sì, tutti hanno subito fatto proprio il calore e il contenuto del binomio coniato da Papa Giovanni XXXIII, fatto proprio da Paolo VI, “fedeltà e rinnovamento”, che esplicitava in modo inequivocabile e che accentuava lo scopo preminentemente pastorale del Concilio stesso, pastorale e pertanto dottrinale e dogmatico.
Quali sono stati gli approdi pastorali del Concilio?
Il primo è l’esperienza del genere umano. L’avvicinamento delle distanze, e lo standard di vita, diffuso in tutto il mondo, hanno dato all’umanità una fisionomia nuova. Ciò facilita la missione universale, perciò cattolica, della Chiesa, ma le impone il dovere – per essere capita nell’odierna civiltà tecnica – di usarne lo stesso linguaggio, svuotandolo del suo sfondo materialistico, per diffondere il messaggio cristiano. Un altro elemento di civiltà, poi, è stata proprio l’esperienza tecnica, che ha modificato profondamente i rapporti dell’uomo con la natura, opera di Dio, che spesso ha dato al mondo un carattere profano, sfociato in un nuovo paganesimo. Compito della Chiesa sarà dunque di esporre nuovamente il suo fondamentale diritto all’uomo, e di farlo comprendere in modo nuovo.
Quale posto oggi nel mondo per la Chiesa rinnovata dal Concilio?
L’esperienza negativa delle due guerre mondiali ha introdotto nei popoli non cristiani una sfiducia verso la civiltà cristiana e occidentale. Ora, mentre questo porta ad un maggiore rispetto per l’eredità spirituale di ciascun popolo, offre alla Chiesa ulteriori possibilità per il suo universalismo: non appartenendo a nessun popolo, essa può adempiere più efficacemente la sua missione di pace, che fonde tutti i popoli in una superiore unità.
Quattro sono state le Costituzioni del Concilio. Cosa hanno voluto proporre al Popolo di Dio?
La “Lumen Gentium” rivela la provenienza, l’itinerario da percorrere, le mete da conseguire non singolarmente, ma comunitariamente, il senso di comunione e di responsabilità. Con la “Dei Verbum”, il cristiano ha una netta visione della propria esistenza, ed è sempre illuminato. Con la “Sacrosanctum Concilium”, apprende a pregare meglio di prima e più di prima. Con la “Gaudium et Spes”, fattosi alunno di Dio, avvia un colloquio fraterno con i suoi simili, convinto finalmente che la strada verso l’unità è una sola: l’amore!
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